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Nelle
raffinate strategie di quotidiana costruzione e ricostruzione della nostra
immagine, a vantaggio sia altrui che nostro, il profumo ricopre spesso
una posizione centrale. L’alone di odore che desideriamo sia colto
dagli altri come aura della nostra presenza e che noi, per primi, inaliamo
immaginandoci come vorremmo essere, è uno dei punti di forza del
nostro voler – essere nel mondo. Ed abbiamo ragione. Sia dal punto
di vista fisiologico, poiché è dimostrato che gli odori
vanno a solleticare il cervello nel modo più diretto e intimo,
e ne vanno a solleticare proprio gli strati maggiormente sepolti e primitivi,
legati alle emozioni più intense e profonde. E lo solleticano saltando,
ancora più delle immagini, i registri razionali, provocando emozioni
immediate, profonde e avvolgenti. Sentire nuovamente l’odore delle
matite colorate non ci ricorda soltanto la scuola elementare, la maestra
ed i compagni, ma ce la fa improvvisamente rivivere dal profondo. Sia
dal punto di vista sociale, poiché
l’odore è uno dei meccanismi di riconoscimento sociale più
immediati ed incontestabili, ed avere l’odore giusto significa essere
già oltre la metà del problema, così come averlo
sbagliato costituisce una colpa alla quale è molto difficile rimediare.
E se pensiamo che l’odore è tra i primi segni che percepiamo
di una persona, ancora prima che parli, è chiara la sua importanza
strategica. Mai più quindi ci affideremo, per un problema così
delicato, al nostro odore naturale, così inopportunamente influenzato
dai nostri sbalzi emotivi o dalle sbadatezze alimentari o igieniche che
possono accaderci nella quotidianità, è vitale mascherarsi
e rassicurarsi su questo fronte così delicato e così fuori
dal nostro controllo, ed ecco le due strategie: deodoranti o profumi.
La strategia del deodorante è certamente quella più difensiva
e meno aggressiva, quella, a mio parere, più rispettosa dell’altro,
al quale non tentiamo di inviare messaggi sottili ed artefatti, ma che
invitiamo a valutarci in modo razionale, azzerando il registro più
vicino all’animale che dorme in noi. Quella del profumo invece è
decisamente aggressiva, volendo utilizzare questo livello”basico”di
comunicazione per indirizzare le reazioni dell’altro a nostro favore,
comunicandogli, silenziosamente ma sostanziosamente, qualcosa che siamo
o che vorremmo essere e che immaginiamo lui apprezzi. Non a caso la seduzione
opera con il profumo, la seduzione da deodorante è decisamente
un po’ carente sul piano erotico, almeno come ouverture, non
dimentichiamo che questi segnali operano sì sugli altri ma soprattutto
su noi stessi, come maschere e doppi, ed un profumo seducente ricorda
soprattutto a chi vuole sedurre di comportarsi di conseguenza. Quindi,
se possiamo apprezzare la lealtà di un buon deodorante, certo intriga
molto di più un profumo socialmente acquisito come seducente, che
ci parla chiaro sul modello di relazione atteso. Certo, perché,
come sempre, non nego che un profumo possa essere seduttivo in sé,
per il tipo di aromi e per come agiscono sul cervello, ma credo che, in
linea di massima, un profumo sia deduttivo perché essendo stato
caratterizzato simbolicamente come tale, sappiamo che chi lo usa vuole
apparire tale, ed è questo messaggio, io credo, più che
il profumo in sé, ad essere seduttivo, ma io sono un sociologo
e si sa, per un falegname tutto il mondo è di legno. Non voglio
essere pedante, ma anche il profumo, come tutto, fa parte della cultura
condivisa, che cambia incessantemente: se oggi incontrassimo qualcuno
profumato di zibetto, il profumo erotico per eccellenza del settecento,
forse telefoneremmo all’ufficio di igiene. Ma, appunto, non voglio
essere pedante. Uno degli elementi di maggior fascino del profumo è
senz’altro il suo essere legato al respiro. Possiamo chiudere occhi
ed orecchie finché vogliamo, ma prima o poi dovremo respirare,
e col respiro inalare e mescolarci con gli odori ed i profumi che ci circondano.
E l’atto del respiro è simile a quello del mangiare, infatti
l’aria, come il cibo, non solo ci è indispensabile, ma si
mescola al nostro corpo, ci penetra e ci permea; inalando qualcosa lo
facciamo nostro, ci mescoliamo, volenti o nolenti, a lui. Ben lo sanno
i fautori della profumazione, che saturano la nostra aria con il loro
odore e ci chiamano a sé ineluttabilmente. In questi casi una profonda
inspirazione, magari seguita da un gemito ed un’occhiata potrebbe
essere un ottimo inizio di conversazione. É lo stesso motivo per
cui i fumatori avvolgono in spire di fumo i malcapitati che li hanno vicino,
espansione dell’ego e fusione con l’ambiente; un tempo se
le donne usavano il profumo come intermediario, per gli uomini c’era
il fumo, e l’avversione sociale per le sigarette ha incoraggiato
lo spostamento, anche dei maschi, verso i profumi, schiudendo orizzonti
prima impensabili. Finalmente finisce la monocultura tabaccofila, per
cui persino i profumi, se maschili, dovevano sapere di tabacco, ed anche
per il maschio si aprono i pascoli dell’odore; anche perché,
finché si fuma, si ha un bel da profumarsi che tanto si saprà
sempre di posacenere. Ed eccoci allora prima ai profumi unisex, poi ai
profumi maschili, un bel passo avanti se si pensa che non molti anni fa,
ed in molti posti anche ora, profumarsi era un sicuro segno di scarsa
virilità se non di peggio. Io credo che, tanto per cambiare, uno
dei momenti chiave di questa rivoluzione, della sempre maggiore accettazione
degli aspetti femminili dell’uomo (e di quelli maschili della donna)
sia stato il movimento dei “figli dei fiori” che, negli anni
sessanta ed in risposta alla simbologia, tutto sommato macista, degli
anni ’50, sostituì la brillantina con il patchouli, aura
di quell’India che si riaffacciava, ancora una volta, allo spirito
ed al pensiero dell’occidente. Può un po’ dispiacere
che siano venute meno quelle rassicuranti barriere simboliche tra i sessi,
e che i profumi dolci e speziati possano essere usati dai maschi così
come i profumi freschi ed aspri dalle femmine, ma tutto va insieme, e
stanno anche scomparendo i profumi “per la vita”, così
come scompaiono i lavori “per la vita”. Anche nell’uso
del profumo alle fedeltà, quasi coniugali, con Opium o con Chanel
n. 5, il cui aroma arrivava a caratterizzare inequivocabilmente una persona
e tutto ciò che essa toccava ed usava, si sostituiscono i profumi
per una stagione o per un momento, esperimenti di identità frammentata,
che esprimono soprattutto la tensione tra la ricerca di un centro e il
timore di restarvi chiusi, tensione così costitutiva delle sfaccettate
identità nomadi di questa tarda modernità.
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