di Domenico Secondulfo
Docente di Sociologia Generale e di Sociologia dei Processi Culturali
Università di Verona
   
Bacco tabacco e Venere
 
 

Riducono l'uomo in cenere si diceva un tempo, mentre, a quanto pare, stanno diventando una accoppiata sempre più frequente man mano che prosegue la parità dei sessi e l'introduzione delle donne in mondi precedentemente riservati agli uomini. A quanto pare, non solo, come avevamo già detto in una nostra conversazione precedente, aumenta il numero delle donne fumatrici mentre diminuisce quello degli uomini, il che significa che ci sono sempre più giovani donne fumatrici mentre tra gli uomini i fumatori sono soprattutto maturi ed anziani, ma anche Bacco allarga le sue ali su ambedue le parti del cielo. Se un tempo il fenomeno dell'alcolismo femminile era soprattutto legato al cosiddetto "alcolismo della casalinga", un fenomeno abbastanza diffuso ma eccezionale dal punto di vista delle abitudini condivise dal gentil sesso, attualmente le statistiche indicano un deciso aumento dell'utilizzo di alcol da parte delle donne, soprattutto delle giovani donne. A fronte di una diminuzione generale del consumo di alcol pro capite, tra il 1980 e il 2000, del 25%, l'andamento tra i giovani, ed in particolare tra le giovani, è in clamorosa contro tendenza: in generale mentre il numero di maschi che consuma bevande alcoliche fuori pasto è risultato invariato, quello delle donne ha mostrato un aumento del 22%, ma è tra i più giovani che gli incrementi sono stati maggiori, tra i 14 ed i 24 anni, se tra il 1995 e il 2000, i bevitori fuori pasto sono complessivamente raddoppiati, nello stesso periodo le ragazze che assumono alcolici fuori pasto sono aumentate delle 150% e se ci focalizziamo sulla fascia di età tra i 14 ed i 17 anni, le ragazze consumatrici di alcol sono aumentate del 104%. È quindi in questa fascia di età, ed in particolare nelle donne, che si concentra l'aumento più eclatante, reso ancora più vistoso dal fatto che, al contrario, nella popolazione in generale questi consumi sono in netto calo. Ma non è soltanto il quantitativo di alcol consumato a destare qualche preoccupazione, anche il tipo di cultura che accompagna questo consumo si è modificata probabilmente in peggio. Si è passati infatti da un consumo soprattutto maschile, moderato anche se continuo, orientato al vino e all'uso durante i pasti, secondo un modello che possiamo chiamare "Mediterraneo", ad una cultura che invece predilige il consumo separato dai pasti, eseguito in gruppo ed orientato all'eccesso, all’ubriacarsi, secondo il modello del "binge drinking" o, per restare a casa nostra, dello sballo. Ancora una volta, a quanto pare, il cammino dell'uguaglianza prevede soprattutto l'assorbimento dei tratti peggiori dell'altra parte. È carino notare che si tratta di quei consumi ostentativi e sostenitivi dell'immagine maschile, quelli cui era affidata la baldanza richiesta ai maschi dai vecchi stereotipi sessuali e che ora, a quanto pare, viene richiesta anche alle femmine. Se il precedente alcolismo della casalinga, tuttora comunque diffuso, richiamava alla mente soprattutto storie di solitudine ed insoddisfazione, non si può certo chiamare in causa lo stesso meccanismo per un consumo di alcol di tipo decisamente maschile, legato cioè alla relazionalità ed ai luoghi pubblici, al gruppo ed allo stare insieme. Non quindi un consumo ripiegato su se stesso, isolato nascosto, ma un consumo che deve sostenere la presenza in pubblico e la relazione con l'altro. Modello maschile, probabilmente, in senso molto forte, se è vero che le donne sono meno resistenti all'alcol (al progressivo avvelenamento da alcol che noi chiamiamo simpaticamente "sbronza") per via di un certo enzima che i maschi avrebbero in forma più robusta rispetto le femmine. Se è vero che gli enzimi si formano anche per una storica abitudine alla sostanza che devono trattare per conto dell'organismo, come accade per l'enzima del latte che addirittura tende a scomparire se si sospende abbastanza lungo il consumo di questo alimento, e sembra abbastanza chiaro che questo sia un segnale di una maggiore familiarità storica dei maschi rispetto alle femmine con questo particolare alimento che è l'alcol. Lo stereotipo quindi che associa l'alcol alla socialità del consumo maschile e non a quella femminile è di antica memoria, ed è quindi particolarmente interessante che l'evoluzione sociale dei rapporti tra i sessi e dei rapporti tra i sessi e la società dei nostri tempi stia allargando anche alle femmine questo tipo di particolarità. Le ragioni credo siano molto variegate, sicuramente la maggiore dipendenza dal gruppo e dalla "cucciolata", che caratterizza i giovani dai nostri tempi, intrecciata con la cultura dello sballo come momento di distacco dalle tensioni e dalla normalità della realtà quotidiana da un lato, dall'altro il rafforzarsi della restrizione ad un infinito presente della prospettiva temporale, con il venir meno del peso di un futuro particolarmente desiderabile che potesse dare senso ad eventuali frustrazioni del presente, che senza questo senso diventano assolutamente intollerabili e vanno spazzate via staccandosi, appunto, dal presente stesso. Ma non solo, se la vita è un infinito presente, con un lontano e nebuloso futuro, la cosa migliore da fare è godersi piaceri che la vita ci mette davanti, senza molte preoccupazioni; e questo, soprattutto per chi molti di questi piaceri li ha dovuti godere di nascosto o li ha visti godere dagli altri, può anche essere un atto di emancipazione e libertà. Forse è per questo che buona parte dei "vizi" maschili entrano sempre di più a far parte degli stili di vita delle giovani donne. L'alcol, il suo consumo, e la resistenza al suo avvelenamento sono sempre stati per i maschi un piacere complesso e variegato, non soltanto un piacere in sé ma anche un piacere per la sfida verso gli altri ed infine per la regressione collettiva che affratellava nella sbronza comune. Una volta che gli stereotipi sessuali e le consuetudini sociali permettono anche alle donne di accedere a questo piacere è abbastanza umano che se ne approprino, smettendo di dover fingere disinteresse o rifiuto. Per fortuna i tempi dell'esercito della salvezza e dell'alcolismo come piaga dei ceti meno fortunati appartengono in larga parte al passato e, dal mio punto di vista, l'uso della droga nel suo aspetto di socializzazione è sicuramente preferibile al suo uso nel suo aspetto di isolamento e regressione individuale. Molto meglio un gruppo di ragazze alticce che una casalinga davanti alla sua bottiglia. Detto questo, il consumo di alcol come quello di fumo e di qualsiasi altro tipo di droga, soprattutto se così pericolosa, non va sicuramente incoraggiato ed è comunque un campanello d'allarme che suggerisce difficoltà e malessere in chi ne fa uso. Sotto questo aspetto, non è tanto il fluttuare dei consumi, anche se un incremento è comunque preoccupante, quanto la cultura che accompagna i riti di questi consumi e che, come dicevamo poc'anzi, non soltanto si separa dal cibo per divenire una autonoma cultura dell'alcol, ma si orienta allo sballo, al bere per ubriacarsi, al bere non solo per socializzare e regredire insieme, ma anche per l'oblio, che è certamente la forma sia sociale che individuale più inquietante di assunzione, che ci ricorda brutalmente come, al di là del simpatico frizzantino, della birra giovane, dell'aperitivo alla moda l'alcol, comunque, resti sempre una droga.