Art. 67 - Fungibilità - Sostituzioni

 

1. In considerazione delle esigenze aziendali in direzione della fungibilità ed anche al fine di consentire conoscenze quanto più complete del lavoro ed un maggiore interscambio nei compiti in azienda, può essere attuata la piena fungibilità – nell’ambito della categoria dei quadri direttivi – rispettivamente fra il 1° e il 2° livello retributivo e fra il 3° e il 4° livello retributivo.

2. Ai sensi dell’art. 6, l. n. 190 del 1985, in deroga – per questo specifico aspetto – all’art. 2103, 1° comma, c.c., l’assegnazione del lavoratore/lavoratrice alla categoria dei quadri direttivi, ovvero ai relativi livelli retributivi, diviene definitiva quando si sia protratta per il periodo di 5 mesi, a meno che non sia avvenuta in sostituzione di lavoratori/lavoratrici assenti con diritto alla conservazione del posto.

3. Tuttavia, il quadro direttivo di 1° livello retributivo che sostituisce quello di 2° livello assente con diritto alla conservazione del posto, acquisisce il relativo livello retributivo superiore esclusivamente nel caso in cui venga a cessare, per qualsiasi motivo, il rapporto di lavoro dell’assente e comunque non prima di sei mesi dall’inizio della sostituzione.

4. Nei casi sopra indicati deve essere corrisposto per il periodo della sostituzione, fino all’attribuzione del livello o al rientro dell’assente ai sensi dei precedenti comma, l’assegno contrattuale inerente al livello superiore corrispondente ai compiti che effettivamente il lavoratore/lavoratrice è stato chiamato ad esplicare.

 

NOTE

I primi due commi traggono origine dal testo dell’Accordo 11.7.99, i secondi sono estratti dall’art. 21 ASS..

Il 1° comma introduce il principio della “piena fungibilità” fra i quadri di 1° e 2° livello e fra quelli di 3° e 4°, finalizzata a realizzare un interesse dell’azienda ma anche quello del lavoratore in quanto gli consente “conoscenze quanto più complete”. Per coglierne il senso e la portata è però necessaria una premessa che si avvale dell’articolo precedente.

La declaratoria contenuta nell’art. 66, 2° comma, che qualifica in termini generali le caratteristiche che devono presentare le mansioni di competenza dei quadri, è unica per tutta la categoria, e pertanto i quattro livelli retributivi in cui essa si articola non rappresentano, in termini di principio, automaticamente anche livelli di professionalità. Per assumere anche questo significato è necessario che al livello venga abbinato un ruolo più precisamente individuato da una norma ulteriore che attribuisca al livello stesso la funzione di remunerazione minima per quelle specifiche mansioni.

Normalmente spetta alla contrattazione aziendale svolgere questo funzione (i c.d. accordi sugli inquadramenti), e questo perché scendere con maggior dettaglio all’interno delle mansioni è un’operazione che rimanda alla struttura e all’organizzazione delle singole aziende. Non si tratta tuttavia di una competenza esclusiva. Da sempre anche il contratto nazionale contiene una griglia di inquadramento minimo per i titolari di filiale, in quanto ruolo che riguarda la generalità delle Banche.

Tanto premesso, se la “piena fungibilità” vuole rappresentare una flessibilità che l’azienda può usufruire senza oneri, essa va intesa esclusivamente come fungibilità verso il basso, cioè come possibilità per l’azienda di poter utilizzare i quadri di 2° e quelli di 4° in mansioni per le quali è previsto, da una precisa norma, come livello minimo l’inquadramento rispettivamente nel 1° e nel 3° livello. Ma non anche in senso inverso, e nonostante che la già ricordata finalità di perseguire “conoscenze quanto più complete del lavoro ed un maggior interscambio nei compiti in azienda” lasci scorgere una sorta di fungibilità anche verso l’alto.

Più esplicitamente, la fungibilità verso l’alto è in realtà l’adibizione del lavoratore a mansioni superiori, che può avvenire o a copertura di un posto vacante o in sostituzione di lavoratore assente con diritto alla conservazione del posto, ipotesi che trovano la loro disciplina non nel 1° comma, bensì in quelli successivi.

L’adibizione a mansioni superiori, svolta con continuità e prevalenza (vedi declaratoria art. 66), nel senso di copertura di un posto vacante, è contemplata dal 2° comma che stabilisce in 5 mesi il periodo che dà diritto all’inquadramento nella categoria e/o nel livello retributivo competente alle mansioni svolte.

L’adibizione a mansioni superiori, nel senso di sostituzione di un lavoratore assente con diritto alla conservazione del posto è assistita dal 3° che, limitatamente ai quadri di 1° che sostituiscono quelli di 2°, prevede l’acquisizione in via definitiva dell’inquadramento superiore solo se il lavoratore sostituito non riprende il servizio e comunque non prima di sei mesi dall’inizio della sostituzione.

La disposizione non è nuova, ma è anzi la riproposizione esatta del primo periodo del 2° comma dell’art. 21 ASS. e più che costituire, come il comma precedente, anch’esso un’eccezione all’art. 2103 c.c., supplisce ad una sua carenza. L’art. 2103, che altro non è poi che l’art. 13 dello Statuto, considera di fatto due ipotesi:

-         l’adibizione a mansioni superiori, per la quale prevede il diritto all’assegnazione definitiva che, come abbiamo visto in precedenza, ai sensi dell’art. 6 legge190/1985 i contratti collettivi possono stabilire in un tempo anche superiore a tre mesi,

-         la sostituzione di lavoratore assente con diritto alla conservazione del posto, rispetto alla quale non scatta mai il diritto all’inquadramento superiore.

In entrambe le ipotesi è prevista la differenza di retribuzione, il che, detto tangenzialmente, rende l’ultimo comma dell’art. in esame una ripetizione della legge.

Piuttosto, una terza evenienza del tutto ignorata dal 2103 è appunto quella di svolgimento di mansioni superiori per sostituzione di lavoratore che poi si trasforma in adibizione per posto vacante, in quanto il sostituito cessa dal servizio a qualunque titolo. Ed è questo il di più della norma di contratto che ne giustifica l’esistenza, cioè la previsione che nel caso venga meno il rapporto di lavoro del sostituito, l’acquisizione del livello superiore diviene definitiva dopo sei mesi dall’inizio della sostituzione. Il che significa, ad esempio, che se il sostituito cessa dopo 5 mesi e mezzo, è sufficiente che il sostituto prosegua nell’attività superiore per altri 15 giorni per maturare l’inquadramento, ma significa anche che se la cessazione avviene dopo 7 mesi di sostituzione, il sostituito maturerà contestualmente il diritto.

L’articolo a sua volta però ignora completamente la sostituzione dei quadri di 3° e 4° livello, esattamente come in precedenza le norme contrattuali ignoravano la sostituzione del personale direttivo. E allora, mentre per l’adibizione a mansioni superiori vale naturalmente il 2° comma (5 mesi di “prova”), per la sostituzione in senso stretto il coordinato disposto fra la norma contrattuale e quella di legge porta ad una conclusione molto penalizzante rispetto alla precedente: avremo infatti che nel caso di sostituzione di quadro direttivo di 3° o di 4° livello assente con diritto alla conservazione del posto, nel caso in cui venga meno il rapporto di lavoro di quest’ultimo, il diritto all’inquadramento superiore maturerà decorsi sempre e comunque 5 mesi dalla data di cessazione del sostituito, il che significa in pratica che quest’ipotesi finisce per coincidere con quella di adibizione a mansioni superiori di cui appunto al 2° comma.

        Resta confermato il criterio di calcolo della differenza di retribuzione da riconoscere al sostituto. Ancora una volta le due ipotesi di adibizione e di sostituzione vanno tenute distinte. Il problema sono le competenze che vengono erogate con cadenza non mensile, come la quota eccedente il premio di rendimento e la tredicesima. Poiché la differenza di retribuzione deve essere quella annua, si tratta di stabilire se lo svolgimento delle mansioni superiori porta o meno anche all’inquadramento definitivo. Se la risposta è affermativa, l’indennità di sostituzione da riconoscere è quella calcolata semplicemente su base mensile, poiché il lavoratore, maturando l’inquadramento, percepirà le voci aggiuntive già nella nuova qualifica, mentre nel caso di semplice sostituzione temporanea il calcolo andrà effettuato sulle voci tabellari rapportate ad anno.

[ INDICE ]