Fiducia:
la parola è di moda, persino abusata. Ma che significa “fiducia”
?
Per gli argomenti che qui trattiamo, significa nutrire sicurezza nel
futuro, perché qualcuno risponderà alle nostre attese.
In questi ultimi tempi le attese degli anziani sono state deluse, in quanto
la spesa sociale è stata tagliata, c’è stata una massiccia
caduta del potere d’acquisto delle pensioni, per la maggioranza
delle famiglie la capacità di risparmio è in forte contrazione,
è diffusa un’ansia da carovita che ha prodotto il taglio
dei consumi.
Speravamo nella Riforma dello stato sociale, del sistema previdenziale
e ponevamo fiducia nelle promesse e negli impegni del Governo per una
riduzione della pressione fiscale.
Registriamo, invece, che per varare la Legge sulla riforma delle pensioni
il Governo è ricorso al voto di fiducia, l’unico modo, ha
detto il ministro, per bloccare l’ostruzionismo o forse…
Significativo è stato anche il realismo con il quale il neo ministro
Siniscalco ha distrutto in poche righe la promessa di riduzione delle
tasse: “per ora è impossibile, vanno prima sistemati i conti
pubblici”.
Aspettavamo il recupero del fiscal drag, il ripristino della
tassa di successione, la tassazione delle rendite finanziarie, la fiscalizzazione
degli oneri sociali, il rinnovo dei contratti scaduti: tutto rinviato
a tempi migliori.
Reputiamo inderogabile affrontare il tema delle redistribuzione dei redditi,
che faccia crescere i salari con incrementi almeno pari all’inflazione
effettiva e non a quella prevista.
Anche la salvaguardia del potere d’acquisto delle pensioni - falcidiate
dall’effetto euro, dai continui aumenti dei prezzi, dalla speculazione
di molti e dall’incapacità del Governo ad esercitare una
funzione di controllo, deve trovare il posto che merita nel confronto
tra le parti.
Dare la nostra fiducia, nel senso sopra riportato “di nutrire
sicurezza nel futuro, perché qualcuno risponderà alle
nostre attese”, ci sembra un azzardo.
“Ricordati di diffidare” era il motto di un politico francese,
noi invece desideriamo avere validi motivi per continuare a credere in
una democrazia aperta al dialogo, legata non solo ad un voto di fiducia/cambiale
in bianco, ma ad una convinzione, basata su un confronto rispettoso e
costruttivo tra Governo, Confindustria e Sindacato, capace di porre serie
basi per uscire dalla crisi e costruire un diverso futuro per il Paese,
dove solidarietà e sussidarietà sono pratiche quotidiane.
È
arrivata l’ora di un ritorno in campo, dopo l’epoca dell’emarginazione
per rifiuto del dialogo, di chi vive direttamente, sulla propria pelle,
le crisi industriali e le questioni del lavoro e della previdenza.
Le riforme, per divenire tessuto connettivo del Paese, devono essere soluzioni
condivise e non colpi di maggioranza.
Ne deriva l’esigenza di un’autonomia più ampia da parte
di tutte le forze sociali, un valore fondamentale e irrinunciabile, che
ultimamente sembra essersi offuscato.
La svolta è ancora possibile, le risorse per reagire ci sono, la
volontà per accettare il confronto deve essere trovata, perché
la storia cammina più in fretta dei Governi.
Essa esige risposte adeguate alla situazione economica del Paese, ha già
messo il mondo ricco di fronte a quello povero e nessuno può esimersi
dal guardare al futuro, senza guardare questa realtà.
Da pensionati e da sindacalisti sappiamo aspettare e affrontiamo con realismo
i veri problemi del Paese, rifiutando la retorica del declino, dimostrando
ancora una volta che l’entusiasmo non finisce con i capelli bianchi
e che la giovinezza non sta solo nelle braccia o nelle gambe.
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