1. In considerazione delle esigenze aziendali in direzione
della fungibilità ed anche al fine di consentire conoscenze quanto più
complete del lavoro ed un maggiore interscambio nei compiti in azienda,
può essere attuata la piena fungibilità – nell’ambito della
categoria dei quadri direttivi – rispettivamente fra il 1° e il 2°
livello retributivo e fra il 3° e il 4° livello retributivo.
2. Ai sensi dell’art. 6, l. n. 190 del 1985, in deroga
– per questo specifico aspetto – all’art. 2103, 1° comma, c.c., l’assegnazione
del lavoratore/lavoratrice alla categoria dei quadri direttivi, ovvero ai
relativi livelli retributivi, diviene definitiva quando si sia protratta
per il periodo di 5 mesi, a meno che non sia avvenuta in sostituzione di
lavoratori/lavoratrici assenti con diritto alla conservazione del posto.
3. Tuttavia, il quadro direttivo di 1° livello
retributivo che sostituisce quello di 2° livello assente con diritto alla
conservazione del posto, acquisisce il relativo livello retributivo
superiore esclusivamente nel caso in cui venga a cessare, per qualsiasi
motivo, il rapporto di lavoro dell’assente e comunque non prima di sei
mesi dall’inizio della sostituzione.
4. Nei casi sopra indicati deve essere corrisposto per
il periodo della sostituzione, fino all’attribuzione del livello o al
rientro dell’assente ai sensi dei precedenti comma, l’assegno
contrattuale inerente al livello superiore corrispondente ai compiti che
effettivamente il lavoratore/lavoratrice è stato chiamato ad esplicare.
NOTE
I
primi due commi traggono origine dal testo dell’Accordo 11.7.99, i
secondi sono estratti dall’art. 21 ASS..
Il
1° comma introduce il principio della “piena fungibilità” fra i
quadri di 1° e 2° livello e fra quelli di 3° e 4°, finalizzata a
realizzare un interesse dell’azienda ma anche quello del lavoratore in
quanto gli consente “conoscenze quanto più complete”. Per coglierne
il senso e la portata è però necessaria una premessa che si avvale
dell’articolo precedente.
La
declaratoria contenuta nell’art. 66, 2° comma, che qualifica in
termini generali le caratteristiche che devono presentare le mansioni di
competenza dei quadri, è unica per tutta la categoria, e
pertanto i quattro livelli retributivi in cui essa si articola non
rappresentano, in termini di principio, automaticamente anche livelli di
professionalità. Per assumere anche questo significato è necessario
che al livello venga abbinato un ruolo più precisamente individuato da
una norma ulteriore che attribuisca al livello stesso la funzione di remunerazione
minima per quelle specifiche mansioni.
Normalmente
spetta alla contrattazione aziendale svolgere questo funzione (i c.d.
accordi sugli inquadramenti), e questo perché scendere con maggior
dettaglio all’interno delle mansioni è un’operazione che rimanda
alla struttura e all’organizzazione delle singole aziende. Non si
tratta tuttavia di una competenza esclusiva. Da sempre anche il
contratto nazionale contiene una griglia di inquadramento minimo per i
titolari di filiale, in quanto ruolo che riguarda la generalità delle
Banche.
Tanto
premesso, se la “piena fungibilità” vuole rappresentare una
flessibilità che l’azienda può usufruire senza oneri, essa va intesa
esclusivamente come fungibilità verso il basso, cioè come possibilità
per l’azienda di poter utilizzare i quadri di 2° e quelli di 4° in
mansioni per le quali è previsto, da una precisa norma, come livello
minimo l’inquadramento rispettivamente nel 1° e nel 3° livello. Ma
non anche in senso inverso, e nonostante che la già ricordata finalità
di perseguire “conoscenze quanto più complete del lavoro ed un
maggior interscambio nei compiti in azienda” lasci scorgere una sorta
di fungibilità anche verso l’alto.
Più esplicitamente, la
fungibilità verso l’alto è in realtà l’adibizione del lavoratore
a mansioni superiori, che può avvenire o a copertura di un posto
vacante o in sostituzione di lavoratore assente con diritto alla
conservazione del posto, ipotesi che trovano la loro disciplina non nel
1° comma, bensì in quelli successivi.
L’adibizione
a mansioni superiori, svolta con continuità e prevalenza (vedi
declaratoria art. 66), nel senso di copertura di un posto vacante,
è contemplata dal 2° comma che stabilisce in 5 mesi il periodo che dà
diritto all’inquadramento nella categoria e/o nel livello retributivo
competente alle mansioni svolte.
L’adibizione
a mansioni superiori, nel senso di sostituzione di un lavoratore
assente con diritto alla conservazione del posto è assistita dal 3°
che, limitatamente ai quadri di 1° che sostituiscono quelli di 2°,
prevede l’acquisizione in via definitiva dell’inquadramento
superiore solo se il lavoratore sostituito non riprende il servizio e
comunque non prima di sei mesi dall’inizio della sostituzione.
La
disposizione non è nuova, ma è anzi la riproposizione esatta del primo
periodo del 2° comma dell’art. 21 ASS. e più che costituire, come il
comma precedente, anch’esso un’eccezione all’art. 2103 c.c.,
supplisce ad una sua carenza. L’art. 2103, che altro non è poi che
l’art. 13 dello Statuto, considera di fatto due ipotesi:
-
l’adibizione a mansioni superiori, per la quale prevede il
diritto all’assegnazione definitiva che, come abbiamo visto in
precedenza, ai sensi dell’art. 6 legge190/1985 i contratti collettivi
possono stabilire in un tempo anche superiore a tre mesi,
-
la sostituzione di lavoratore assente con diritto alla
conservazione del posto, rispetto alla quale non scatta mai il diritto
all’inquadramento superiore.
In
entrambe le ipotesi è prevista la differenza di retribuzione, il che,
detto tangenzialmente, rende l’ultimo comma dell’art. in esame una
ripetizione della legge.
Piuttosto,
una terza evenienza del tutto ignorata dal 2103 è appunto quella di
svolgimento di mansioni superiori per sostituzione di lavoratore che poi
si trasforma in adibizione per posto vacante, in quanto il sostituito
cessa dal servizio a qualunque titolo. Ed è questo il di più della
norma di contratto che ne giustifica l’esistenza, cioè la previsione
che nel caso venga meno il rapporto di lavoro del sostituito,
l’acquisizione del livello superiore diviene definitiva dopo sei mesi
dall’inizio della sostituzione. Il che significa, ad esempio, che se
il sostituito cessa dopo 5 mesi e mezzo, è sufficiente che il sostituto
prosegua nell’attività superiore per altri 15 giorni per maturare
l’inquadramento, ma significa anche che se la cessazione avviene dopo
7 mesi di sostituzione, il sostituito maturerà contestualmente il
diritto.
L’articolo
a sua volta però ignora completamente la sostituzione dei quadri di 3°
e 4° livello, esattamente come in precedenza le norme contrattuali
ignoravano la sostituzione del personale direttivo. E allora, mentre per
l’adibizione a mansioni superiori vale naturalmente il 2° comma (5
mesi di “prova”), per la sostituzione in senso stretto il coordinato
disposto fra la norma contrattuale e quella di legge porta ad una
conclusione molto penalizzante rispetto alla precedente: avremo infatti
che nel caso di sostituzione di quadro direttivo di 3° o di 4° livello
assente con diritto alla conservazione del posto, nel caso in cui venga
meno il rapporto di lavoro di quest’ultimo, il diritto
all’inquadramento superiore maturerà decorsi sempre e comunque 5 mesi
dalla data di cessazione del sostituito, il che significa in pratica che
quest’ipotesi finisce per coincidere con quella di adibizione a
mansioni superiori di cui appunto al 2° comma.
Resta confermato il criterio di calcolo della differenza di
retribuzione da riconoscere al sostituto. Ancora una volta le due
ipotesi di adibizione e di sostituzione vanno tenute distinte. Il
problema sono le competenze che vengono erogate con cadenza non mensile,
come la quota eccedente il premio di rendimento e la tredicesima. Poiché
la differenza di retribuzione deve essere quella annua, si tratta di
stabilire se lo svolgimento delle mansioni superiori porta o meno anche
all’inquadramento definitivo. Se la risposta è affermativa,
l’indennità di sostituzione da riconoscere è quella calcolata
semplicemente su base mensile, poiché il lavoratore, maturando
l’inquadramento, percepirà le voci aggiuntive già nella nuova
qualifica, mentre nel caso di semplice sostituzione temporanea il
calcolo andrà effettuato sulle voci tabellari rapportate ad anno.