La Voce dei Bancari anno LIV – N.1/2002
Il regime dei
licenziamenti individuali nei principali paesi dell’Unione Europea: Germania,
Francia, Spagna e Gran Bretagna.
Ovunque la tutela contro i licenziamenti individuali illegittimi scinde il mercato del lavoro in due aree, una protetta e una non protetta, o protetta in modo più tenue.
La linea di demarcazione tra le citate aree è costituita, dappertutto, dalle dimensioni aziendali in termini di lavoratori occupati, anche se vanno prendendo piede altri criteri.
Di seguito verranno esaminati i regimi di: Germania,
Francia, Spagna e Gran Bretagna.
Il sistema tedesco si basa sulla legge e sulla
giurisprudenza delle Corti del lavoro. Questo regime è stato trasferito anche
alla Germania dell’EST dopo la riunificazione.
In sintesi la tutela contro il licenziamento è
attribuita in modo esclusivo al controllo giurisdizionale delle Corti del
lavoro. Nel caso in cui la legittimità del licenziamento risulti controversa le
Corti hanno il potere di stabilire se la risoluzione del rapporto sia giustificata o meno.
La più importante forma di licenziamento è il recesso
ordinario, vale a dire il licenziamento con preavviso.
La prima legge di tutela contro il licenziamento
illegittimo risale al 1951 ed ha introdotto l’obbligo di motivazione a carico
del datore e il diritto per il lavoratore di impugnare la legittimità della
motivazione davanti alle Corti del Lavoro. Ma questo può avvenire soltanto se
il datore di lavoro occupa più di sei dipendenti e se il rapporto di lavoro ha
avuto una durata superiore ai sei mesi.
Se non ricorrono queste condizioni opera il regime di
libertà di recesso con obbligo del preavviso.
La legge enumera tre cause di
giustificazione del licenziamento:
-
ragioni concernenti la
persona del lavoratore;
-
ragioni concernenti la
condotta del lavoratore;
-
ragioni economiche
(ossia licenziamento collettivo).
Non vi è l’obbligo di forma scritta del licenziamento.
Pertanto un licenziamento orale è considerato valido, anche se di fatto poco
usato, perché sul datore grava l’onere di provare che il licenziamento sia
effettivamente avvenuto.
Se il lavoratore ritiene il suo licenziamento
ingiustificato (socialmente non autorizzato) può presentare ricorso alla Corte
del lavoro entro tre settimane dal licenziamento. Tale termine è
perentorio.
Il datore di lavoro, in caso di contestazione
giudiziale, ha l’obbligo di provare che il licenziamento é giustificato per una
delle cause legislativamente previste.
Durante il processo il rapporto di lavoro viene
sospeso, a meno che non vi sia il parere contrario del consiglio d’azienda. In
caso di sospensione, comunque, il lavoratore viene considerato disoccupato,
potendo pertanto usufruire dei sussidi di disoccupazione.
In seguito, se l’azione termina con una decisione in
suo favore, il rapporto di lavoro viene ripristinato senza alcuna interruzione
e il datore è tenuto a corrispondergli la retribuzione per il passato.
Non esiste la possibilità per i giudici di emettere
una sentenza che risolva il rapporto di lavoro assegnando al lavoratore una
indennità. La logica del sistema è quella del tutto o niente.
Soltanto nel caso in cui la Corte si sia pronunciata
in favore del licenziato, questi può richiedere la risoluzione del rapporto se
la continuazione dello stesso è irragonevole. In questa ipotesi il giudice può
disporre che il datore paghi un’indennità risarcitoria variabile a seconda
dell’anzianità, fino ad un massimo di diciotto mensilità di retribuzione.
Il licenziamento senza preavviso è regolato dal codice
civile e riguarda il caso in cui il datore di lavoro possa dimostrare
“importanti ragioni” ostative alla prosecuzione del rapporto. Entro due
settimane dal momento in cui il datore è venuto a conoscenza del comportamento
posto in essere dal lavoratore integrante la giusta causa di recesso deve essere
intimato il licenziamento: trascorso tale termine la ragione del licenziamento
non sarebbe più considerata talmente importante da giustificare la mancanza di
preavviso.
Per il lavoratore un licenziamento in tronco comporta
non solo la perdita immediata del posto di lavoro ma anche la perdita dei
benefici di disoccupazione.
*
In conclusione, si osserva come il regime legale
tedesco sia sufficientemente protettivo ed abbastanza simile - sul piano delle
conseguenze - a quello italiano, giacché prevede un sistema analogo alla
reintegrazione nel posto di lavoro.
La materia dei licenziamenti è fondamentalmente
regolata da due leggi degli anni ’70: la prima è la legge del 13 luglio 1973,
che impone all’imprenditore di seguire una certa procedura qualora voglia
effettuare un licenziamento individuale e che, nel contempo, subordina la
validità dello stesso all’esistenza di una “causa reale e seria”; la seconda è
quella del 3 gennaio 1975, che introduce disposizioni particolari per il
licenziamento determinato da motivi economici (ovvero licenziamento
collettivo).
Le linee essenziali della disciplina in esame devono
essere ricercate: a) nella necessità che sussista una causa reale e seria, la
quale deve essere enunciata prima che il licenziamento si concretizzi; b) nello
sforzo volto a ricercare alternative ai licenziamenti collettivi; c) nella
predisposizione di forme di risarcimento economico per i lavoratori licenziati.
Venendo alla disciplina dei licenziamenti individuali,
si osserva come tale forma di recesso debba essere sorretto da un motivo lecito
(causa reale e seria) e deve seguire una “procedura privata” di tipo “non
contenzioso” che permetta al lavoratore, a fronte di una contestazione, di
fornire le sue giustificazioni.
Se nonostante l’incontro tra le parti il datore di
lavoro resta del parere di effettuare il licenziamento deve darne comunicazione
per raccomandata al lavoratore, lasciando trascorrere almeno un giorno tra il
colloquio e l’invio dell’atto di licenziamento. In difetto di uno degli
elementi essenziali della procedura il licenziamento diviene viziato, ma ciò
non impedisce l’effetto risolutivo del
rapporto di lavoro.
Quanto alle conseguenze, si rileva che se il
licenziamento risulta ingiustificato il giudice può proporre alle parti di
ripristinare il rapporto di lavoro. Se queste ultime non accettano, il datore
di lavoro è obbligato a versare al lavoratore una indennità determinata dal
giudice in misura non inferiore a sei mensilità di retribuzione.
Si parla poi di licenziamento “abusivo” quando sia
ravvisabile un vizio dell’atto di licenziamento indipendente dal motivo reale e
serio che lo accompagna. L’abuso si realizza quando le modalità con cui viene
realizzato siano tali da integrare brutalità, precipitazione e leggerezza tanto
da concretizzare un vero e proprio abuso; se viene causato un danno al
lavoratore, questi avrà diritto ad una specifica riparazione oltre
all’eventuale pagamento dell’indennità di licenziamento.
Siamo di fronte ad un licenziamento illecito quando
questo viene intimato in ragione di una delle circostanze vietate dalla legge o
per reazione all’esercizio di un diritto o di una libertà. Infatti il codice
civile dispone che nessun lavoratore può essere sanzionato e tantomeno
licenziato per le sue origini, il suo sesso, i suoi costumi, la sua situazione
familiare, l’appartenenza ad una data etnia, nazione o razza, le opinioni
politiche, le convinzioni religiose, l’attività sindacale, l’esercizio normale
del diritto di sciopero, lo stato di salute o l’handicap (salvo, in queste
ultime due ipotesi, il caso di inidoneità all’effettuazione della prestazione).
A ciò è stata aggiunta, da una legge del 1992, il
licenziamento motivato dal rifiuto del dipendente di accettare profferte
sessuali da parte del datore di lavoro.
Se un licenziamento viene intimato per uno dei motivi
sopra elencati è da ritenersi nullo e di conseguenza non è idoneo a produrre
l’effetto risolutivo del rapporto di lavoro.
*
In conclusione, la normativa francese si discosta da quella italiana ammettendo in via generale una tutela meramente economica in caso di licenziamento illegittimo, e riservando la tutela reintegratoria alle sole ipotesi di discriminazione.
Il licenziamento come semplice causa di estinzione del
rapporto di lavoro deve ritenersi una figura astratta, poiché nella realtà
viene utilizzata la figura del licenziamento disciplinare, che rimane
l’unica ipotesi concreta di recesso dal rapporto per volontà unilaterale del
datore di lavoro.
La caratteristica strutturale del licenziamento viene
individuata nella causalità dell’atto unilaterale dell’imprenditore.
L’ordinamento spagnolo non ha mai conosciuto la figura
del licenziamento ad nutum , essendo vincolante per il datore di lavoro
l’obbligo di esplicitare i motivi giustificativi del recesso.
Il licenziamento disciplinare può essere definito come
la risoluzione unilaterale del contratto di lavoro per decisione del datore di
lavoro determinata da un grave inadempimento del lavoratore. L’art. 54 dell’Estatuto
de los Trabajadores elenca le seguenti cause estintive:
-
assenze ripetute ed
ingiustificate;
-
violazione degli
obblighi di disciplina e obbedienza;
-
offese nei confronti del
datore di lavoro, dei suoi familiari o di altri colleghi;
-
violazione degli
obblighi di buona fede e correttezza;
-
scarso rendimento;
-
stato abituale di
ubriachezza o di tossicodipendenza.
In sintesi la peculiarità del licenziamento
disciplinare consiste nella lesione grave di quell’elemento fiduciario, tipico
del lavoro subordinato, da cui consegue l’impossibilità della prosecuzione del
rapporto.
Altre ipotesi di recesso sono poi indicate dall’art.
52 E.T., che prevede determinati casi tassativi:
-
l’impossibilità
sopravvenuta di svolgere normalmente l’attività lavorativa;
-
sopravvenuta inidoneità
del lavoratore determinata da ristrutturazione aziendale;
-
necessità di sopprimere
un determinato posto di lavoro, in imprese con meno di 50 dipendenti,
-
assenze superiori al 20%
delle giornate lavorative in due mesi consecutivi, o altrimenti, al 25% delle
presenze su quattro mesi non consecutivi calcolati nell’anno, se l’indice di
assenteismo dell’unità produttiva supera il 5% negli stessi periodi di tempo.
Il verificarsi di tali presupposti non comporta
affatto l’automatica estinzione del rapporto, ma questa è subordinata ad un
esplicito atto di volontà del datore.
La conseguenza del licenziamento ingiustificato è
costituita dalla reintegrazione oppure – su scelta del datore di lavoro – dal
pagamento di una indennità determinata in vario modo dal giudice.
Diversa è la disciplina per il licenziamento del
rappresentante sindacale: in questo caso il datore di lavoro è tenuto alla
reintegrazione del lavoratore in azienda non potendo sostituire il
licenziamento con l’indennità.
*
In conclusione, il regime spagnolo, pur presentando importanti elementi di affinità con il sistema italiano risulta nel complesso meno protettivo di quest’ultimo, prevedendo l’obbligatorietà del regime reintegratorio solo ed esclusivamente come tutela contro la discriminazione.
I principali obiettivi perseguiti dall’ordinamento britannico nel campo giuslavoristico sono stati l’indebolimento delle organizzazioni sindacali e la “deregolazione” del mercato.
Anzitutto vi sono categorie di lavoratori esclusi
dalla specifica tutela dell’E.P.C.A
(Employment Protection Consolidation Act) verso i quali trova
applicazione residua la disciplina del Common Law. Si tratta – in linea generale
– dei lavoratori con meno di due anni di anzianità, salvo che non si tratti di
licenziamento intervenuto per ragioni sindacali, oppure di lavoratori che hanno
raggiunto la normale età per il pensionamento.
Vengono ancora esclusi dalla tutela coloro che
lavorano ordinariamente fuori dalla G.B., i lavoratori con contratto a termine,
purché questo sia stato stipulato prima del 28 febbraio 1972, oppure, se
successivo a tale data ma di durata pari ad almeno un anno, nel caso in cui il
lavoratore, prima della scadenza del termine, abbia rinunciato per iscritto ad
ogni tutela contro il licenziamento illegittimo.
Altri soggetti non beneficiari della tutela sono
quelli che lavorano presso le navi da pesca quando la remunerazione consista in
una partecipazione agli utili e i lavoratori che prestano servizio in polizia.
Se part-time sono ammessi alla tutela solo se prestano servizio
almeno per 16 ore la settimana o otto ore, dopo 5 anni di servizio.
Tutti questi rapporti lavoro sono sottoposti – come
anticipato – al regime di Common Law. Tale regime è fondato sul principio della
libera determinazione dei contenuti contrattuali, per cui il datore può
licenziare il lavoratore per qualsiasi ragione, o anche senza alcuna ragione,
con il solo limite del preavviso, che viene meno in caso di grave inadempimento
del prestatore.
Diversamente, secondo il regime previsto
dall’E.P.C.A., il datore di lavoro è tenuto a dare un preavviso, oppure a
pagare una indennità sostitutiva ed a motivare il licenziamento su richiesta
del lavoratore.
L’E.P.C.A. stabilisce anche quali sono le cause
secondo cui può avvenire un licenziamento:
-
venire meno delle
capacità o dei titoli del lavoratore in ordine allo svolgimento del lavoro per
cui è stato assunto;
-
condotta del lavoratore;
-
eccedenza di personale;
-
impossibilità di
continuare il lavoro senza che il datore, o lo stesso lavoratore, contravvenga
ad una disposizione di legge;
-
altre ragioni
sostanziali.
L’onere di provare che il licenziamento sia avvenuto
per uno di questi motivi grava sul datore.
I rimedi contro i licenziamenti illegittimi sono due
forme di re-employment, ovvero reinstatement
o re-engagement e, in alternativa, un award compensation. In
sostanza il reinstatemnt consente al lavoratore di essere reinserito
nello stesso impiego già svolto prima del licenziamento, mentre il re-engagemnent
gli garantisce il reimpiego in un lavoro equivalente a quello svolto prima
del licenziamento. Nell’uno e nell’altro caso, quando l’ordine giudiziale non
venga eseguito dal datore di lavoro, il Tribunale prevederà un award
compensation.
*
In conclusione il regime anglosassone risulta meno protettivo di quello italiano, giacché riduce la tutela per i licenziamenti ingiustificati ad una mera garanzia di carattere economico.
Italia |
Nelle imprese fino a 15 dipendenti: pagamento di una indennità oppure la riassunzione a scelta del datore di lavoro. |
Nelle imprese occupanti più di 15 dipendenti: la reintegrazione nel posto di lavoro. A scelta del lavoratore può esservi l’indennità in alternativa della reintegrazione. |
Francia |
Il giudice liquida un’indennità se le parti non accettano la reintegrazione. |
Nel caso di licenziamento discriminatorio: la reintegrazione nel posto di lavoro. |
Spagna |
Il giudice liquida una indennità se il datore di lavoro non accetta la reintegrazione. |
Nel caso di licenziamento discriminatorio: la reintegrazione. |
Germania |
A scelta del lavoratore sussiste il diritto ad un’indennità risarcitoria se la continuazione del rapporto di lavoro è considerata irragionevole |
In caso di licenziamento illegittimo: la reintegrazione. |
Gran Bretagna |
A scelta del datore di lavoro l’indennità può sostituire la reintegrazione. |
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