La Voce dei Bancari  anno LIII – N.2/2001

FORMAZIONE

 

di ENRICO GAVARINI (coordinatore  Dipartimento Nazionale Formazione)

 

 

AUTOCONSAPEVOLEZZA EMOZIONALE

 e retorica del controllo

 

Sempre più oggi sentiamo parlare di  autoconsapevolezza emozionale e di intelligenza emotiva. I più recenti studi ci dicono che il (QE) – quoziente emotivo, assume sempre più rilievo e che se il (QI)- quoziente di intelligenza - , ci aiuta  a capire le cose del mondo è poi il QE che ci spinge ad agire.

In fondo il sapere che il così detto QI non rappresenta il nostro destino già scritto geneticamente, ci può anche riempire di soddisfazione , soprattutto considerando che ben pochi riuscivano a superare positivamente i test (ideati da Cattel nel 1890 e poi perfezionati da Wechsler nel 1930) idonei ad entrare a far parte degli eletti del famoso  “Mensa”.

Peraltro molte delle idee, ritenute moderne, hanno  origini antiche. Già Aristotele nell’Etica Nicomachea spiegava che il problema non risiede nello stato d’animo in sé, ma nella consapevolezza dell’emozione e della sua espressione.

Il punto è, come possiamo portare la consapevolezza nelle nostre emozioni ed anche , come possiamo trasformare le emozioni in consapevolezza.

Il più pericoloso nemico dell’autoconsapevolezza emozionale è rappresentato dalla così detta  retorica del controllo.

Spesso , la retorica del controllo, ci induce a  vivere veri e propri sensi di colpa allorché manifestiamo o si manifestano in noi delle emozioni. In questi casi l’atteggiamento che vogliamo mostrare è “l’atteggiamento blasè”, quello dell’uomo o della donna di mondo che non accetta debolezze e vive gli stati di imbarazzo come fenomeni da non mostrare, perché propri di gruppi inferiori o primitivi. ( su questo tema assai interessante è il testo di G.Simmel – Metropoli e vita mentale ).

Le emozioni , se inquadrate correttamente, non già come elementi deboli ma come segnali , accrescono invece la nostra capacità relazionale. Le emozioni rappresentanto un interfaccia -molto complessa -fra noi e la realtà oggettiva.

Anche il nostro corpo diventa importante nell’autoconsapevolezza emozionale e gli stessi difetti vengono accettati amorevolmente ed utilizzati positivamente. La retorica del controllo vede invece il corpo come una sorta di contenitore che deve portare a spasso le emozioni ed i difetti vanno superati con costose , sotto il profilo energetico e spesso infruttuose, tecniche di autoconvinzione. Spesso la retorica del controllo finisce sul lettino dello psicanalista di cui ci fornisce un esempio  ironico e vicino alla realtà Woody Allen in molti dei suoi films.

Grazie all’autoconsapevolezza emozionale si passa poi dal conoscere sé stessi , al conoscere gli altri ; presupposto quest’ultimo indispensabile per una vita di relazione felice .

Attraverso un semplice test , da eseguirsi nello sviluppo di un corso adeguato, si può verificare, senza subire traumi , il nostro quoziente di inteligenza emotiva ed anche il nostro livello di compressione derivante dalla retorica del controllo. Alla fine il superamento del test non da diritto all’iscrizione a nessun prestigioso club , ma ci fornisce utili dati di conoscenza.

Tutta le tecniche dell’autoconsapevolezza non tendono, come erroneamente potrebbe ritenersi, alla liberazione delle emozioni per invitarci ad un ritorno alla origini , giungla,capanna o caverna che dir si voglia.

Le emozioni potremmo dire che sono simili a passi di danza, hanno un loro linguaggio, o tempi, che dobbiamo decodificare di volta in volta.

Lo scopo di alcuni corsi di formazione, sulla comunicazione, sulla conversazione e soprattutto sull’arte di ascoltare….si perché saper ascoltare è un arte, è quello di favorire una maggiore consapevolezza affinchè le persone siano attrezzate per affrontare e risolvere alcuni piccoli-grandi conflitti quotidiani . Queste tecniche, applicate, possono risultare altresì utili, anche nello sviluppo delle più articolate tecniche di negoziazione e generalmente in ogni situazione di tipo relazionale.

Per raggiungere un buon livello di autoconsapevolezza emozionale occorre prima di tutto diventare buoni osservatori, ossia  riconoscere la differenza fra cambiare punto di vista entro un contesto dato per scontato, e cambiare quel contesto .

L’osservazione a cui mi  riferisco non è certo solo quella dei fatti, che sarebbe pura cronaca o fotografia mentale, ma  anche e soprattutto l’osservazione delle nostre emozioni, uscendo così dall’automatismo dell’ego ed aprendoci ad orizzonti sicuramente più vasti.

 

L’argomento qui esposto è trattato nel corso sulle tecniche  di ascolto e risoluzione dei conflitti applicato alle tecniche di negoziazione. Esso rientra nell’attività di formazione decentrata che il Dipartimento Formazione offre – nel suo catalogo corsi - alle strutture per l’anno 2001)