editoriale        
Gianfranco Amato
La via retta
di
Gianfranco
Amato

    I primi incontri tra le Organizzazioni Sindacali e l'ABI sono dunque iniziati, purtroppo - dobbiamo dire - a tavoli ancora divisi, nonostante le aperture che la nostra Organizzazione aveva offerto dal Congresso in poi.
Com'era ampiamente e facilmente prevedibile ci si è trovati di fronte ad una piattaforma dell'Associazione datoriale, che - e anche questo era agevolmente intuibile - propone un contenimento dei costi ed un aumento della flessibilità: il tutto per essere estremamente sintetici.
Ora, è evidente che il cammino che si prospetta può essere solamente lungo e impervio. Così come, d'altra parte, è sempre stato il percorso di un rinnovo contrattuale.
Ma ogni confronto è figlio del suo tempo, e questo è il tempo di un'economia finanziaria certamente malata: un sistema di vendita di prodotti ad alto rischio - e fino a qui la cosa potrebbe essere "sostenibile" - talvolta, però addirittura ingannevoli.
Abbiamo già detto, in numerose occasioni, che una delle grandi cause è certamente la pressione delle Banche sui dipendenti per indurli a "vendere" il più possibile, ma non vogliamo insistere più di tanto, poiché altre cause vi sono
se la finanza è ancora ben lontana dall'essere etica, come
si vorrebbe da più parti.
A parole, anche da parte aziendale.
Quelle cause sono riconducibili ad un intreccio poco chiaro, e per nulla trasparente, tra Banche e Imprese, tale da favorire, come si è visto, le operazioni più azzardate, fino alla costruzione di truffe colossali.
Se questo è il quadro generale entro cui collocare il rinnovo del contratto, non si può fare altro che tenerne conto, sapendo che le aziende tenteranno di scaricare sui dipendenti le loro difficoltà.
Ma senza rassegnazione, per due ordini di motivi.
Il primo sul versante economico, dove sarà indispensabile raccogliere tutto l'impegno possibile per ottenere il pieno recupero della perdita salariale, unitamente ad una quota di produttività di sistema.
Il secondo sul registro normativo, dove le Banche devono capire
che non possono spingersi più di tanto sul terreno della flessibilità,
se non vogliono veder
comparire il fantasma di una precarietà dura, che sarebbe ingovernabile. Per tutti.