Malattie,
infortuni e maternità
Art. 49 - Malattie e infortuni 1. In caso di assenza per malattia o infortunio accertati, l’azienda conserva il posto e l’intero trattamento economico al lavoratore/lavoratrice che abbia superato il periodo di prova per:
2. I periodi di assenza per malattia e infortunio possono essere calcolati dall’azienda con riferimento ai 48 mesi precedenti l’ultimo giorno di assenza considerato. 3. In tal caso i periodi di conservazione del posto e del trattamento economico sono i seguenti:
4. In ogni caso, per l’ultimo periodo, non può essere praticato un trattamento meno favorevole di quello stabilito dal R.D.L. 13 novembre 1924, n.1825. 5. I periodi suindicati sono aumentati del 50% in caso di ricovero in sanatorio o di accertata necessità di cura, in ambedue le circostanze per tbc, nonché nel caso di malattie di carattere oncologico, con un minimo di 12 mesi ed un massimo di 24 mesi complessivi (30 mesi per i quadri direttivi di 3° e 4° livello retributivo). 6. Ai fini di quanto previsto dai comma che precedono non si terrà conto delle assenze per il tempo strettamente necessario al lavoratore per sottoporsi al trattamento di dialisi. 7. Il termine finale del trattamento di cui ai precedenti comma non può comunque scadere oltre il sesto mese dalla data in cui il lavoratore/lavoratrice ultrasessantenne sia entrato in possesso dei requisiti di legge per avere diritto alla pensione di vecchiaia, se la malattia sia iniziata prima di tale data: se la malattia inizia successivamente, il trattamento in parola viene riconosciuto per sei mesi. 8. I periodi di assenza per malattia o infortunio accertati, entro i limiti suindicati, sono computati a tutti gli effetti come servizio prestato, salvo quanto disposto in tema di ferie. 9. In caso di assenza conseguente ad infortunio sul lavoro, il trattamento economico di cui al presente articolo è corrisposto dall’azienda con deduzione di tutte le somme che il lavoratore/lavoratrice ha diritto di riscuotere da parte dell’Istituto assicuratore. 10. Se la malattia o l’infortunio proseguono oltre i termini suindicati il lavoratore/lavoratrice, prima della scadenza di detti termini, può chiedere di essere collocato in aspettativa non retribuita per la durata massima di quattro mesi e senza alcun effetto sul decorso dell’anzianità. 11. La durata di più periodi di aspettativa di cui al comma precedente non può tuttavia superare i sei mesi in un quinquennio. 12. Il collocamento in aspettativa non può venire richiesto dal lavoratore/lavoratrice ultrasessantenne che sia entrato in possesso dei requisiti di legge per avere diritto alla pensione di vecchiaia; in ogni caso il periodo di aspettativa non può durare oltre la data in cui l’interessato ultrasessantenne abbia maturato i requisiti in parola. Norme transitorie 1. La nuova disciplina di cui al presente articolo si applica a far tempo dalla data di completamento della redazione del testo coordinato, considerando utili a tali fini anche le assenze per malattia o infortunio verificatesi antecedentemente a tale data. Tuttavia fino alla data di scadenza del presente contratto l’applicazione della predetta nuova disciplina non potrà determinare per il lavoratore conseguenze meno favorevoli rispetto a quelle che sarebbero derivate in base alla pregressa disciplina.
2. Nei confronti del personale già destinatario dei contratti collettivi ACRI in servizio al 1° novembre 1999 ed in aspettativa non retribuita per malattia alla data di redazione del testo coordinato del presente contratto, la durata dell’aspettativa stessa è di 12 mesi.
NOTE La
stesura della norma in materia di comporto per malattia è stata
inevitabilmente condizionata dall’orientamento giurisprudenziale che è
venuto consolidandosi in questi anni e che ha portato all’elaborazione
di una nuova forma di comporto, detto per sommatoria, che collandare
del tempo ha finito per diventare l’unico criterio di computo per
dirimere le controversie in sede contenziosa, sostituendosi al modello di
natura contrattuale, il cosiddetto comporto secco. La
nuova disciplina introduce una sorta di doppio regime che,
schematicamente, risulta così articolato: -
il precedente sistema di comporto (secco) in vigore
nell’ASSICREDITO, basato su periodi crescenti correlati a fasce di
anzianità, diviene quello di riferimento, concesso un periodo transitorio
alle aziende del settore ACRI di cui diremo dopo; -
sempre per quanto attiene il sistema di comporto secco,
il metodo di computo che esce dal testo si può definire “secco puro”:
è stata infatti eliminata la possibilità di addizionare all’ultima
malattia quelle verificatesi negli ultimi sei mesi; -
in alternativa al sistema appena descritto, viene
recepito nel contratto il criterio di computo “per sommatoria”, che
prevede che i periodi di malattia utili per esaurire il periodo di
conservazione del posto e dell’intero trattamento economico del singolo
lavoratore sono quelli effettuati nei 48 mesi precedenti “l’ultimo
giorno di assenza considerato”; -
al sistema “per sommatoria” si abbina una tabella
identica alla precedente per le fasce di anzianità, ma diversa, e
migliorativa per il lavoratore, per i corrispondenti mesi di comporto; -
il far cadere la scelta sull’uno o l’altro sistema di
computo è lasciato alla discrezionalità dell’azienda di volta in volta
e per ogni singola posizione. Con
riferimento ad entrambi i sistemi, l’articolo ha mantenuto in vita la
regola che per l’ultimo periodo non può essere praticato un
trattamento meno favorevole di quello stabilito dal R.D.L. 13 novembre
1924, n. 1825; ricordiamo che questa legge, meglio nota come legge
sull’impiego privato, a differenza del sistema contrattuale, differenzia
la garanzia relativa alla conservazione del posto dagli aspetti
retributivi; in dettaglio, garantisce un periodo di conservazione del
posto pari a 3 mesi per il lavoratore con anzianità di servizio non
superiore a 10 anni, elevati a 6 mesi per un’anzianità di servizio di
oltre 10 anni, mentre per quanto riguarda il trattamento economico, per la
fascia sotto i 10 anni garantisce - parliamo sempre dell’ultimo periodo
- l’intera retribuzione per il primo mese e la metà per i successivi
due, per l’altra l’intera per i primi due e la metà per gli altri. Vediamoli
separatamente. Per
quanto concerne il diritto alla conservazione del posto, sicuramente dei
due quello più delicato, in presenza della norma di contratto così
riscritta quanto stabilito dalla legge in parola ha finito per perdere di
significato. Il dato di partenza è che la garanzia contenuta nella legge
n. 1825 è chiaramente riferita al comporto di tipo “secco”, rispetto
al quale i periodi da essa fissati operano come un “minimo” al disotto
del quale le norme di contratto non possono andare. Richiamare questi
minimi aveva dunque senso nel regime previgente in cui si era costruito
una sorta di ibrido, in cui al computo secco della malattia in corso si
potevano sommare tutte le assenze per malattia dei sei mesi antecedenti
l’inizio dell’ultima. Il richiamo alla legge sull’impiego privato
all’interno di un simile impianto aveva dunque la precisa funzione di
ribadirne la sua natura di comporto di tipo secco, nel senso che la
possibilità concessa di ripescare le malattie degli ultimi sei mesi non
poteva comunque stravolgere la durata dell’ultima malattia che, per
poter procedere al licenziamento (o far scattare l’aspettativa nel
nostro settore), non doveva comunque scendere al di sotto dei 3 o 6 mesi
secondo l’anzianità sopra ricordata. Non a caso fondamentale era
l’espresso riferimento all’”ultimo periodo” cui riferire la
garanzia, da intendersi come la malattia in corso. Così, ad esempio, un
lavoratore inserito nella fascia più bassa – 5 anni di anzianità con 6
mesi di comporto – ammalato dal 1° gennaio al 31 maggio e riammalatosi
dal 1° luglio, con il regime previgente sarebbe stato teoricamente non
licenziabile sino al 30 settembre; senza il richiamo della legge la
garanzia del posto di lavoro sarebbe terminata il 31 luglio. Per cui,
ripetiamo, sparito il riferimento agli ultimi sei mesi, la disposizione
risulta inutile. Così
come risulta inutilizzabile, ancor più intuitivamente, posta
all’interno del sistema del comporto per sommatoria. Questo parte da una
valutazione da farsi secondo equità, ossia secondo modalità che
prescindono, per definizione, da criteri oggettivi. Anzi, l’equità
svolge proprio funzione di supplenza nell’impossibilità di applicare
criteri oggettivi. La conclusione che vogliamo mettere in evidenza è che
con l’applicazione del conteggio per sommatoria non esiste un periodo
predefinito minimo (da riferire all’ultima malattia) al disotto del
quale non è possibile far scattare il licenziamento;
viceversa, basta anche solo una giornata isolata di malattia per porre
teoricamente termine al periodo di comporto. Un’altra
particolarità che distanzia il riferimento ai 48 mesi di cui al 2° comma
in regime di comporto per sommatoria rispetto ai sei mesi di cui alla
norma precedente in regime di comporto fisso, è che mentre questi ultimi
partivano dal primo giorno dell’ultima malattia, rimanendo in
questo senso un dato fisso, i 48 mesi sono quelli che precedono l’ultimo
giorno di assenza, e
costituiscono un dato da ricostruire di volta in volta. Ancora una volta
ricorriamo ad un esempio. Un lavoratore - cui per semplicità attribuiamo,
nel caso della sommatoria, il periodo di comporto minimo di otto mesi –
è stato assente per malattia il 9 e il 10 aprile 1997, e poi nel tempo
successivo, supponiamo a partire dal maggio ’97, per altri 7 mesi e 26
giorni, comunque distribuiti. La sera dell’8 aprile 2001, che supponiamo
effettivamente lavorato, la situazione aggiornata porta ad un totale di
comporto già utilizzato di 7 mesi e 28 giorni, con due soli giorni
residui; il giorno 9 aprile il lavoratore rimane assente per malattia: i
48 mesi precedenti pongono come data di inizio del computo il 9 aprile
1997, portando la sua situazione a 7 mesi e 29 giorni, con un solo giorno
residuo; il giorno successivo il lavoratore è ancora assente per
malattia: questa volta la sua situazione rimane ferma a 7 mesi e 29
giorni e questo perché se l’assenza del giorno fa aumentare il
contatore di “1”, contestualmente però esce il 9 aprile 1997 (!);
stesso ragionamento per l’eventuale assenza per malattia del giorno
successivo, il 10 aprile: il contatore resterà ancora fermo a 7 mesi e 29
giorni; solo la malattia proseguita anche il giorno successivo, l’11,
rimetterà in moto il contatore, determinando nell’esempio considerato
il termine del comporto. Altra
cosa è invece la valenza della legge 1825/1924 per gli aspetti
retributivi. Se
per il sistema del comporto secco continua ad essere priva di effetti
pratici per gli stessi motivi evidenziati in precedenza, ossia che
l’ultima malattia deve necessariamente essere di lunga durata e, stante
l’attuale normativa contrattuale, i 6 mesi massimi di legge sono già
coperti dal minimo contrattuale, nel regime di comporto per sommatoria
acquista un importante significato dal momento che
tale sistema non prevede appunto una garanzia minima prefissata per
l’ultimo periodo di malattia. In tale ambito, l’aspettativa non
retribuita, ove richiesta, deve essere considerata come una sorta di
prolungamento della malattia stessa ed entrare sotto la copertura della
legge che prevede, nell’ipotesi dei tre mesi, un mese retribuito al 100%
e due al 50%, mentre in quella dei sei mesi, due mesi al 100% e quattro al
50%. Questa
interpretazione è stata accettata ufficialmente dalle parti che l’hanno
voluta formalizzare con l’Accordo 12 aprile 2001, corredandola anche con
due esempi a verbale da cui emerge un aspetto che connota la norma di
contratto di una sua originalità rispetto alla legge. Il mese di
retribuzione al 100% (il primo dei due previsti nel caso di garanzia pari
a sei mesi, l’unico nel caso di garanzia di tre mesi) finiscono per
coincidere sempre con il mese che precede l’entrata in aspettativa, ed
è irrilevante che questo sia trascorso o meno interamente in malattia. E
tuttavia non si tratta di un peggioramento del contratto rispetto alla
legge. Non bisogna dimenticare infatti che nel nostro settore la malattia
è sempre interamente retribuita, cosa che non costituisce certo la regola
se comparata con altri settori, ed ecco perché la soluzione adottata non
ha potuto trascurare questo elemento. Il
modello di comporto per sommatoria, divenuto oggi norma di contratto, se
ha consentito da una parte di ritoccare verso l’alto i mesi
corrispondenti alle fasce di anzianità, per converso porta con sé un
potenziale utilizzo da parte del datore di lavoro che va oltre la tutela
che la giurisprudenza di merito e di legittimità ha
voluto costruire di fronte a quei casi in cui l’applicazione
pedissequa della normativa sul comporto secco portava a conseguenze
aberranti e fortemente onerose per le aziende. Ci riferiamo a quelle
situazioni che rientrano nella definizione di “eccessiva morbilità”,
ossia a malattie ripetute, intermittenti, ciascuna di breve durata, che in
regime di comporto secco, per quanto un po’ affievolito, non fanno mai
oltrepassare i limiti del comporto. La norma di contratto che ha istituito
il criterio della sommatoria all’interno dei 48 mesi sancisce un puro
criterio aritmetico di somma di giornate di malattia, non facendo alcuna
distinzione fra, ad esempio, sei mesi effettuati in un'unica soluzione per
un unico evento e sei mesi come somma di tanti brevi periodi. I
commi dal 5° al 9° erano già presenti nella disciplina previgente. Gli
ultimi tre commi regolano il periodo di aspettativa che può essere fruito
al termine del periodo di comporto. Ancora una volta la normativa
ASSICREDITO è quella che viene estesa a tutti, fatto salvo un periodo
transitorio per i lavoratori delle aziende ACRI. Una particolarità
contenuta nel 10° comma, che rovescia in senso favorevole per il
lavoratore la disposizione contenuta nell’ult. comma dell’art. 100
ASS., è che i periodi di aspettativa per fine comporto non interrompono
il decorso dell’anzianità di servizio. [ INDICE ]
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