![]() |
![]() |
![]() |
|||||||
![]() |
|||||||||
![]() |
|||||||||
![]() |
|||||||||
![]() |
|||||||||
![]() |
|||||||||
di Gianfranco Amato |
|||||||||
Una relativa, maggiore continuità degli incontri con ABI ha permesso di capire meglio il percorso ed il probabile esito del confronto. L'Associazione dei Banchieri ha proseguito, con ostinata pervicacia, in un cammino che aveva idealmente tracciato fin dall'inizio: rendere il rapporto di lavoro sempre più flessibile. In tutti i sensi, normativo, economico, giuridico, e perciò strutturale. Ora, è evidente che l'interesse primario delle Aziende è quello di risparmiare il più possibile sui costi, senza badare più di tanto a rendere migliore il servizio. Tutto questo si ripercuote non solo sui Bancari, ma anche nel rapporto con la clientela, che si aspetta servizi efficienti, forniti attraverso procedure chiare e leggibili. Ma torniamo in un ambito più strettamente sindacale, quello che riguarda da vicino i lavoratori e le loro legittime attese. Una trattativa che già abbiamo definito, in più di un'occasione, anomala è destinata a rimanere anomala e squilibrata fino in fondo, per più di un motivo. Li ricordiamo brevemente. Il primo è quello della divisione dei tavoli sindacali, la quale non può che indebolire il fronte della rappresentanza complessiva dei lavoratori. Il secondo risiede, in modo particolare, nell'atteggiamento di ABI, fin dall'inizio caratterizzato da una certa noncuranza, da un modo di fare svogliato e supponente, comunque orientato ad obiettivi ben precisi. Uno di tipo economico: il pagamento puro e semplice
dell'inflazione; un altro di natura normativa che consiste in una mera
"manutenzione" del contratto già esistente. Questi obiettivi non rispondono alle esigenze
dei lavoratori. |
|
||||||||