La Voce dei Bancari  anno LIII – N.4/2001

ATTUALITA’

 

di Grazia Sanfilippo

 

 

MOBBING,

se lo conosci lo eviti

 

Nonostante la modernità del termine - oggi comunemente usato per designare la vasta fenomenologia della violenza psicologica sui luoghi di lavoro -, il mobbing richiama comportamenti antichi come il mondo (basti pensare all’“homo homini lupus” di cui parlò Terenzio, commediografo latino, nel II sec. a. C.).

Ad esso si ricollegano, in particolare, le azioni persecutorie ed i processi di emarginazione posti in essere da colleghi, superiori, o dalle stesse imprese,  nei confronti di lavoratori percepiti come “diversi”, ovvero non integrati né integrabili in uno specifico contesto lavorativo.

Le vittime privilegiate del mobbing, verso cui si orientano il pregiudizio, l’invidia, la rivalità, l’ostilità di un singolo o del gruppo, sono spesso uomini scomodi, di elevata professionalità e cultura (ritenuti destabilizzanti dalle stesse strutture - burocratizzate, sclerotizzate o scarsamente efficienti - per cui lavorano), oppure sono lavoratori che provengono da altre aziende, o ancora individui portatori di spiccati valori morali, o di idee politiche e religiose diverse.

In Italia il dibattito sul mobbing ha assunto rilevanza sociale e giuridica solo da pochi anni, coinvolgendo - in maniera ancora piuttosto disorganica - medici, psicologi, giuristi, politici e sindacalisti.

Fenomeno sottovalutato?

Proprio a questi ultimi viene rimproverato, da più parti, un eccessivo disimpegno, o meglio una singolare sottovalutazione del fenomeno, da cui deriverebbe la marginalità delle iniziative di fatto assunte per contrastarne l’insorgenza e la diffusione.

Il primo Contratto Nazionale che introduce esplicitamente il mobbing è quello degli assicurativi, mentre alcuni articoli sul tema sono contenuti nei CIA di  istituti come il San Paolo e il Gruppo Banca Intesa.

Sorprende peraltro la scarsa conoscenza che i lavoratori possiedono del mobbing, in quanto evento socialmente rilevante e reato giuridicamente perseguibile.

Carenze giuridiche

Sebbene il Parlamento non abbia ancora approvato una specifica norma sulla materia (pur essendo già numerosi i disegni di legge presentati da diverse forze politiche), esistono infatti parecchi strumenti ai quali fare ricorso per tutelare il diritto alla salute e alla dignità morale, come dimostrano le prime sentenze favorevoli a quei dipendenti che hanno “osato” intentare causa per danni riconducibili al mobbing.

Dove alligna

A giudizio di chi si è occupato dell’argomento, tra le realtà più colpite in Italia c’è (insieme a pubblica amministrazione e sanità) proprio il settore del credito. Le logiche produttivistiche che negli ultimi anni si sono imposte nel sistema bancario - spingendo in direzione di grossi e talora affrettati processi di fusione e concentrazione - offrirebbero (secondo alcuni analisti) terreno fertile al diffondersi di comportamenti più o meno velatamente aggressivi e antisolidaristici, sia tra lavoratori provenienti da aziende diverse  che nei confronti dei dipendenti in esubero.

In effetti, la necessità di ridurre i costi strutturali, in vista di un recupero accelerato della redditività,  passa spesso attraverso piani drastici di riduzione del personale, per la cui attuazione le pratiche di mobbing potrebbero risultare congruenti e funzionali.

In questi casi ci si troverebbe di fronte a una vera e propria strategia aziendale - il cosiddetto bossing (da boss = capo) -, utilizzata dalle imprese per liberarsi dei lavoratori divenuti “superflui” e per ridurre la consistenza degli esuberi attraverso un certo numero di dimissioni indotte: insomma, una sorta di licenziamento monetizzato camuffato.

La presenza attiva del Sindacato in difesa dei lavoratori mobbizzati, e tra essi in particolare di quelli che subiscono il pressing defatigante delle aziende che vogliono indurli alle dimissioni, è dunque essenziale.

Una bussola anti Mobbimg

Ma è altrettanto utile, per i lavoratori, disporre di una sorta di bussola anti-mobbing, alla quale fare ricorso in caso di necessità (anche per  “navigare” nel mare di Internet). Recuperato il giusto orientamento, spetterà poi alle istituzioni sindacali - chiamate in causa, insieme ad altri possibili alleati (medici, psicologi, avvocati, gruppi di aiuto ecc.) - intervenire per tentare di ripristinare lo stato di legalità e comunque aiutare a recuperare la (eventualmente perduta) umanità di colleghi, superiori, aziende.

 

I quattro punti cardinali della nostra ideale bussola anti-mobbing (da leggere in coppie simmetriche, Nord-Sud ed Est-Ovest) si possono rappresentare in questi termini:

 

 

Che cos’è il mobbing

 

                  

                                  

       Chi  aiuta le vittime                   Come difendersi

                                    

            

Quali danni causa

 

CHE COS’È IL MOBBING

Se con un binocolo potessimo gettare simultaneamente lo sguardo su mille diversi  ambienti di lavoro - dove gli uomini trascorrono gran parte della loro vita -, non potremmo fare a meno di notare come molti dei loro comportamenti siano ispirati, più o meno larvatamente, da istinti aggressivi e di sopraffazione, simili a quelli che guidano la condotta di certe specie animali.

Non a caso il termine mobbing -  richiamando gerarchie e conflittualità che spesso sfociano nella violenza - è stato mutuato dalla etologia. Fu Lorenz infatti che lo utilizzò per primo nel 1970, indicando la prepotente reazione (dall’inglese to mob = assalire) mediante la quale alcuni uccelli rispondono alla invasione del territorio, attaccando in gruppo l’intruso e/o il contendente.

Della fenomenologia del mobbing in ambiente umano si è occupato per primo lo psico-sociologo tedesco Heinz Leymann negli anni ’80, distinguendo le situazioni di ordinaria conflittualità sul lavoro dai trattamenti vessatori e persecutori che, ripetendosi con frequenza statistica di almeno una volta alla settimana, per almeno sei mesi, producono gravi conseguenze sulla salute psichica e fisica dei lavoratori, alla cui progressiva emarginazione essi mirano. Solo in questo caso si può parlare di mobbing.

L’aggressione sistematica può essere attuata da colleghi di pari grado, mobbing orizzontale, o da superiori, mobbing verticale discendente (dal capo verso i collaboratori); il mobbing verticale può però provenire anche dal basso, cioè essere indirizzato dai dipendenti verso un superiore “indesiderato” (mobbing verticale ascendente), la cui vita diverrà un inferno, né più né meno che quella di un qualunque sottoposto. 

Quando poi la violenza comportamentale è addirittura pianificata, ovvero - come s’è detto -  si inquadra in una precisa e strisciante strategia aziendale, allora si parla di bossing, pratica non a caso largamente  in uso negli Stati Uniti.

Di fronte a situazioni divenute psicologicamente e fisicamente devastanti, le vittime del mobbing fuggono dai luoghi di lavoro: cedono infatti alla depressione o alla malattia, oppure presentano le dimissioni o ancora, se possono, richiedono il pensionamento anticipato.

In ogni caso i mobbizzati cercano di evitare la condizione conflittuale divenuta insostenibile tentando ogni possibile via d’uscita e lasciando, in genere, campo libero ai mobbers, cioè ai loro persecutori.

In sintesi -  sempre che gli eventi negativi si ripetano con frequenza e si protraggano da almeno sei mesi, recando pregiudizio alla salute -, si può riconoscere il mobbing  nelle seguenti situazioni:

-         quando si fa il vuoto attorno ad un soggetto, indirizzandogli aggressioni  e/o offese più o meno palesi, e assumendo i classici atteggiamenti di evitamento dell’“appestato”;

-         quando gli si precludono scientificamente le informazioni aziendali, escludendolo dalle comunicazioni e dalle notizie di maggiore interesse o rilevanza;

-         quando gli si affidano compiti astratti o mortificanti, non adeguati né rispondenti al grado e alle competenze possedute o maturate negli anni;

-         quando si motiva l’emarginazione con la insussistenza in azienda di incarichi o compiti equivalenti alla sua professionalità;

-         quando si causano artatamente situazioni di inedia lavorativa;

-         quando il lavoratore si vede sottratti mansioni e compiti qualificanti, oppure i collaboratori che già lo coadiuvavano;

-         quando si pongono in essere atti di banale quanto devastante ostruzionismo, come quelli che consistono nel non dotarlo di strumenti elementari di lavoro quali computer, stampante, carta, penne e persino tavolo e sedia;

-         quando viene rimarcata la differenza e la sottovalutazione che si ha del soggetto imponendogli un habitat lavorativo improprio (per es. rumoroso o insalubre), ovvero segnatamente diverso da quello di altri pari grado (assenza di piante, quadri o altri oggetti che contrassegnano lo status); 

-         quando vengono diffuse accuse infondate di inefficienza, incompetenza o incapacità a svolgere il lavoro assegnato;

-         quando vengono alimentate le maldicenze gratuite e i pettegolezzi  sulla vita privata della persona, che diventa oggetto di ironie e calunnie silenti,  da cui difficilmente potrà difendersi.

 

A queste situazioni conflittuali di base - in ognuna delle quali si esercita una sorta di terrorismo psicologico -,  se ne potrebbero aggiungere molte altre.

Nei posti di lavoro gli uomini sperimentano infatti, quotidianamente, la illimitata fantasia dei loro simili: mille diverse occasioni per svalutare, denigrare, colpevolizzare e ferire i  “compagni”, nella speranza (più o meno consapevole) che ad una caduta di quelli possa corrispondere una opportunità in più per se stessi. 

 

 

 

QUALI DANNI CAUSA

Il protrarsi di implacabili iniziative persecutorie ed emarginanti,  e il conseguente stato di tensione, ansia, rabbia (per lo più repressa) in cui il soggetto è costretto a vivere,  producono quasi sempre seri danni alla salute. Si è allora in presenza di una classica vittima del mobbing.

I disturbi  - la cui origine psicosomatica non attenua certo l’importanza e la serietà del malessere - prediligono,  in genere, l’apparato digerente e quello cardio-respiratorio, oltre al sistema locomotorio e al derma, il quale ultimo diventa spesso organo bersaglio di varie patologie. 

Non a caso il profondo ed inestricabile legame tra psiche e corpo sta alla base di parecchie malattie della pelle, diagnosticate e curate con estrema difficoltà.

Anche il cosiddetto DAP, ovvero la sindrome da attacchi di panico, trova talora le sue  motivazioni inconsce negli stati di insicurezza e disistima generati da ambienti di lavoro ostili e dannosi.

Numerose sono comunque le affezioni riferite a interferenze da mobbing. Tra esse, in particolare: ipertensione arteriosa; tachicardia; tremore; sensazioni di nodo alla gola o di fame d’aria; sbandamenti e difficoltà di deambulazione; stanchezza e debolezza; insonnia; mal di schiena; mal di testa o sensazione di testa compressa; difficoltà di concentrazione; iperidrosi; rossori incontrollati; abbassamento delle difese immunitarie.

I sintomi eterogenei di queste malattie rappresentano altrettante vie di fuga dalla situazione conflittuale e frustrante che vive il lavoratore  mobbizzato, tanto più vulnerabile quanto più debole è la sua personalità.

Al riguardo, potrà essere utile consultare l’opuscolo “Il fenomeno Mobbing” curato, per la FABI  del Trentino Alto Adige, dal dott. Luca Carrozzini, psicologo e psicoterapeuta, ex bancario e sindacalista FABI.

Alla domanda “Che fare? ” per difendersi dal mobbing, egli in sintesi risponde:

1)      sapersi ascoltare, e cioè  riconoscere tempestivamente i segni del disagio fisico e psicologico;

2)      analizzare le situazioni che vengono vissute in maniera emotivamente distorta;

3)      prendere nota di ciò che accade, registrando puntualmente i fatti  e i loro eventuali testimoni;

4)      non chiudersi in se stessi,  comunicare i problemi ad amici e parenti, non soccombere di fronte al malessere;

5)      non lasciarsi intimidire e prepararsi a lottare, facendosi aiutare anche da medici, psicologi, sindacalisti, avvocati;

6)      tentare la conciliazione con chi ha iniziato l’azione di mobbing, prima di adire eventualmente le vie legali.

 

COME DIFENDERSI

Le nostre leggi non contemplano ancora il reato di mobbing. Esistono però diversi strumenti normativi ai quali fare ricorso per tutelare il diritto alla salute e garantire il rispetto della dignità umana.    

Innanzitutto vanno richiamati i diritti inviolabili sanciti dalla Costituzione agli articoli 32 (“La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività”), e 41 (l’iniziativa economica privata “non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà,  alla dignità umana”).

Altro importante riferimento alla tutela della salute e dell’integrità fisica si trova nell’art. 9 dello Statuto dei lavoratori, e indirettamente anche nell’art. 13 - “Mansioni del lavoratore” (che ha sostituito l’art. 2103 del Codice Civile), per le connessioni che in sede giudiziaria è possibile stabilire tra l’ingiustificato demansionamento e i danni alla salute da esso eventualmente causati.

Essenziale però è soprattutto l’art. 2087 C.C.:  “L’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”.

Stabilendo il principio della responsabilità contrattuale dell’imprenditore, esso consente infatti ai lavoratori - ai quali compete tuttavia l’onere della prova - di richiedere il risarcimento per le lesioni derivate da eventuali inadempienze dello stesso.

Non a caso quindi a tale articolo si è rifatta anche la prima sentenza - emessa dal Tribunale di Torino il 16 novembre 1999 - che in Italia ha introdotto il termine mobbing.

Basilare pure il D.L. n. 626/94 sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, al quale la giurisprudenza può utilmente appellarsi nei casi di lesioni da mobbing.

Al risarcimento per fatto illecito fa invece riferimento l’art. 2043 C.C., insieme all’art. 185 del Codice Penale.

Sempre in ambito penale, risulta utile il richiamo all’art. 582 C.P. sulle lesioni personali. In particolare, se la violazione da parte del datore di lavoro degli obblighi di tutela della salute (ex art. 2087 C.C.) e delle norme che salvaguardano la professionalità (ex art. 2103 C.C.) causa incidentalmente danni alla integrità psicofisica dei lavoratori, si potrebbe concretizzare il reato di lesioni personali colpose, ai sensi dell’ art. 590 C.P. (Cassazione - Sentenza n. 4012 del 1998).

I risvolti penali connessi ai reati di vessazione e persecuzione psicologica dovranno auspicabilmente essere previsti, in chiaro, dalla futura legge sul mobbing (come del resto indica qualcuno dei disegni - tre alla Camera e due al Senato -  già presentati).

In atto, infatti, i lavoratori che volessero muovere causa per mobbing, in sede penale o civile, devono comunque poter provare, eventualmente anche con testimoni, gli addebiti mossi alla controparte, ad evitare il rischio di querele per diffamazione, o ancor peggio il licenziamento da parte dell’azienda.

Che il mobbing stia però approdando con successo nelle aule giudiziarie, lo dimostra l’orientamento emerso negli ultimi anni.

Tra le sentenze più significative segnaliamo:

-         Cass. Sez. Lavoro n. 475 - 19/1/99: Richiesta da parte dell’azienda di quotidiane visite di controllo sul lavoratore assente per stato ansioso depressivo;

-         Cass. Sez. Lavoro n. 12339 - 5/11/99: Risarcimento del danno per infarto miocardico causato da dequalificazione professionale;

-         Trib. Torino, Sez. Lavoro I grado - 16/11/99: Risarcimento del danno biologico da “mobbing”;

-         Trib. Milano, Sez. Lavoro II grado -  26/11/99: Tutela in via d’urgenza della professionalità del giornalista emarginato dall’attività lavorativa;

-         Cass. Sez. Lavoro n. 1205 -  29/1/01: Lo “stress da non lavoro” per demansionamento può causare una sindrome depressiva.

È di questi giorni la sentenza - emessa dal Tribunale di Forlì - favorevole a un bancario che aveva accusato di mobbing la Banca Nazionale dell’Agricoltura (oggi Antonveneta), e che ha ottenuto il risarcimento del danno biologico, 70 milioni di lire, e il reintegro nel posto di lavoro con le mansioni svolte all'origine.

 

PER MAGGIORI DETTAGLI

Chi volesse leggere integralmente le sentenze o documentarsi meglio,  potrà consultare la sezione lavoro del sito “Legge e Giustizia”, all’indirizzo Internet http://www.legge-e-giustizia.it/fattoediritto.htm, ovvero accedere al sito “La punta dell’Iceberg”: http://members.xoom.it/icebergpunta/index.html. Interessante anche il sito “Mobby”: http://www.mobby2000.freeweb.supereva.it/pr03.htm?.p.

 

CHI AIUTA LE VITTIME

Il mobbing in quanto fenomeno e malattia di grande rilevanza sociale  (in Paesi come la Svezia, la Francia, la Germania, la Svizzera ha già trovato ampie tutele giuridico-sanitarie e sindacali) ha visto sorgere anche in Italia, da un paio d’anni a questa parte, alcuni centri di sostegno, diversamente attrezzati per fornire consulenza legale e aiuto psicologico a chi ne avesse bisogno.

Tra essi segnaliamo: 

-         MIMA (“Movimento Italiano Mobbizzati Associati”), con sede a Roma (Via F.  Meda, 169; tel . 06/4510843);

-         Centro per la Prevenzione, Diagnosi, Cura e Riabilitazione del Disadattamento Lavorativo, presso Clinica del Lavoro “L. Devoto” di Milano (Via San Barnaba 8; tel. 02/57992644);

-         Centro per il Disadattamento Lavorativo,  presso Ospedale Santo Spirito di Roma (per informazioni. rivolgersi all’ISPESL, tel. 06/44280390);

-         PRIMA, associazione contro mobbing e stress psicosociale,  con sede a Bologna (Via Tolmino, 14; tel.. 051/6148919);

-         Osservatorio Nazionale Mobbing-Bossing, presso Associazione “Ermes”, con sede a Roma (Via A. Poliziano, 8; tel. 06/48906227);

-         Centro Nazionale Antimobbing, nato a Catania su iniziativa del Codacons e dell’Adusbef (Via Firenze, 70; tel. 095/370437);

-         Gruppo di auto-aiuto “Mobby” (tel. 0330/473380), operante a Milano.

 

Sportelli sul mobbing  risultano aperti anche a Torino e a Napoli. Informazioni su medici e legali esperti  sono reperibili al citato sito de “La Punta dell’Iceberg”, prima associazione fondata da vittime del mobbing  che opera solo su Internet.