Consumi e Simboli
di Domenico Secondulfo
Docente di Sociologia Generale e di Sociologia
dei Processi Culturali - Università di Verona

 

Con la stagnazione economica, un eufemismo per non dire recessione, torna puntualmente alla ribalta il tema della scarsa collaborazione (fiducia) dei consumatori al risollevare le patrie sorti. Tutti sono concordi nel dire che bisogna stimolare il consumo, dopo aver osservato, con scandalo, che se mai le famiglie italiane, nonostante i rincari e la precarizzazione del lavoro, riescono a risparmiare qualche soldo, anziché consumarlo lo risparmiano. Infidi traditori !! Anziché gettarsi con felice leggerezza sui saldi, sui vestitini nuovi, sulle auto e su tutto il ciarpame dei beni di largo consumo, questi traditori si tengono quei pochi spiccioli che gli permettiamo di risparmiare, un vero tradimento ! Simpatico che a nessuno venga in mente che il consumatore non è un bimbo scemo, onnivoro e bulimico, assatanato compratore di qualsiasi cosa gli si pari dinanzi. E che quando si precarizza il lavoro dei giovani, si assottigliano le pensioni dei vecchi, si ristrutturano le aziende a colpi di licenziamenti, si sta segando il ramo su cui si è seduti, altro che mancanza di fiducia, io lo chiamerei realistico allarme. E’ veramente incredibile che industriali, distributori e governanti pensino che tutti noi, quando, spesso durante le notti di luna piena, ci trasformiamo in consumatori, abbandoniamo automaticamente il nostro raziocinio, la nostra serietà, il nostro impegno ed i nostri problemi, per correre come falene lobotomizzate incontro alle fulgide luci delle vetrine, abbandonando previsionalità economica, ragione e buon senso. Questo è il loro sogno, che ogni giorno cercano di realizzare, ma noi non ci stiamo più. L’idea che il consumatore stia diventando adulto, e che desideri essere preso sul serio come interlocutore non sfiora neppure per un attimo sia i venditori, e posso capirlo, sia i governanti, e questo lo capisco meno. Anziché sprecare soldi in discutibili spot in cui tutti ti ringraziano per aver comperato una mela, dove sono i controlli e le sicurezze sui beni acquistati ?? Questo è il linguaggio che si aspetta il consumatore. Un mercato trasparente in cui si sappiano i contenuti di ciò che si acquista, in cui si sia garantiti (con una legge che funzioni) rispetto alle frodi e agli imbrogli, la trasparenza sulla filiera dei vari prodotti e sulla provenienza delle materie prime, spesso soggette a miracolose trasformazioni durante i viaggi che le portano in Italia, come spesso accade all’olio, che parte lampante da qualche porto del nord africa ed arriva miracolosamente d’oliva nei nostri porti (indagine di “Report” di un paio di anni fa). Il gregge sta alzando la testa, complice la crisi economica ci si sta forse rendendo conto di aver finanziato con i nostri soldi un sistema produttivo e distributivo malato e truffaldino, cinico e menzognero. E la soluzione quale dovrebbe essere ? Il sonno della ragione? Fanno sorridere gli incentivi al consumo che di tanto in tanto vengono creativamente inventati dai vari governi, mirati naturalmente a permettere alle aziende in crisi di liberarsi delle scorte e mai mirati sulle esigenze delle famiglie, alle quali si cerca di vendere, con piccoli sconti, beni già obsoleti, come è accaduto qualche anno fa con gli incentivi alla rottamazione delle auto, un provvedimento immediatamente seguito dalla immissione sul mercato di una nuova generazione di autovetture tecnologicamente superiori a quelle appena vendute. Come si riconquista la fiducia del consumatore? Con la trasparenza ed i controlli sulle filiere alimentari, per esempio, con le sanzioni contro le pratiche ingannevoli, con una gestione dell’economia che dia meno l’impressione di vivere con l’acqua alla gola e dia qualche prospettiva credibile di futuro. Con una minore precarizzazione del mondo del lavoro, che permetta ai giovani di programmarsi un futuro credibile uscendo dall’adolescenza obbligata dei lavori precari. Evitando di dare l’impressione di volersi disfare di chi ha partecipato con una vita di lavoro, come si diceva un tempo, a costruire la ricchezza di cui ora godiamo. Accettando il fatto che i consumatori sono interlocutori e non pecore da tosare. Il moltiplicarsi delle azioni contro gli imbrogli, grazie all’azione delle associazioni dei consumatori, ed il moltiplicarsi delle adesioni ai “buy nothing day” probabilmente è stato visto come un fastidio o un problema e non come uno stimolo, un segnale di cambiamento, con la usuale inerzia di chi è abituato ad agire manipolando e mal sopporta l’ingresso delle sue pecorelle nell’età della ragione. La fiducia è un capitale lento da costruire e veloce da dissipare, direi che dopo anni di ingiurie i consumatori (ma sarebbe meglio parlare di cittadini a questo punto) di fiducia ne abbiano avuta molta, moltissima, ed averla frustrata, aver leso quel patrimonio di disponibilità sia un’imperdonabile delitto operato da chi produce e distribuisce e da chi dovrebbe vigilare e sostenere. Certo mi ripeto, ma è persino sconfortante che, anche questa volta come in occasione degli incentivi alla rottamazione delle auto di alcuni anni fa, a nessuno sia venuto in mente di cogliere l’occasione per spingere all’acquisto di beni meno inquinanti, e se questa ultima estate è stata la più calda degli ultimi cento anni lo è soltanto perché ancora non abbiamo assaggiato la prossima. Ed anche le mitiche “feste natalizie”, seppure spinte non soltanto dalle tredicesime ma anche dall'umano desiderio di qualche gratificazione che addolcisca la cupezza di questi tempi, non sono riuscite a compiere il miracolo, avere riportato il consumatore dal cielo di Peter Pan alla terra del neoliberalismo ha provocato una trasmutazione ormai irreversibile. E se il denaro continua ad affluire nelle tasche di una parte dei lavoratori autonomi, il ramo è ormai intaccato: il grande esercito della classe media terziaria e garantita, motore dell'euforia consumistica degli anni '80 e '90 è ormai allo sbando, se è vero, come certe agenzie di studi economici affermano, che il reddito reale percepito dagli impiegati si è assottigliato in un paio di anni del 13-15%, questo non può che aver intaccato pesantemente quella fiducia nel futuro che è il principale motore della propensione al consumo, ancora più del reddito effettivo. Mala tempora ? Forse non del tutto, come ho già detto altre volte, credo che una selezione delle cattive aziende presenti sul mercato, ad opera di una restrizione del volume dei consumi e soprattutto di una maggiore attenzione e consapevolezza di scelta da parte dei consumatori, non possa che essere salutare al sistema economico, alla sua competitività e, soprattutto, infine, agli stessi consumatori. •