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Riducono
l'uomo in cenere si diceva un tempo, mentre, a quanto pare,
stanno diventando una accoppiata sempre più frequente man mano
che prosegue la parità dei sessi e l'introduzione delle donne in
mondi precedentemente riservati agli uomini. A quanto pare, non solo,
come avevamo già detto in una nostra conversazione precedente,
aumenta il numero delle donne fumatrici mentre diminuisce quello degli
uomini, il che significa che ci sono sempre più giovani donne fumatrici
mentre tra gli uomini i fumatori sono soprattutto maturi ed anziani, ma
anche Bacco allarga le sue ali su ambedue le parti del cielo. Se un tempo
il fenomeno dell'alcolismo femminile era soprattutto legato al cosiddetto
"alcolismo della casalinga", un fenomeno abbastanza diffuso
ma eccezionale dal punto di vista delle abitudini condivise dal gentil
sesso, attualmente le statistiche indicano un deciso aumento dell'utilizzo
di alcol da parte delle donne, soprattutto delle giovani donne. A fronte
di una diminuzione generale del consumo di alcol pro capite, tra il 1980
e il 2000, del 25%, l'andamento tra i giovani, ed in particolare tra le
giovani, è in clamorosa contro tendenza: in generale mentre il
numero di maschi che consuma bevande alcoliche fuori pasto è risultato
invariato, quello delle donne ha mostrato un aumento del 22%, ma è
tra i più giovani che gli incrementi sono stati maggiori, tra i
14 ed i 24 anni, se tra il 1995 e il 2000, i bevitori fuori pasto sono
complessivamente raddoppiati, nello stesso periodo le ragazze che assumono
alcolici fuori pasto sono aumentate delle 150% e se ci focalizziamo sulla
fascia di età tra i 14 ed i 17 anni, le ragazze consumatrici di
alcol sono aumentate del 104%. È quindi in questa fascia di età,
ed in particolare nelle donne, che si concentra l'aumento più eclatante,
reso ancora più vistoso dal fatto che, al contrario, nella popolazione
in generale questi consumi sono in netto calo. Ma non è soltanto
il quantitativo di alcol consumato a destare qualche preoccupazione, anche
il tipo di cultura che accompagna questo consumo si è modificata
probabilmente in peggio. Si è passati infatti da un consumo soprattutto
maschile, moderato anche se continuo, orientato al vino e all'uso durante
i pasti, secondo un modello che possiamo chiamare "Mediterraneo",
ad una cultura che invece predilige il consumo separato dai pasti, eseguito
in gruppo ed orientato all'eccesso, all’ubriacarsi, secondo il modello
del "binge drinking" o, per restare a casa nostra, dello sballo.
Ancora una volta, a quanto pare, il cammino dell'uguaglianza prevede soprattutto
l'assorbimento dei tratti peggiori dell'altra parte. È carino notare
che si tratta di quei consumi ostentativi e sostenitivi dell'immagine
maschile, quelli cui era affidata la baldanza richiesta ai maschi dai
vecchi stereotipi sessuali e che ora, a quanto pare, viene richiesta anche
alle femmine. Se il precedente alcolismo della casalinga, tuttora comunque
diffuso, richiamava alla mente soprattutto
storie di solitudine ed insoddisfazione, non si può certo chiamare
in causa lo stesso meccanismo per un consumo di alcol di tipo decisamente
maschile, legato cioè alla relazionalità ed ai luoghi pubblici,
al gruppo ed allo stare insieme. Non quindi un consumo ripiegato su se
stesso, isolato nascosto, ma un consumo che deve sostenere la presenza
in pubblico e la relazione con l'altro. Modello maschile, probabilmente,
in senso molto forte, se è vero che le donne sono meno resistenti
all'alcol (al progressivo avvelenamento da alcol che noi chiamiamo simpaticamente
"sbronza") per via di un certo enzima che i maschi avrebbero
in forma più robusta rispetto le femmine. Se è vero che
gli enzimi si formano anche per una storica abitudine alla sostanza che
devono trattare per conto dell'organismo, come accade per l'enzima del
latte che addirittura tende a scomparire se si sospende abbastanza lungo
il consumo di questo alimento, e sembra abbastanza chiaro che questo sia
un segnale di una maggiore familiarità storica dei maschi rispetto
alle femmine con questo particolare alimento che è l'alcol. Lo
stereotipo quindi che associa l'alcol alla socialità del consumo
maschile e non a quella femminile è di antica memoria, ed è
quindi particolarmente interessante che l'evoluzione sociale dei rapporti
tra i sessi e dei rapporti tra i sessi e la società dei nostri
tempi stia allargando anche alle femmine questo tipo di particolarità.
Le ragioni credo siano molto variegate, sicuramente la maggiore dipendenza
dal gruppo e dalla "cucciolata", che caratterizza i giovani
dai nostri tempi, intrecciata con la cultura dello sballo come momento
di distacco dalle tensioni e dalla normalità della realtà
quotidiana da un lato, dall'altro il rafforzarsi della restrizione ad
un infinito presente della prospettiva temporale, con il venir meno del
peso di un futuro particolarmente desiderabile che potesse dare senso
ad eventuali frustrazioni del presente, che senza questo senso diventano
assolutamente intollerabili e vanno spazzate via staccandosi, appunto,
dal presente stesso. Ma non solo, se la vita è un infinito presente,
con un lontano e nebuloso futuro, la cosa migliore da fare è godersi
piaceri che la vita ci mette davanti, senza molte preoccupazioni; e questo,
soprattutto per chi molti di questi piaceri li ha dovuti godere di nascosto
o li ha visti godere dagli altri, può anche essere un atto di emancipazione
e libertà. Forse è per questo che buona parte dei "vizi"
maschili entrano sempre di più a far parte degli stili di vita
delle giovani donne. L'alcol, il suo consumo, e la resistenza al suo avvelenamento
sono sempre stati per i maschi un piacere complesso e variegato, non soltanto
un piacere in sé ma anche un piacere per la sfida verso gli altri
ed infine per la regressione collettiva che affratellava nella sbronza
comune. Una volta che gli stereotipi sessuali e le consuetudini sociali
permettono anche alle donne di accedere a questo piacere
è abbastanza umano che se ne approprino, smettendo di dover fingere
disinteresse o rifiuto. Per fortuna i tempi dell'esercito della salvezza
e dell'alcolismo come piaga dei ceti meno fortunati appartengono in larga
parte al passato e, dal mio punto di vista, l'uso della droga nel suo
aspetto di socializzazione è sicuramente preferibile al suo uso
nel suo aspetto di isolamento e regressione individuale. Molto meglio
un gruppo di ragazze alticce che una casalinga davanti alla sua bottiglia.
Detto questo, il consumo di alcol come quello di fumo e di qualsiasi altro
tipo di droga, soprattutto se così pericolosa, non va sicuramente
incoraggiato ed è comunque un campanello d'allarme che suggerisce
difficoltà e malessere in chi ne fa uso. Sotto questo aspetto,
non è tanto il fluttuare dei consumi, anche se un incremento è
comunque preoccupante, quanto la cultura che accompagna i riti di questi
consumi e che, come dicevamo poc'anzi, non soltanto si separa dal cibo
per divenire una autonoma cultura dell'alcol, ma si orienta allo sballo,
al bere per ubriacarsi, al bere non solo per socializzare e regredire
insieme, ma anche per l'oblio, che è certamente la forma sia sociale
che individuale più inquietante di assunzione, che ci ricorda brutalmente
come, al di là del simpatico frizzantino, della birra giovane,
dell'aperitivo alla moda l'alcol, comunque, resti sempre una droga.
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