La Voce dei Bancari  anno LII – N.5/2000

DIRITTO DEL LAVORO

“L’avvocato risponde”

 

di SOFIA CECCONI – Avvocato -Consulente legale Fabi

 

 

Svolgimento di mansioni superiori

e disdetta dell’integrativo

 

 

“Le mansioni da me svolte sono le seguenti: 1) addetto al nucleo assistenza clientela (dal novembre 1988 al novembre 1990); 2) operatore di borsa (dall’aprile 1993 al dicembre 1994); addetto all’ufficio mutui ipotecari (dal gennaio 1995 ad oggi). Dal gennaio 1999 mi è stata concessa la qualifica di “specialista mutui/CP”, la quale, tuttavia, non è più operante con la disdetta dell’integrativo da parte della Banca. Attualmente sono inquadrato nella terza area professionale, secondo livello retributivo. Vorrei sapere se, con le mansioni sin qui svolte, ho già maturato il diritto di accedere alla terza area professionale, quarto livello retributivo...”

(Franco Mieli)

La semplice disdetta del contratto integrativo aziendale, che prevede l’attribuzione di un determinato inquadramento a coloro che rivestono talune qualifiche nell’Azienda, non costituisce di per sé motivo di revoca delle funzioni assegnate al lavoratore, né tantomeno della qualifica al medesimo attribuita. Conseguentemente, qualora i compiti svolti dal dipendente siano oggettivamente inquadrabili in un livello superiore rispetto a quello posseduto nulla osta al riconoscimento, anche in sede giudiziaria, del diritto alla promozione automatica del medesimo.

In caso di contrasto con il datore di lavoro, occorre ovviamente che il lavoratore offra la prova concreta del valore aggiunto delle mansioni da ultimo svolte, al fine di fare accertare il suo diritto indipendentemente dalla mancanza di una specifica regolamentazione eteronoma e, nel caso in cui si possa ancora considerare vigente la disciplina pattizia, finanche dall’interpretazione aziendale delle norme della contrattazione collettiva. Il giudice, infatti, può ritenere illegittima l’opera ermeneutica della Banca, nel caso in cui risulti idonea a svuotare di contenuto l'art. 2103 c.c., con riferimento a mansioni superiori confluite nella medesima area di inquadramento, che consentono al datore di lavoro di utilizzare il lavoratore in mansioni superiori senza che quest'ultimo possa rivendicare il diritto alla promozione (v. così Pret. Roma, 19-06-1997).

 

Poteri di firma e inquadramento come “funzionario”

 

“(….) Nel lontano 1992 (…) mi veniva affidato l’incarico presso la Direzione Generale di occuparmi della Centrale dei Rischi per tutta la Banca poiché il servizio veniva accentrato. Il Direttore Generale dell’epoca, convocandomi ed esortandomi a svolgere il delicato compito di intrattenere rapporti con la Banca D’Italia, mi promise – a voce – che al più presto mi avrebbe gratificato con il grado di funzionario. Tutti gli adempimenti con la Banca D’Italia prevedono la doppia firma, la prima di un dirigente e la seconda di un funzionario. Io, come responsabile della Centrale Rischi e dietro incarico verbale del Direttore Generale, apponevo a tutti gli atti, come legale rappresentante, la seconda firma. Dal settembre 1997 al mio posto ha invece firmato il Vice Direttore. Desidero sapere se ho maturato il diritto all’inquadramento al livello di funzionario e da quale data (…)”.

(Renato Cocivera)

Il diritto all’inquadramento nell’ex livello di funzionario (ora quadro direttivo) dipende, oltre che dallo svolgimento di compiti di preposto, dall’attribuzione – espressa o tacita – del potere di firma, inquadrabile come funzione di rappresentanza dell’Azienda dinanzi a terzi.

La prevalente giurisprudenza ha attribuito un rilievo decisivo, ai fini del riconoscimento della suddetta qualifica, alla circostanza “… della spendita, da parte del lavoratore, della firma sociale, relativamente ad atti gestionali pertinenti all'esercizio dell'impresa, in misura così generale e continuativa” (così Cass. , sez. lav., 14-03-1992, n. 3173), ma non nei casi in cui “… al dipendente sia attribuita la facoltà di firma rispetto a predeterminati singoli atti ed operazioni, cioè ad una sola categoria di atti, e non sia espressione di formazione della volontà dell'azienda di credito verso terzi in via generale e continuativa” (ad esempio: P. Roma, 03-04-1995).

Nella specie, pare che il dipendente in questione abbia effettivamente apposto la propria firma in qualità di legale rappresentante, sia in considerazione dell’incarico – responsabile della Centrale Rischi – e sia in ragione delle disposizioni interne che prevedono la firma del Direttore Generale e di un Funzionario per gli adempimenti con la Banca D’Italia. Del resto, il fatto che, dopo di lui, la firma sugli atti sia stata apposta dal Vice Direttore (funzionario) costituisce indiretta conferma della legittimità dell’assunto.

Si ritiene dunque che il lavoratore possa attualmente richiedere all’Azienda l’inquadramento nella categoria di funzionario sin dal 1992 (prescrizione decennale), mentre per il trattamento economico conseguente potrà far valere il suo diritto solo dal 1995 (prescrizione quinquennale). La prescrizione in corso può essere interrotta con qualsiasi atto, anche stragiudiziale, che attesti la volontà del lavoratore di far valere il proprio diritto.

 

Ancora sul diritto alla promozione

 

“In riferimento al contratto integrativo aziendale, chiedo di verificare se sussistono le condizioni per l’attribuzione del grado di quadro.

Segnalo i periodi di permanenza nei ruoli interessati al caso: 18 mesi, area commerciale; 29 mesi, addetto alla trattazione titoli; dall’1.4.1997 in poi, addetto alla gestione personalizzata (AGP).

In data 1.4.1998, come da contratto integrativo, mi è stato assegnato il grado di capo ufficio. In data 1.4.1999 attendevo, come da integrativo, il grado di quadro ma, secondo l’Azienda, questo scatto è previsto per l’1.4.2000. Gradirei, in  merito, il vostro parere legale (…)”

(Giuseppe Cassano)

 

L’interpretazione aziendale del contratto integrativo pare corretta.

Ed infatti, la disciplina pattizia prevede che gli addetti alla gestione personalizzata hanno diritto, dopo tre, oppure dopo cinque anni, rispettivamente al IV^ livello retributivo della III^ area professionale, ed al I^ livello retributivo della IV^ area professionale.

Per coloro che hanno già svolto mansioni di addetto alla trattazione affari in titoli con la clientela (come pure per altre mansioni analoghe) si prevede uno sconto sui tempi di maturazione del diritto, sicché viene ritenuto sufficiente un anno di adibizione a tali mansioni, per acquisire il IV^ livello retributivo della III^ area professionale. Correttamente dunque al lavoratore è stato riconosciuto il grado di capo ufficio in data 1.4.1998.

Di seguito, la norma prevede lo svolgimento delle predette mansioni per almeno due anni al fine di acquisire il I^ livello retributivo della IV^ area. Conseguentemente, il diritto al grado di quadro è scattato dall’aprile 2000 e non dall’aprile 1999.

La norma contrattuale, infatti, prevede anzitutto una riduzione temporale in favore di taluni lavoratori, giustificata dal fatto che questi ultimi hanno svolto in precedenza mansioni che si potrebbero definire “propedeutiche” all’ultima. In secondo luogo, la norma crea due differenti scaglioni, di uno e di due ulteriori anni, per il passaggio dalla III^ area, quarto livello retributivo, e da quest’ultima posizione alla IV^ area I^ livello retributivo.

La disposizione, pertanto, a fronte dello sconto temporale, prevede – in questo secondo caso – due distinte fasi per l’acquisizione del diritto, mentre per coloro che non beneficiano di alcuna riduzione, e che dunque maturano il diritto in maggior arco temporale, viene semplicemente fatto riferimento al periodo di adibizione “complessiva”.