Capitolo IX

Malattie, infortuni e maternità

 

Art. 49 - Malattie e infortuni

1. In caso di assenza per malattia o infortunio accertati, l’azienda conserva il posto e l’intero trattamento economico al lavoratore/lavoratrice che abbia superato il periodo di prova per:

 

anzianità

mesi

a) fino a 5 anni

6

b) da oltre 5 anni e fino a 10 anni

8

c) da oltre 10 anni e fino a 15 anni

12

d) da oltre 15 anni e fino a 20 anni

15

e) oltre i 20 anni

18

g) per i quadri direttivi di 3° e 4° livello con anzianità superiore a 25 anni

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2. I periodi di assenza per malattia e infortunio possono essere calcolati dall’azienda con riferimento ai 48 mesi precedenti l’ultimo giorno di assenza considerato.

3. In tal caso i periodi di conservazione del posto e del trattamento economico sono i seguenti:

 

anzianità

mesi

a) fino a 5 anni

8

b) da oltre 5 anni e fino a 10 anni

10

c) da oltre 10 anni e fino a 15 anni

14

d) da oltre 15 anni e fino a 20 anni

18

e) oltre i 20 anni

22

g) per i quadri direttivi di 3° e 4° livello con anzianità superiore a 25 anni

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4. In ogni caso, per l’ultimo periodo, non può essere praticato un trattamento meno favorevole di quello stabilito dal R.D.L. 13 novembre 1924, n.1825.

5. I periodi suindicati sono aumentati del 50% in caso di ricovero in sanatorio o di accertata necessità di cura, in ambedue le circostanze per tbc, nonché nel caso di malattie di carattere oncologico, con un minimo di 12 mesi ed un massimo di 24 mesi complessivi (30 mesi per i quadri direttivi di 3° e 4° livello retributivo).

6. Ai fini di quanto previsto dai comma che precedono non si terrà conto delle assenze per il tempo strettamente necessario al lavoratore per sottoporsi al trattamento di dialisi.

7. Il termine finale del trattamento di cui ai precedenti comma non può comunque scadere oltre il sesto mese dalla data in cui il lavoratore/lavoratrice ultrasessantenne sia entrato in possesso dei requisiti di legge per avere diritto alla pensione di vecchiaia, se la malattia sia iniziata prima di tale data: se la malattia inizia successivamente, il trattamento in parola viene riconosciuto per sei mesi.

8. I periodi di assenza per malattia o infortunio accertati, entro i limiti suindicati, sono computati a tutti gli effetti come servizio prestato, salvo quanto disposto in tema di ferie.

9. In caso di assenza conseguente ad infortunio sul lavoro, il trattamento economico di cui al presente articolo è corrisposto dall’azienda con deduzione di tutte le somme che il lavoratore/lavoratrice ha diritto di riscuotere da parte dell’Istituto assicuratore.

10. Se la malattia o l’infortunio proseguono oltre i termini suindicati il lavoratore/lavoratrice, prima della scadenza di detti termini, può chiedere di essere collocato in aspettativa non retribuita per la durata massima di quattro mesi e senza alcun effetto sul decorso dell’anzianità.

11. La durata di più periodi di aspettativa di cui al comma precedente non può tuttavia superare i sei mesi in un quinquennio.

12. Il collocamento in aspettativa non può venire richiesto dal lavoratore/lavoratrice ultrasessantenne che sia entrato in possesso dei requisiti di legge per avere diritto alla pensione di vecchiaia; in ogni caso il periodo di aspettativa non può durare oltre la data in cui l’interessato ultrasessantenne abbia maturato i requisiti in parola.

Norme transitorie

1. La nuova disciplina di cui al presente articolo si applica a far tempo dalla data di completamento della redazione del testo coordinato, considerando utili a tali fini anche le assenze per malattia o infortunio verificatesi antecedentemente a tale data. Tuttavia fino alla data di scadenza del presente contratto l’applicazione della predetta nuova disciplina non potrà determinare per il lavoratore conseguenze meno favorevoli rispetto a quelle che sarebbero derivate in base alla pregressa disciplina.

 

2. Nei confronti del personale già destinatario dei contratti collettivi ACRI in servizio al 1° novembre 1999 ed in aspettativa non retribuita per malattia alla data di redazione del testo coordinato del presente contratto, la durata dell’aspettativa stessa è di 12 mesi.

 

NOTE

La stesura della norma in materia di comporto per malattia è stata inevitabilmente condizionata dall’orientamento giurisprudenziale che è venuto consolidandosi in questi anni e che ha portato all’elaborazione di una nuova forma di comporto, detto per sommatoria, che collandare del tempo ha finito per diventare l’unico criterio di computo per dirimere le controversie in sede contenziosa, sostituendosi al modello di natura contrattuale, il cosiddetto comporto secco.

La nuova disciplina introduce una sorta di doppio regime che, schematicamente, risulta così articolato:

-         il precedente sistema di comporto (secco) in vigore nell’ASSICREDITO, basato su periodi crescenti correlati a fasce di anzianità, diviene quello di riferimento, concesso un periodo transitorio alle aziende del settore ACRI di cui diremo dopo;

-         sempre per quanto attiene il sistema di comporto secco, il metodo di computo che esce dal testo si può definire “secco puro”: è stata infatti eliminata la possibilità di addizionare all’ultima malattia quelle verificatesi negli ultimi sei mesi;

-         in alternativa al sistema appena descritto, viene recepito nel contratto il criterio di computo “per sommatoria”, che prevede che i periodi di malattia utili per esaurire il periodo di conservazione del posto e dell’intero trattamento economico del singolo lavoratore sono quelli effettuati nei 48 mesi precedenti “l’ultimo giorno di assenza considerato”;

-         al sistema “per sommatoria” si abbina una tabella identica alla precedente per le fasce di anzianità, ma diversa, e migliorativa per il lavoratore, per i corrispondenti mesi di comporto;

-         il far cadere la scelta sull’uno o l’altro sistema di computo è lasciato alla discrezionalità dell’azienda di volta in volta e per ogni singola posizione.

Con riferimento ad entrambi i sistemi, l’articolo ha mantenuto in vita la regola che per l’ultimo periodo non può essere praticato un trattamento meno favorevole di quello stabilito dal R.D.L. 13 novembre 1924, n. 1825; ricordiamo che questa legge, meglio nota come legge sull’impiego privato, a differenza del sistema contrattuale, differenzia la garanzia relativa alla conservazione del posto dagli aspetti retributivi; in dettaglio, garantisce un periodo di conservazione del posto pari a 3 mesi per il lavoratore con anzianità di servizio non superiore a 10 anni, elevati a 6 mesi per un’anzianità di servizio di oltre 10 anni, mentre per quanto riguarda il trattamento economico, per la fascia sotto i 10 anni garantisce - parliamo sempre dell’ultimo periodo - l’intera retribuzione per il primo mese e la metà per i successivi due, per l’altra l’intera per i primi due e la metà per gli altri.

Vediamoli separatamente. 

Per quanto concerne il diritto alla conservazione del posto, sicuramente dei due quello più delicato, in presenza della norma di contratto così riscritta quanto stabilito dalla legge in parola ha finito per perdere di significato. Il dato di partenza è che la garanzia contenuta nella legge n. 1825 è chiaramente riferita al comporto di tipo “secco”, rispetto al quale i periodi da essa fissati operano come un “minimo” al disotto del quale le norme di contratto non possono andare. Richiamare questi minimi aveva dunque senso nel regime previgente in cui si era costruito una sorta di ibrido, in cui al computo secco della malattia in corso si potevano sommare tutte le assenze per malattia dei sei mesi antecedenti l’inizio dell’ultima. Il richiamo alla legge sull’impiego privato all’interno di un simile impianto aveva dunque la precisa funzione di ribadirne la sua natura di comporto di tipo secco, nel senso che la possibilità concessa di ripescare le malattie degli ultimi sei mesi non poteva comunque stravolgere la durata dell’ultima malattia che, per poter procedere al licenziamento (o far scattare l’aspettativa nel nostro settore), non doveva comunque scendere al di sotto dei 3 o 6 mesi secondo l’anzianità sopra ricordata. Non a caso fondamentale era l’espresso riferimento all’”ultimo periodo” cui riferire la garanzia, da intendersi come la malattia in corso. Così, ad esempio, un lavoratore inserito nella fascia più bassa – 5 anni di anzianità con 6 mesi di comporto – ammalato dal 1° gennaio al 31 maggio e riammalatosi dal 1° luglio, con il regime previgente sarebbe stato teoricamente non licenziabile sino al 30 settembre; senza il richiamo della legge la garanzia del posto di lavoro sarebbe terminata il 31 luglio. Per cui, ripetiamo, sparito il riferimento agli ultimi sei mesi, la disposizione risulta inutile.

Così come risulta inutilizzabile, ancor più intuitivamente, posta all’interno del sistema del comporto per sommatoria. Questo parte da una valutazione da farsi secondo equità, ossia secondo modalità che prescindono, per definizione, da criteri oggettivi. Anzi, l’equità svolge proprio funzione di supplenza nell’impossibilità di applicare criteri oggettivi. La conclusione che vogliamo mettere in evidenza è che con l’applicazione del conteggio per sommatoria non esiste un periodo predefinito minimo (da riferire all’ultima malattia) al disotto del quale non è possibile far scattare il licenziamento; viceversa, basta anche solo una giornata isolata di malattia per porre teoricamente termine al periodo di comporto.

Un’altra particolarità che distanzia il riferimento ai 48 mesi di cui al 2° comma in regime di comporto per sommatoria rispetto ai sei mesi di cui alla norma precedente in regime di comporto fisso, è che mentre questi ultimi partivano dal primo giorno dell’ultima malattia, rimanendo in questo senso un dato fisso, i 48 mesi sono quelli che precedono l’ultimo giorno di assenza,  e costituiscono un dato da ricostruire di volta in volta. Ancora una volta ricorriamo ad un esempio. Un lavoratore - cui per semplicità attribuiamo, nel caso della sommatoria, il periodo di comporto minimo di otto mesi – è stato assente per malattia il 9 e il 10 aprile 1997, e poi nel tempo successivo, supponiamo a partire dal maggio ’97, per altri 7 mesi e 26 giorni, comunque distribuiti. La sera dell’8 aprile 2001, che supponiamo effettivamente lavorato, la situazione aggiornata porta ad un totale di comporto già utilizzato di 7 mesi e 28 giorni, con due soli giorni residui; il giorno 9 aprile il lavoratore rimane assente per malattia: i 48 mesi precedenti pongono come data di inizio del computo il 9 aprile 1997, portando la sua situazione a 7 mesi e 29 giorni, con un solo giorno residuo; il giorno successivo il lavoratore è ancora assente per malattia: questa volta la sua situazione rimane ferma a 7 mesi e 29 giorni  e questo perché se l’assenza del giorno fa aumentare il contatore di “1”, contestualmente però esce il 9 aprile 1997 (!); stesso ragionamento per l’eventuale assenza per malattia del giorno successivo, il 10 aprile: il contatore resterà ancora fermo a 7 mesi e 29 giorni; solo la malattia proseguita anche il giorno successivo, l’11, rimetterà in moto il contatore, determinando nell’esempio considerato il termine del comporto.

Altra cosa è invece la valenza della legge 1825/1924 per gli aspetti retributivi.

Se per il sistema del comporto secco continua ad essere priva di effetti pratici per gli stessi motivi evidenziati in precedenza, ossia che l’ultima malattia deve necessariamente essere di lunga durata e, stante l’attuale normativa contrattuale, i 6 mesi massimi di legge sono già coperti dal minimo contrattuale, nel regime di comporto per sommatoria acquista un importante significato dal momento che  tale sistema non prevede appunto una garanzia minima prefissata per l’ultimo periodo di malattia. In tale ambito, l’aspettativa non retribuita, ove richiesta, deve essere considerata come una sorta di prolungamento della malattia stessa ed entrare sotto la copertura della legge che prevede, nell’ipotesi dei tre mesi, un mese retribuito al 100% e due al 50%, mentre in quella dei sei mesi, due mesi al 100% e quattro al 50%.

Questa interpretazione è stata accettata ufficialmente dalle parti che l’hanno voluta formalizzare con l’Accordo 12 aprile 2001, corredandola anche con due esempi a verbale da cui emerge un aspetto che connota la norma di contratto di una sua originalità rispetto alla legge. Il mese di retribuzione al 100% (il primo dei due previsti nel caso di garanzia pari a sei mesi, l’unico nel caso di garanzia di tre mesi) finiscono per coincidere sempre con il mese che precede l’entrata in aspettativa, ed è irrilevante che questo sia trascorso o meno interamente in malattia. E tuttavia non si tratta di un peggioramento del contratto rispetto alla legge. Non bisogna dimenticare infatti che nel nostro settore la malattia è sempre interamente retribuita, cosa che non costituisce certo la regola se comparata con altri settori, ed ecco perché la soluzione adottata non ha potuto trascurare questo elemento.

Il modello di comporto per sommatoria, divenuto oggi norma di contratto, se ha consentito da una parte di ritoccare verso l’alto i mesi corrispondenti alle fasce di anzianità, per converso porta con sé un potenziale utilizzo da parte del datore di lavoro che va oltre la tutela che la giurisprudenza di merito e di legittimità ha  voluto costruire di fronte a quei casi in cui l’applicazione pedissequa della normativa sul comporto secco portava a conseguenze aberranti e fortemente onerose per le aziende. Ci riferiamo a quelle situazioni che rientrano nella definizione di “eccessiva morbilità”, ossia a malattie ripetute, intermittenti, ciascuna di breve durata, che in regime di comporto secco, per quanto un po’ affievolito, non fanno mai oltrepassare i limiti del comporto. La norma di contratto che ha istituito il criterio della sommatoria all’interno dei 48 mesi sancisce un puro criterio aritmetico di somma di giornate di malattia, non facendo alcuna distinzione fra, ad esempio, sei mesi effettuati in un'unica soluzione per un unico evento e sei mesi come somma di tanti brevi periodi.

I commi dal 5° al 9° erano già presenti nella disciplina previgente.

Gli ultimi tre commi regolano il periodo di aspettativa che può essere fruito al termine del periodo di comporto. Ancora una volta la normativa ASSICREDITO è quella che viene estesa a tutti, fatto salvo un periodo transitorio per i lavoratori delle aziende ACRI. Una particolarità contenuta nel 10° comma, che rovescia in senso favorevole per il lavoratore la disposizione contenuta nell’ult. comma dell’art. 100 ASS., è che i periodi di aspettativa per fine comporto non interrompono il decorso dell’anzianità di servizio.

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