|
prima
di entrare nel merito della questione è opportuno evidenziare che
la contrattazione collettiva nazionale di settore (art. 57 ccnl ABI; art.
66 ccnl FEDERCASSE) prevede la possibilità per il lavoratore di
esperire una procedura interna per contestare il giudizio professionale
che sia ritenuto dal medesimo non rispondente alla prestazione svolta.
Qualora tale procedimento non produca gli effetti desiderati – cosa
peraltro assai frequente, visto che molte aziende attribuiscono un valore
formale piuttosto che sostanziale alla procedura descritta dal contratto
collettivo – il lavoratore può agire in giudizio per far
valere le proprie ragioni (v., ad esempio, per un caso proposto con successo
dal lavoratore contro la Banca di Roma, Cassazione 20 giugno 2003, n.
9898). In questa ipotesi, tuttavia, è opportuno verificare in anticipo
quei dati personali che hanno condotto il datore di lavoro a formulare
il giudizio professionale in questione.
Al riguardo, dal gennaio 2004 esiste una disciplina specifica (artt. 7-10,
d.lgs. n. 196/2003) – che sostanzialmente integra ed aggiorna le
disposizioni preesistenti in materia (l. n. 675/1996) – la quale
si occupa dettagliatamente dei diritti che l’interessato può
far valere al fine di attingere ai dati sul suo conto in possesso del
datore di lavoro.
La richiesta, in questo caso, può essere rivolta - senza particolari
formalità - al titolare o al responsabile del trattamento dei dati
presso il datore di lavoro direttamente dall’interessato, oppure
dall’incaricato, che può coincidere con lo stesso legale,
il quale ovviamente deve allegare l’opportuna delega (art. 8, d.lgs.
cit.).
Nel caso di specie, il lavoratore, o il soggetto delegato, potrà
richiedere alla banca tutti i dati contenuti nel proprio fascicolo personale
e/o tutti quelli dalla stessa utilizzati per formulare il giudizio professionale
in contestazione. Tale diritto, proprio con riferimento ai giudizi professionali,
era stato già affermato nella vigenza del precedente regime da
numerose decisioni del Garante (v. in proposito le decisioni del Garante
del 21 giugno 1999, del 18 giugno 2000 e del 29 gennaio 2001, consultabili
nella sezione newsletter del sito www.garanteprivacy.it).
Entro quindici giorni dal ricevimento della richiesta, il datore di lavoro
deve fornire riscontro (art. 146, comma 2, d.lgs. cit.). In caso di inottemperanza
o di diniego è possibile far ricorso al Garante oppure all’Autorità
giudiziaria, con conseguenze di carattere amministrativo o penale per
il contravventore.
Ad ogni modo, non è detto che il materiale esibito dal datore di
lavoro al lavoratore possa di per sé essere utile a dimostrare
l’illegittimità del giudizio professionale. Ciononostante,
lo stesso può attestare le circostanze che hanno condotto in concreto
alla valutazione in contestazione, dando modo all’interessato di
confutare il giudizio sia nel merito sia nel metodo.
Si suggerisce pertanto al richiedente, ove non l’avesse già
fatto, di procedere alla richiesta nei confronti della banca nei termini
sopra indicati.
RILEVANZA DELLE CONDIZIONI
PERSONALI E FAMILIARI
IN CASO DI TRASFERIMENTO DEL
LAVORATORE
ITribunale di Roma 5 aprile 2004
In caso di trasferimento del lavoratore, l’onere probatorio del
datore di lavoro risulta ampliato se sussistono disposizioni collettive
che, integrando in senso più favorevole la disciplina dell’art.
2103 cod. civ., - la quale riguarda le sole ragioni tecniche, organizzative
e produttive -, assegnano rilievo anche alle condizioni personali e familiari
del lavoratore.
(lettera firmata)
NOTA
L'importante principio di diritto espresso dalla decisione di cui
alla massima riportata in epigrafe si colloca nel solco già delineato
da una precedente giurisprudenza di legittimità (v. in tal senso
Cass., 20 marzo 2000, n. 3287) e di merito (Trib. Catanzaro, 21 giugno
2002 in arch. civ., 2002, 1077) , la quale aveva appunto affermato –
la prima con riferimento al trasferimento di un lavoratore del Banco di
Napoli e la seconda riguardo al trasferimento di un dipendente della Banca
Popolare di Crotone – che la disciplina collettiva che assicuri
rilievo anche alle esigenze familiari del lavoratore, costituisce una
garanzia ulteriore a favore del dipendente, che, pertanto, non può
essere trasferito, pur in presenza delle condizioni obiettive di cui all’art.
2103 c.c., se non previa valutazione delle suddette esigenze.La contrattazione
collettiva nazionale del settore bancario prevede che il datore di lavoro
in caso di trasferimento debba valutare anche le condizioni personali
e di famiglia dell’interessato (artt. 72 e 98 ccnl ABI; art. 61
ccnl FEDERCASSE). Tale decisione viene pertanto segnalata in ragione degli
ovvi e fondamentali riflessi che ne possono derivare sul rapporto di lavoro
dei lavoratori del sopramenzionato settore.
In altri termini, in base al suesposto orientamento giurisprudenziale,
il datore di lavoro, pur in presenza di ragioni obiettive, non può
disporre il trasferimento del lavoratore se non dopo avere valutato, alla
stregua delle clausole generali di correttezza e buona fede, le condizioni
di ordine personale e familiare manifestate dal lavoratore, dovendo preferire,
in presenza di situazioni organizzative paritarie, la soluzione meno gravosa
per il lavoratore.
In ragione di ciò, pertanto, il dipendente, al momento della comunicazione
della località della sua nuova destinazione lavorativa dovrà
– se lo ritiene opportuno – confermare ed aggiornare al datore
di lavoro le esatte ragioni personali e familiari che ostano al trasferimento,
chiedendo al medesimo, ove non l’avesse già fatto, di valutarle
in concreto, onde riconsiderare l’opportunità del provvedimento.
In ogni caso, il lavoratore potrà richiedere alla banca di specificare,
nell’ambito delle motivazioni del provvedimento, le ragioni che
hanno determinato il trasferimento pur in presenza delle situazioni personali
e familiari ostative.
L’obbligo della preventiva valutazione delle condizioni soggettive
in caso di trasferimento involontario, la cui validità viene integralmente
confermata dalla recente giurisprudenza, rappresenta dunque un elemento
di fondamentale importanza, poiché rende il provvedimento in questione
meno arbitrario e maggiormente controllabile dal lavoratore.
|
|
|