di Domenico Secondulfo
Docente di Sociologia Generale e di Sociologia dei Processi Culturali
Università di Verona
   
Profumi
   
   
   
 
 

Nelle raffinate strategie di quotidiana costruzione e ricostruzione della nostra immagine, a vantaggio sia altrui che nostro, il profumo ricopre spesso una posizione centrale. L’alone di odore che desideriamo sia colto dagli altri come aura della nostra presenza e che noi, per primi, inaliamo immaginandoci come vorremmo essere, è uno dei punti di forza del nostro voler – essere nel mondo. Ed abbiamo ragione. Sia dal punto di vista fisiologico, poiché è dimostrato che gli odori vanno a solleticare il cervello nel modo più diretto e intimo, e ne vanno a solleticare proprio gli strati maggiormente sepolti e primitivi, legati alle emozioni più intense e profonde. E lo solleticano saltando, ancora più delle immagini, i registri razionali, provocando emozioni immediate, profonde e avvolgenti. Sentire nuovamente l’odore delle matite colorate non ci ricorda soltanto la scuola elementare, la maestra ed i compagni, ma ce la fa improvvisamente rivivere dal profondo. Sia dal punto di vista sociale, poiché l’odore è uno dei meccanismi di riconoscimento sociale più immediati ed incontestabili, ed avere l’odore giusto significa essere già oltre la metà del problema, così come averlo sbagliato costituisce una colpa alla quale è molto difficile rimediare. E se pensiamo che l’odore è tra i primi segni che percepiamo di una persona, ancora prima che parli, è chiara la sua importanza strategica. Mai più quindi ci affideremo, per un problema così delicato, al nostro odore naturale, così inopportunamente influenzato dai nostri sbalzi emotivi o dalle sbadatezze alimentari o igieniche che possono accaderci nella quotidianità, è vitale mascherarsi e rassicurarsi su questo fronte così delicato e così fuori dal nostro controllo, ed ecco le due strategie: deodoranti o profumi. La strategia del deodorante è certamente quella più difensiva e meno aggressiva, quella, a mio parere, più rispettosa dell’altro, al quale non tentiamo di inviare messaggi sottili ed artefatti, ma che invitiamo a valutarci in modo razionale, azzerando il registro più vicino all’animale che dorme in noi. Quella del profumo invece è decisamente aggressiva, volendo utilizzare questo livello”basico”di comunicazione per indirizzare le reazioni dell’altro a nostro favore, comunicandogli, silenziosamente ma sostanziosamente, qualcosa che siamo o che vorremmo essere e che immaginiamo lui apprezzi. Non a caso la seduzione opera con il profumo, la seduzione da deodorante è decisamente un po’ carente sul piano erotico, almeno come ouverture, non dimentichiamo che questi segnali operano sì sugli altri ma soprattutto su noi stessi, come maschere e doppi, ed un profumo seducente ricorda soprattutto a chi vuole sedurre di comportarsi di conseguenza. Quindi, se possiamo apprezzare la lealtà di un buon deodorante, certo intriga molto di più un profumo socialmente acquisito come seducente, che ci parla chiaro sul modello di relazione atteso. Certo, perché, come sempre, non nego che un profumo possa essere seduttivo in sé, per il tipo di aromi e per come agiscono sul cervello, ma credo che, in linea di massima, un profumo sia deduttivo perché essendo stato caratterizzato simbolicamente come tale, sappiamo che chi lo usa vuole apparire tale, ed è questo messaggio, io credo, più che il profumo in sé, ad essere seduttivo, ma io sono un sociologo e si sa, per un falegname tutto il mondo è di legno. Non voglio essere pedante, ma anche il profumo, come tutto, fa parte della cultura condivisa, che cambia incessantemente: se oggi incontrassimo qualcuno profumato di zibetto, il profumo erotico per eccellenza del settecento, forse telefoneremmo all’ufficio di igiene. Ma, appunto, non voglio essere pedante. Uno degli elementi di maggior fascino del profumo è senz’altro il suo essere legato al respiro. Possiamo chiudere occhi ed orecchie finché vogliamo, ma prima o poi dovremo respirare, e col respiro inalare e mescolarci con gli odori ed i profumi che ci circondano. E l’atto del respiro è simile a quello del mangiare, infatti l’aria, come il cibo, non solo ci è indispensabile, ma si mescola al nostro corpo, ci penetra e ci permea; inalando qualcosa lo facciamo nostro, ci mescoliamo, volenti o nolenti, a lui. Ben lo sanno i fautori della profumazione, che saturano la nostra aria con il loro odore e ci chiamano a sé ineluttabilmente. In questi casi una profonda inspirazione, magari seguita da un gemito ed un’occhiata potrebbe essere un ottimo inizio di conversazione. É lo stesso motivo per cui i fumatori avvolgono in spire di fumo i malcapitati che li hanno vicino, espansione dell’ego e fusione con l’ambiente; un tempo se le donne usavano il profumo come intermediario, per gli uomini c’era il fumo, e l’avversione sociale per le sigarette ha incoraggiato lo spostamento, anche dei maschi, verso i profumi, schiudendo orizzonti prima impensabili. Finalmente finisce la monocultura tabaccofila, per cui persino i profumi, se maschili, dovevano sapere di tabacco, ed anche per il maschio si aprono i pascoli dell’odore; anche perché, finché si fuma, si ha un bel da profumarsi che tanto si saprà sempre di posacenere. Ed eccoci allora prima ai profumi unisex, poi ai profumi maschili, un bel passo avanti se si pensa che non molti anni fa, ed in molti posti anche ora, profumarsi era un sicuro segno di scarsa virilità se non di peggio. Io credo che, tanto per cambiare, uno dei momenti chiave di questa rivoluzione, della sempre maggiore accettazione degli aspetti femminili dell’uomo (e di quelli maschili della donna) sia stato il movimento dei “figli dei fiori” che, negli anni sessanta ed in risposta alla simbologia, tutto sommato macista, degli anni ’50, sostituì la brillantina con il patchouli, aura di quell’India che si riaffacciava, ancora una volta, allo spirito ed al pensiero dell’occidente. Può un po’ dispiacere che siano venute meno quelle rassicuranti barriere simboliche tra i sessi, e che i profumi dolci e speziati possano essere usati dai maschi così come i profumi freschi ed aspri dalle femmine, ma tutto va insieme, e stanno anche scomparendo i profumi “per la vita”, così come scompaiono i lavori “per la vita”. Anche nell’uso del profumo alle fedeltà, quasi coniugali, con Opium o con Chanel n. 5, il cui aroma arrivava a caratterizzare inequivocabilmente una persona e tutto ciò che essa toccava ed usava, si sostituiscono i profumi per una stagione o per un momento, esperimenti di identità frammentata, che esprimono soprattutto la tensione tra la ricerca di un centro e il timore di restarvi chiusi, tensione così costitutiva delle sfaccettate identità nomadi di questa tarda modernità.