di Carlo Franchin, Segretario dell’Esecutivo Nazionale FABIPensionati      
TFR: IRPEF senza speranza?  
 
 
 
 
   

I lavoratori dipendenti che hanno interrotto il rapporto di lavoro a partire dal gennaio 2003, sono stati esclusi dalle novità introdotte dalla Finanziaria 2003 riguardante la revisione delle aliquote IRPEF.
Infatti i benefici derivanti dalle due innovazioni:

  • No tax area (che prevede l’assenza di imposta fino a Euro 7.500,00)
  • Clausola di salvaguardia (che consente di calcolare l’IRPEF con aliquote in vigore al dicembre del 2002, qualora, per effetto dell’applicazione delle nuove norme dovesse risultare incrementato il prelievo fiscale)

non toccano i redditi soggetti a tassazione separata, ciò esclude quindi il TFR, il quale non facendo cumulo con altri redditi percepiti nell’anno, è considerato reddito a tassazione separata.
Si tenga conto che tali innovazioni erano state introdotte per evitare proprio ai redditi più bassi ingiusti incrementi del prelievo fiscale derivanti dalla unificazione della prima aliquota IRPEF dal 18% al 23%.
All’inizio del 2003 Giorgio Benvenuto aveva presentato il PdL 3705 per evitare l’ingiusta penalizzazione per chi chiudeva il rapporto di lavoro a partire dal 2003. Il PdL era approvato dalla Camera con 444 voti a favore su 447 presenti.
Tale testo giace all’attenzione della Commissione Finanze dello Stato ormai da più di un anno e, nel frattempo, i lavoratori continuano a pagare un’aliquota IRPEF ingiusta e ad essere esclusi dalla clausola di salvaguardia.
Ma oggi, purtroppo, le affermazioni del Sottosegretario all’Economia, Daniele Folgora, ci offrono ben poche speranze, poiché a nome del Governo ha dichiarato che, “si dovrà tener conto delle disponibilità di bilancio derivanti dalla stima dell’eventuale conseguente minor gettito”. Il minor incasso per l’erario è stato valutato in 1.056 milioni di Euro.
Per l’impatto che le scelte governative produrranno, si pensi che al problema sono interessati ben 800mila lavoratori.
In considerazione di tutto ciò purtroppo dobbiamo constatare che a pagare continuano ad essere, come sempre, i lavoratori dipendenti ed in questo caso soprattutto i pensionati e gli esodati.
Di fronte a certi fatti, colpisce il disinteresse di gran parte dell’opinione pubblica e il silenzio dei mass media che contribuiscono a far sentire isolata la categoria degli ex lavoratori pensionati ed esodati.
Per loro, non rimane altro che la speranza che, come affermava S. Agostino, ha due volti: lo sdegno ed il coraggio.
In questo caso lo sdegno è per una politica che, tenendo conto della sola legge del mercato, ignora ogni aspetto sociale della gestione della cosa pubblica senza cercare regole capaci di garantire un’economia al servizio della gente.
Serve allora il coraggio di un’iniziativa forte di denuncia e proposta che, se possibile, parta dai lavoratori e dai pensionati della F.A.B.I.
Occorre cominciare dalla base per costruire una nuova società fondata sui principi della solidarietà e la Fabi, anche in questo caso, deve dimostrare di essere un sindacato sempre attento a denunciare ogni sopruso, proponendo in ogni circostanza le proprie idee, proposte e considerazioni.



Il parere dell’esperto
Tassazione sulla liquidazione. La situazione ancora non è risolta !
Il Consulente fiscale del Caaf Fabi Nazionale cerca di far chiarezza sullo spinoso problema dell’aumento “nascosto” della tassazione sulla liquidazione

La revisione delle aliquote Irpef disposta con la Finanziaria 2003, come prima attuazione della riforma fiscale (per le persone fisiche), ha infatti avuto effetti pesanti per i TFR liquidati da gennaio 2003 in poi.
I lavoratori che hanno concluso il rapporto di lavoro in questo periodo non hanno potuto giovarsi di due innovazioni previste dalla riforma: la no-tax area (cioè l'assenza di imposte fino a 7.500 euro) e la clausola di salvaguardia (un meccanismo che tutela i contribuenti e consente di calcolare l'Irpef con le vecchie aliquote in vigore fino a dicembre 2002 se, applicando quelle nuove, il prelievo fiscale aumenta).
Questi due benefici indicati dalla riforma non sono, infatti, previsti per i redditi oggetto di tassazione separata, com’è appunto il TFR, che non va a cumularsi con gli altri redditi percepiti dal contribuente nel corso dell'anno.
La tassazione separata era stata introdotta per evitare aggravi ingiustificati derivanti dalla progressività della aliquote Irpef, ma dopo la revisione delle aliquote Irpef, varata con la legge 289/2002, si è rivelata uno svantaggio.
Con l'aumento della prima aliquota Irpef (che è presa a riferimento per la tassazione separata sul TFR) dal 18% al 23%, tutti i redditi correnti più bassi avrebbero subìto un aumento notevole di prelievo: ciò non è avvenuto perché questo rialzo è stato appunto compensato dall'introduzione della no-tax area, che comunque – come detto - non è applicabile per il TFR. Conseguenza immediata è l’aumento di tassazione sul TFR liquidato dal gennaio 2003.
La Fabi era già intervenuta in tutte le sedi opportune, prima fra tutte la Commissione Lavoro del Senato, ribadendo la necessità di intervenire per aggiustare questa incongruenza. Se, infatti, l’obbiettivo di questa prima parte della riforma fiscale era quello di ridurre le tasse attraverso una revisione e rimodulazione delle aliquote Irpef, in pratica si ottiene, tuttavia, il risultato perverso di aumentare l’imposizione sul TFR.
Avevamo avuto assicurazioni che in breve tempo la situazione si sarebbe risolta e invece, nonostante il 31 luglio 2003 la Camera dei Deputati abbia già approvato all’unanimità un disegno di legge per rivedere questa incongruenza, da più di un anno il testo del provvedimento è “fermo” all'esame della commissione Finanze del Senato.
Dal punto di vista legislativo la soluzione è semplice: è sufficiente estendere l’efficacia della clausola di salvaguardia anche al TFR.
Va sottolineato che la questione interessa ben 800.000 persone di cui l’80 per cento concentrate nel Nord d’Italia. Il Dipartimento delle Politiche Fiscali, pur assicurandoci di avere ben presente la questione, nella sua complessità e delicatezza, e soprattutto che essa non è caduta nel “dimenticatoio della politica”, ha ribadito che ovviamente ogni possibile riequilibro della materia si scontra con la necessità di reperire risorse in bilancio da destinare ai rimborsi e dall’eventuale conseguente minor gettito da quando questa disposizione – finalmente - andrà a regime.

Leonardo Comucci