Art. 71 - Prestazione lavorativa 1. La prestazione lavorativa dei quadri direttivi deve risultare orientata al raggiungimento di obiettivi e risultati prefissati, nell’ambito di un rapporto fiduciario. 2. La prestazione si effettua, di massima, in correlazione temporale con l’orario normale applicabile al personale inquadrato nella 3ª area professionale addetto all’unità di appartenenza, con le caratteristiche di flessibilità temporale proprie di tale categoria e criteri di "autogestione" individuale che tengano conto delle esigenze operative. 3. Per il 1° e 2° livello le tabelle retributive fissate in sede nazionale sono commisurate – ivi compresa la c.d. forfettizzazione del compenso per lavoro straordinario di cui al seguente Chiarimento delle Parti – ad una prestazione corrispondente all’orario normale della 3a area professionale, maggiorata di 10 ore mensili medie. Prestazioni eccedenti in misura significativa il predetto limite orario convenzionale, che non sia stato obiettivamente possibile "gestire" secondo il meccanismo suesposto, verranno rappresentate dall’interessato all’azienda, la quale – valutatane la congruità – corrisponderà un’apposita erogazione. 4. Per il 3° e 4° livello retributivo l’azienda valuta la possibilità di corrispondere un’apposita erogazione a fronte di un impegno temporale particolarmente significativo durante l’anno. 5. Le predette erogazioni possono essere corrisposte a cadenza annuale, alla data prevista per l’erogazione del premio aziendale. 6. La prestazione lavorativa dei quadri direttivi non si effettua, salvo eccezionali temporanee esigenze, nei giorni festivi, nonché di sabato (nel caso che il nucleo operativo cui l’interessato è addetto risulti normalmente operante dal lunedì al venerdì) o lunedì (nel caso che il nucleo operativo cui l’interessato è addetto risulti normalmente operante dal martedì al sabato) nonché di sabato pomeriggio e lunedì mattina (nel caso che il nucleo operativo cui l’interessato è addetto risulti normalmente operante dal lunedì pomeriggio al sabato mattina). Nel caso che, ricorrendo le suddette esigenze, il quadro direttivo sia chiamato ad effettuare le proprie prestazioni lavorative in tali occasioni l’azienda esenterà, correlativamente, l’interessato dallo svolgere in altro giorno le proprie prestazioni. Ai quadri direttivi utilizzati nei turni notturni (compresi fra le ore 22.00 e le ore 6.00) spetta, per ciascuna notte in cui effettuano detti turni, il compenso di cui all’all. n. 3. Ai quadri direttivi di 1° e 2° livello che svolgono attività di promozione e consulenza, ovvero addetti ad una succursale situata in località turistica o presso centri commerciali, ipermercati e grandi magazzini, al sabato (nei casi di settimana lavorativa dal lunedì pomeriggio al sabato mattina o dal martedì al sabato), spetta il compenso di cui in allegato (all. n. 3) per ogni sabato di effettivo espletamento di detto incarico. 7. L’indennità di turno notturno viene erogata in misura intera se la prestazione è compresa per oltre 2 ore fra le 22 e le 6, ed in misura pari alla metà se la prestazione notturna è di durata fino a 2 ore. 8. In relazione a quanto precede, nei casi in cui abbiano a verificarsi situazioni contrastanti con quello che è lo spirito della presente norma, la questione potrà formare oggetto di esame fra gli organismi sindacali aziendali e l’azienda. 9. Su richiesta di una delle Parti stipulanti le OO.SS. e l’ABI si impegnano ad effettuare gli opportuni interventi.
Chiarimento delle Parti
Le Parti chiariscono che per i primi due livelli retributivi dei quadri direttivi la quota forfettaria del compenso per lavoro straordinario è stata fissata nei seguenti importi annuali e conglobata nelle relative tabelle retributive allegate (all. n. 2):
NOTE L’applicazione delle c.d.”10 ore mensili”, e di conseguenza il trattamento delle ore eccedenti detto limite, per i quadri direttivi di 1° e 2° livello, ha costituito fin da subito uno dei temi più ostici sotto il profilo applicativo di tutto l’accordo di rinnovo, e a tutt’oggi, a dispetto dei numerosi momenti di chiarimento intervenuti con l’ABI, sulle modalità con cui l’istituto è stato applicato le distanze fra l’ABI e le OO.SS. permangono notevoli. Trattandosi per lo più di questioni di natura più “politica” che tecnica, non riteniamo di farne oggetto di commento in questa sede, con l’impegno di ritornare sull’argomento avendo come riferimento un quadro più stabile e definito. Unica eccezione, il criterio di computo delle predette “10 ore”, necessario al singolo lavoratore per ritenere esaurito il suo obbligo nei confronti dell’azienda. E proprio sulla obbligatorietà delle 10 ore è opportuna una precisazione. La lettera della disposizione è di tenore non ambiguo: la retribuzione del quadro di 1° e 2° è commisurata ad un orario che somma a quello ordinario settimanale praticato nell’unità operativa dal personale della 3a area professionale, 10 ore medie mensili. Ora si può anche ritenere che il quadro possa di sua iniziativa gestire come meglio crede questo surplus, reputare persino non strettamente necessario effettuarlo integralmente, ma nel caso in cui l’azienda richieda la prestazione, questa è dovuta. Ma quale è la misura prevista? Nessun dubbio che le 23 ore annue di riduzione d’orario concesse per le aree professionali entrino in gioco anche per i quadri direttivi, ma in modo del tutto diverso. Più precisamente, ai quadri direttivi non è stata concessa la scelta fra portare l’orario settimanale a 37 ore o mantenerlo a 37 ore e 30, beneficiando del cumulo del pacchetto di 23 ore, ma è come se fosse stato loro imposta la prima opzione. Ne consegue che il quadro direttivo che continui a praticare un orario di 37 ore e 30 settimanali, già per questo fatto viene a superare l’orario di riferimento di mezz’ora, tempo che ovviamente dovrà essere computato nelle 10 ore di surplus. E qui sta però un’altra differenza con le 23 ore conseguenti all’opzione per gli appartenenti alle aree professionali. Per questi lavoratori, una volta riversate nella banca delle ore entrano nella disponibilità del lavoratore, e lì rimangono anche se il lavoratore non le lavori, in tutto o in parte, a causa di una assenza retribuita. Diversamente, il quadro direttivo decurta quanto dovuto, solo per quanto effettivamente presta. Solo in questi termini può essere corretto affermare che la disponibilità delle 10 ore rapportata ad anno porta il totale ad 87 ore. Sempre ammesso che il minuendo di partenza sia 110! Perché qui si apre un altro problema nient’affatto pacifico: le 10 ore mensili rapportate ad anno a che risultato portano? 120 o 110, scalando in quest’ultimo caso il mese complessivo di ferie ed ex festività? Non a caso l’ABI, continua nelle sue circolari a parlare di “10 ore medie mensili”, senza specificare null’altro. Viceversa, continuiamo a ribadire che il mese di ferie ed ex festività va detratto e che quindi le 10 ore medie mensili rapportate ad anno diventano 110, che a loro volta scendono ad 87 per effetto di un orario reale praticato di 37 ore e 30 settimanali. Il primo periodo del 6° comma prende in considerazione il lavoro nei giorni festivi, al sabato nel caso di settimana lavorativa distribuita dal lunedì al venerdì, e più in generale nei periodi che rivestono il significato del “sabato”, se si può usare questa espressione, nel caso di distribuzioni d’orario particolari. In breve, la norma si occupa della prestazione svolta nelle “occasioni” non lavorative che non costituiscono un proseguimento del normale orario di lavoro, con la sola eccezione del lavoro domenicale che rimane integralmente soggetto alle norme di legge. In quanto prestazione che si aggiunge all’orario ordinario praticato nel nucleo operativo cui il quadro direttivo è addetto, essa dà diritto ad una sorta di riposo compensativo. E’ una disposizione già presente nel vecchio contratto che ha in un certo senso anticipato il criterio dell’autogestione e come tale può persino apparire pleonastica. Semmai può essere utile sciogliere ogni possibile commistione di questa fattispecie con l’ipotesi di intervento di cui all’art. 32, naturalmente laddove questo sia effettuato nei medesimi periodi di cui sopra, e limitatamente al personale potenzialmente soggetto all’istituto dell’intervento. Una prima fondamentale distinzione va fatta sui soggetti interessati. Le “eccezionali temporanee esigenze” che ai sensi dell’art. 71 giustificano la prestazione lavorativa in dette giornate possono riguardare tutti i quadri direttivi, senza distinzione di livello e di mansione. Non così per il lavoro effettuato a titolo di “intervento”, che opera su presupposti diversi per i quadri di 1° e 2° livello rispetto a quelli di 3° e 4°. Per il primo raggruppamento, l’intervento è ammesso solo a seguito della “messa in reperibilità” del lavoratore interessato, condizione necessaria per rendere l’intervento obbligatorio, e che per questo deve essere comunque remunerata con la specifica indennità. Con la conseguenza che il lavoratore non collocato in reperibilità può legittimamente rifiutarsi di recarsi al lavoro per effettuare l’intervento. Ad una analoga conclusione si perviene per i quadri di 3° e 4° livello, seppure attraverso un’interpretazione della norma più sistematica che letterale. Anzitutto il richiamo che il 5° comma dell’art. 32 fa del comma che precede è solo finalizzato ad individuare il personale interessato dalla norma, e che quindi non vale la concatenazione fra reperibilità e intervento come per il caso precedente. Conclusione inevitabile dal momento che il 4° comma parla dei quadri la cui presenza è necessaria per l’estrazione dei valori, mentre il comma successivo qui preso in esame riguarda i quadri addetti ai centri elettronici ed ai presidi di sicurezza. Ebbene, in assenza di obbligo (remunerato) di “reperibilità” il lavoratore può rendersi legittimamente irreperibile. Lapidariamente, l’azienda se vuole l’obbligo lo deve pagare. Così come a maggior ragione, non sarà possibile invocare le “eccezionali temporanee esigenze” di cui al 6° comma dell’art. 71, che devono riferirsi a circostanze diverse da quelle richieste per l’intervento. Opinare diversamente vorrebbe dire, per tutti i quadri direttivi, rendere l’articolo 32 inutile o quantomeno facilmente aggirabile. Come chiaramente richiamato per i quadri di 3° e 4°, ma crediamo estensibile anche per quelli di 1° e 2°, presupposto per la richiesta dell’intervento è il verificarsi di un’emergenza, di un fatto assolutamente imprevedibile, per quanto possibile. Le eccezionali temporanee esigenze individuano al contrario un evento prevedibile, addirittura conseguente ad una scelta organizzativa aziendale (si pensi ad una modifica del sistema informativo), e loro tratto caratteristico non è dunque l’imprevedibilità bensì l’eccezionalità e la temporaneità. Dal tenore della lettera, nessun dubbio infine sul fatto che la prestazione effettuata in tali occasione segue un trattamento più rigido rispetto alle regole ordinarie. Non sono computabili nelle 10 ore medie mensili di disponibilità dei quadri di 1° e 2° livello, né possono entrare nel monte ore eccedente la prestazione dovuta e conseguente oggetto di richiesta del compenso forfettario da richiedere all’azienda a fine anno: devono obbligatoriamente essere recuperate. L’ultima parte del 6° comma tratta ancora del lavoro al sabato, nell’ipotesi stavolta che questo rientri nell’orario ordinario. Nei casi elencati scatta il compenso di cui all’allegato n. 3 (indennità di L. 33.800).[ INDICE ]
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