di Carlo Giorgetti ex Segretario Generale Fabi      

Lutto in tutta la Fabi: è morto Francesco Cerutti
   

Francesco CeruttiUno dei pionieri del sindacalismo in banca se n’è andato in punta di piedi in una fredda giornata di dicembre, dopo una lunga malattia.
Uomo mite, buono, onesto. Poteva essere scambiato per arrendevole da chi non lo conoscesse.
Al contrario era di una fermezza granitica e di una durezza adamantina quando si trattava di difendere i diritti dei lavoratori e di affermare le posizioni del sindacato.
Erano gli anni duri, quelli dei primi passi del movimento in banca ed il confronto con le aziende era fatto soprattutto di lotte e di scontri reali, non solo verbali.
Lui rifuggiva dalle posizioni estreme e seppe tenere testa alle tentazioni di chi voleva portare la Fabi ora a sinistra ora a destra.
Costante Pistocchi, l’uomo simbolo della prima fase della Fabi e del sindacato in banca, lo chiamava affettuosamente “Sant’Agostino”, perché tra i Segretari nazionali era quello che si occupava di scrivere: sempre chino su qualche foglio pieno d’appunti, sempre intento a preparare comunicati, a rivedere bozze di accordi, a stendere proposte da usare in trattativa.
Per tutti gli altri, invece, era “il Barboncino” un nomignolo che gli avevano appiccicato quand’era giovane ed aveva il vezzo di una sottile barbetta, che probabilmente si lasciava crescere per attenuare i tratti troppo dolci del suo viso.
Lavorava sodo, sino a tardi e quando lasciava i locali della Federazione, raggiungeva la trattoria “Il Bersagliere”, vicino a Porta Pia.
“Ordinava immancabilmente una balena” – ci ha svelato Rino Cazzanelli, a cui ci siamo rivolti per avere un suo ricordo – “Nel suo gergo familiare col proprietario del locale, significava ‘una sogliola. Consumava una cena frugale e poi si ritirava subito nella stanza di una alberguccio, lì a due passi”.
Rino Cazzanelli ha diviso con lui l’esperienza di molti anni sia nel Comitato Direttivo Centrale sia in Segreteria Nazionale.
“Circa una decina di anni fa, prima di ammalarsi, Francesco mi chiese di accompagnarlo ad Ascona, dalla Rosina, la vedova di Costante Pistocchi che era ritornata a vivere nella sua casa in Svizzera. Lo andai a prendere alla stazione di Milano e poi, in macchina, proseguimmo per Ascona. Durante il viaggio mi confessò d’aver abbandonato l’idea di scrivere un libro sulla singolare esperienza di un’organizzazione autonoma come la Fabi, nel panorama del sindacalismo italiano. ‘Sono diventato vecchio e la memoria mi fa cilecca’ – mi disse. E mi fece una grande tenerezza nell’ammettere quest’insulto del tempo che passa. Proprio lui che era sempre stato ammirato da tutti per la lucidità del pensiero, per il rigore con cui sapeva esporre fatti e circostanze, per la brillantezza di una mente a cui nulla sfugge”.
Gli occhi di Rino si velano per un attimo di commozione, ma poi riprende il suo ricordo: “Arrivati a destinazione, sfogliammo un libro con le firme di molti fuorusciti, illustri e non, che durante il periodo fascista avevano trovato ospitalità e rifugio nella casa della signora Rosina, il cui padre era convinto mazziniano”.
“Fatico a dividere il suo ricordo da quello di Costante Pistocchi”– conclude Rino Cazzanelli. “Mi sembra che siano sempre stati insieme lui e Francesco e che se ne siano andati insieme, anche se trent’anni hanno separato la fine del loro cammino”.
In pochi hanno accompagnato Francesco Cerutti nell’ultimo viaggio.
Ora riposa per sempre, ma il suo ricordo, insieme con quello di altri “grandi padri” della Fabi resterà nei cuori di ha avuto la fortuna di stargli vicino.
Ora che non c’è più, siamo tutti un po’ più soli.
Ciao, caro Francesco.