di Sofia Cecconi Consulente Legale Fabi      
Risposte ai quesiti
 
Novità giurisprudenziali
 
  DATI PERSONALI DEL LAVORATORE
E DIRITTO DI ACCESSO

Nel mese di giugno ho constatato con rammarico che il giudizio di sintesi comunicatomi dalla banca presso cui lavoro era peggiorato rispetto ai precedenti. Il capo del personale, informalmente, mi ha fatto sapere che non si trattava di un caso isolato e che, fra l’altro, trovava la cosa alquanto "sorprendente" visto che l’ultima sua valutazione sul mio operato confermava pressoché integralmente quelle positive già elaborate in passato. (...).
Vorrei sapere se è possibile richiedere alla banca – personalmente o tramite un legale – i dati contenuti nel mio fascicolo personale, al fine di valutare la legittimità o meno del giudizio aziendale in questione.

(lettera firmata)

 
 

prima di entrare nel merito della questione è opportuno evidenziare che la contrattazione collettiva nazionale di settore (art. 57 ccnl ABI; art. 66 ccnl FEDERCASSE) prevede la possibilità per il lavoratore di esperire una procedura interna per contestare il giudizio professionale che sia ritenuto dal medesimo non rispondente alla prestazione svolta.
Qualora tale procedimento non produca gli effetti desiderati – cosa peraltro assai frequente, visto che molte aziende attribuiscono un valore formale piuttosto che sostanziale alla procedura descritta dal contratto collettivo – il lavoratore può agire in giudizio per far valere le proprie ragioni (v., ad esempio, per un caso proposto con successo dal lavoratore contro la Banca di Roma, Cassazione 20 giugno 2003, n. 9898). In questa ipotesi, tuttavia, è opportuno verificare in anticipo quei dati personali che hanno condotto il datore di lavoro a formulare il giudizio professionale in questione.
Al riguardo, dal gennaio 2004 esiste una disciplina specifica (artt. 7-10, d.lgs. n. 196/2003) – che sostanzialmente integra ed aggiorna le disposizioni preesistenti in materia (l. n. 675/1996) – la quale si occupa dettagliatamente dei diritti che l’interessato può far valere al fine di attingere ai dati sul suo conto in possesso del datore di lavoro.
La richiesta, in questo caso, può essere rivolta - senza particolari formalità - al titolare o al responsabile del trattamento dei dati presso il datore di lavoro direttamente dall’interessato, oppure dall’incaricato, che può coincidere con lo stesso legale, il quale ovviamente deve allegare l’opportuna delega (art. 8, d.lgs. cit.).
Nel caso di specie, il lavoratore, o il soggetto delegato, potrà richiedere alla banca tutti i dati contenuti nel proprio fascicolo personale e/o tutti quelli dalla stessa utilizzati per formulare il giudizio professionale in contestazione. Tale diritto, proprio con riferimento ai giudizi professionali, era stato già affermato nella vigenza del precedente regime da numerose decisioni del Garante (v. in proposito le decisioni del Garante del 21 giugno 1999, del 18 giugno 2000 e del 29 gennaio 2001, consultabili nella sezione newsletter del sito www.garanteprivacy.it).
Entro quindici giorni dal ricevimento della richiesta, il datore di lavoro deve fornire riscontro (art. 146, comma 2, d.lgs. cit.). In caso di inottemperanza o di diniego è possibile far ricorso al Garante oppure all’Autorità giudiziaria, con conseguenze di carattere amministrativo o penale per il contravventore.
Ad ogni modo, non è detto che il materiale esibito dal datore di lavoro al lavoratore possa di per sé essere utile a dimostrare l’illegittimità del giudizio professionale. Ciononostante, lo stesso può attestare le circostanze che hanno condotto in concreto alla valutazione in contestazione, dando modo all’interessato di confutare il giudizio sia nel merito sia nel metodo.
Si suggerisce pertanto al richiedente, ove non l’avesse già fatto, di procedere alla richiesta nei confronti della banca nei termini sopra indicati.

RILEVANZA DELLE CONDIZIONI PERSONALI E FAMILIARI
IN CASO DI TRASFERIMENTO DEL LAVORATORE

ITribunale di Roma 5 aprile 2004
In caso di trasferimento del lavoratore, l’onere probatorio del datore di lavoro risulta ampliato se sussistono disposizioni collettive che, integrando in senso più favorevole la disciplina dell’art. 2103 cod. civ., - la quale riguarda le sole ragioni tecniche, organizzative e produttive -, assegnano rilievo anche alle condizioni personali e familiari del lavoratore.

(lettera firmata)

NOTA
L'
importante principio di diritto espresso dalla decisione di cui alla massima riportata in epigrafe si colloca nel solco già delineato da una precedente giurisprudenza di legittimità (v. in tal senso Cass., 20 marzo 2000, n. 3287) e di merito (Trib. Catanzaro, 21 giugno 2002 in arch. civ., 2002, 1077) , la quale aveva appunto affermato – la prima con riferimento al trasferimento di un lavoratore del Banco di Napoli e la seconda riguardo al trasferimento di un dipendente della Banca Popolare di Crotone – che la disciplina collettiva che assicuri rilievo anche alle esigenze familiari del lavoratore, costituisce una garanzia ulteriore a favore del dipendente, che, pertanto, non può essere trasferito, pur in presenza delle condizioni obiettive di cui all’art. 2103 c.c., se non previa valutazione delle suddette esigenze.La contrattazione collettiva nazionale del settore bancario prevede che il datore di lavoro in caso di trasferimento debba valutare anche le condizioni personali e di famiglia dell’interessato (artt. 72 e 98 ccnl ABI; art. 61 ccnl FEDERCASSE). Tale decisione viene pertanto segnalata in ragione degli ovvi e fondamentali riflessi che ne possono derivare sul rapporto di lavoro dei lavoratori del sopramenzionato settore.
In altri termini, in base al suesposto orientamento giurisprudenziale, il datore di lavoro, pur in presenza di ragioni obiettive, non può disporre il trasferimento del lavoratore se non dopo avere valutato, alla stregua delle clausole generali di correttezza e buona fede, le condizioni di ordine personale e familiare manifestate dal lavoratore, dovendo preferire, in presenza di situazioni organizzative paritarie, la soluzione meno gravosa per il lavoratore.
In ragione di ciò, pertanto, il dipendente, al momento della comunicazione della località della sua nuova destinazione lavorativa dovrà – se lo ritiene opportuno – confermare ed aggiornare al datore di lavoro le esatte ragioni personali e familiari che ostano al trasferimento, chiedendo al medesimo, ove non l’avesse già fatto, di valutarle in concreto, onde riconsiderare l’opportunità del provvedimento. In ogni caso, il lavoratore potrà richiedere alla banca di specificare, nell’ambito delle motivazioni del provvedimento, le ragioni che hanno determinato il trasferimento pur in presenza delle situazioni personali e familiari ostative.
L’obbligo della preventiva valutazione delle condizioni soggettive in caso di trasferimento involontario, la cui validità viene integralmente confermata dalla recente giurisprudenza, rappresenta dunque un elemento di fondamentale importanza, poiché rende il provvedimento in questione meno arbitrario e maggiormente controllabile dal lavoratore.