
Con l’avvio
della riforma del mercato del lavoro, si sono prodotte profonde innovazioni
nelle modalità di reclutamento, inquadramento e svolgimento del
rapporto di lavoro subordinato.
Per il settore finanziario l’argomento riveste grande attualità,
anche perché è in corso un confronto molto serrato tra le
parti sociali delle categorie interessate per il corretto recepimento,
nei contratti nazionali, delle nuove tipologie di rapporto di lavoro.
Nel
suo intervento iniziale al convegno, il presidente del Centro Studi Desiderato,
Mauro Bossola, ha posto al centro del dibattito il tema dei Contratti
di inserimento e di apprendistato, anche in relazione alle punte polemiche
sul possibile uso delle novità legislative esclusivamente dal punto
di vista del risparmio contributivo che ne potrebbe derivare. Bossola
non ha mancato di sottolineare la necessità di garantire a coloro
che entreranno nel settore finanziario un’adeguata formazione specifica.
In rappresentanza del Governo. sono intervenuti ai lavori l’On.
Roberto Rosso, Sottosegretario del Ministero del Welfare e Roberto Cota,
Sottosegretario al Ministero delle Attività Produttive.
Rosso ha difeso con forza e passione la scelta del Governo di procedere
sul delicato tema della revisione delle norme che regolano l’inserimento
nel mondo del lavoro, sottolineando come la Legge ispirata dal professor
Biagi fosse volta a regolamentare una serie di fattispecie contrattuali
di fatto vigenti in modo disarmonico e poco tutelato, e come essa vada
completata con la già prevista riforma degli ammortizzatori sociali.
Cota ha invece collegato la riforma del mercato del lavoro e quella delle
pensioni, alla più ampia tematica della competitività del
Sistema Paese, sottolineando come il programma di rilancio, che è
in fase di predisposizione da parte della compagine governativa, non possa
prescindere da una riforma strutturale anche del mercato del lavoro, come
più volte auspicato dalla Unione Europea e dal cosiddetto programma
di Lisbona.
La
Prof.ssa Giovanna Pacchiana Parravicini, dell’Università
del Piemonte Orientale, ha sostenuto che la cosiddetta Legge Biagi, “al
di là del giudizio ideologico o politico, è un provvedimento
coraggioso nella sua volontà di affrontare a tutto campo le tematiche
presenti nel mondo del lavoro, anche se non tutte le norme presenti nel
decreto sono adeguatamente correlate, tra di loro e con la normativa previdente”.
Il legislatore non ha affrontato invece il tema della cessazione dei rapporti
di lavoro e delle conseguenze in termini di licenziamento.
La Prof.ssa Pacchiana Parravicini si è soffermata sulle forme di
organizzazione dell’impresa,sull’appalto di lavoro, sul trasferimento
d’azienda e sul di ramo d’azienda ed ha concluso che ci troviamo
di fronte alla massima flessibilità nella forma di organizzazione,
strutturazione e ristrutturazione dell’azienda.
Infine, Pacchiana Parravicini toccando il tema delle tipologie contrattuali
introdotte dalla Legge Biagi, ha illustrato i temi del Lavoro intermittente,
Lavoro ripartito o Job Sharing, Part Time, Apprendistato, di Contratto
di inserimento, soffermandosi in modo particolare sul Lavoro a progetto,
definito come “una delle novità più attese e delle
quali si è maggiormente parlato”.
La Prof.ssa Luciana Guaglianone, dell’Università di Brescia,
ha affrontato il tema dei “Rapporti di lavoro e ruolo della contrattazione”,
chiedendosi fino a che punto le contrattazioni possono ancora condizionare
le scelte ed il potere imprenditoriale consentendo nel contempo la flessibilizzazione
delle regole.
La conclusione è che di fatto si riduce di molto il controllo sindacale
sulla dinamica quantitativa delle singole tipologie di assunzione –in
particolare a tempo determinato- anche se la previsione di legge subordina
“l’individuazione di limiti quantitativi di utilizzazione
della somministrazione a tempo determinato ai contratti collettivi nazionali
di lavoro stipulati da sindacati comparativamente più rappresentativi”.
La Prof.sa Guaglianone ha denunciato nel suo intervento, un complessivo
effetto di indebolimento della tradizionale funzione protettiva della
legge e della contrattazione collettiva.
Secondo l’Avv. Paolo Berti di Torino, la riforma è ancora
in itinere, “sommersa da circolari ministeriali e da decreti additivi,
attuativi e correttivi, che rendono difficile dare un senso compiuto ed
univoco alla importante materia”.
Dopo un attento esame delle norme, l’Avv. Paolo Berti ha riepilogato
l’esperienza ricavata dal “vissuto” afferente il mondo
del credito, con un excursus sull’importanza della formazione e
dell’inserimento dei giovani nel settore produttivo, anche con riferimento
all’accordo interconfederale 11 Febbraio 2004 ed alle prime applicazioni
nel settore.
Egli ha ricordato che la gestione delle risorse umane nelle banche ha
vissuto una
dicotomia sostanziale basata su due differenti valutazioni: una spiccata
esigenza di stabilizzazione di rapporti di lavoro ed una massiccia epurazione
di personale ritenuto in esubero.
I due pilastri della legge sono il Contratto di inserimento ed il Contratto
di apprendistato, “Bisogna però che in settori produttivi
delicati come quello del credito il personale, oggetto di specifica formazione
qualificata, continui ad essere attore principale e non mera comparsa”.
Ad avviso di Berti la risposta della Legge Biagi al deficit della normativa
sul fronte della formazione professionale è stata finora debole,
parziale ed inferiore alle attese.
“L’accordo interconfederale” secondo Berti “ha
sancito l‘impoverimento del salario senza contropartita, con ricadute
evidenti sul piano dei singoli rapporti di lavoro”.
È poi seguita una Tavola Rotonda, alla quale hanno partecipato
Enrico Gavarini, Segretario Nazionale della Fabi, Dante Barban, Segretario
Nazionale F.N.A., Vittorio Cianchi, dell’Associazione Bancaria Italiana,
Massimo Gramazio, dell’Associazione Nazionale Imprese Assicuratrici,
Elisa Castellano, Coordinatore Dipartimento Terziario Reti e Cooperazione
della C.G.I.L. e Silvio De Tommaso, Federcasse e la D.ssa Lucia Macciocu,
Ricercatrice ISPESL.
Il dibattito, moderato con la consueta efficacia dal Dr. Giuseppe Capo,
Presidente della Commissione Informazione del CNEL, ha messo in rilievo
le critiche dei rappresentanti sindacali sul nuovo impianto legislativo
e la preoccupazione per una progressiva precarizzazione dei rapporti di
lavoro; tranciante a questo proposito il giudizio della dirigente della
CGIL, che ha definito, senza mezzi termini, la legge Biagi come una “legge
sbagliata”.
Di parere opposto i rappresentanti delle imprese bancarie ed assicurative
che, con le precisazioni del rappresentante della Federcasse sulle specifiche
del lavoro dipendente del settore, hanno affermato, senza esitazioni,
di voler compiutamente profittare delle nuove opportunità di flessibilità
in entrata offerte dai nuovi provvedimenti legislativi.
“LEGGE
CONTROVERSA E INAPPLICATA, ANCHE SE AVEVA BUONE INTENZIONI” |
Alcune
domande a Enrico Gavarini,
Segretario Nazionale FABI,
sulla Legge Biagi
Che cosa pensi della Legge Biagi?
“La legge di riforma del mercato del lavoro
è in larga misura inapplicata, anche se nelle intenzioni doveva
servire a riordinare la normativa sul lavoro subordinato e parasubordinato,
a far emergere il lavoro nero e regolarizzare quello precario”.
Si rischiano ricadute, nelle banche, per
l’applicazione della Legge Biagi?
“Il mito della flessibilizzazione del
rapporto di lavoro e la sua applicazione nel settore del credito,
temperato dalla realtà delle esperienze dei contratti di
formazione lavoro e del fondo di sostegno al reddito, ci spingono
ad una attenta riflessione sulle ricadute dell’introduzione
di nuove tipologie di lavoro nel settore. Negli ultimi anni abbiamo
vissuto drammaticamente le esigenze di autonomia organizzativa delle
aziende di credito italiane, le cessioni di rami d’impresa
ed il distacco dei lavoratori nella prassi applicativa, e, come
organizzazione sindacale maggiormente rappresentativa del Settore,
siamo intervenuti in tutte le Sedi per tutelare la dignità
e professionalità degli addetti prima, durante e dopo i cambiamenti
organizzativi.”
Nel dibattito sono stati affrontati i temi
dei contratti di apprendistato e di somministrazione, qual è
la sua opinione?
“Il mercato del lavoro, nel Credito
è molto complesso ed alcune specifiche tipologie di lavoro
previste dalla stessa Legge 30 appaiono di difficile introduzione
nel settore;: in nessun caso è comunque ipotizzabile, che
una nuova forma di contratto di lavoro si traduca in nocumento per
il lavoratore.
Lo stesso accordo del 11 Febbraio 2004, non appare tutelante, ma
introduce fonti di differenziazione tra i lavoratori, minando pure,
in qualche modo, la capacità contrattuale del sindacato:
sapremo naturalmente opporci nei dovuti modi: e questo al di là
del dibattito sull’efficacia/equità della nuova normativa.
Qual è, quindi, la posizione della
FABI?
“Riteniamo ci sia la necessità
di ricondurre l’applicazione delle nuove normative alla tutela
della dignità e della salute del lavoratore e del neo-assunto;
l’accordo interconfederale dell’11 febbraio 2004 è
carente in merito alla quantità e alla qualità della
formazione da somministrare obbligatoriamente agli apprendisti.
Inoltre occorre, secondo noi, fissare limiti d’ingresso e
prevedere, al termine del percorso lavorativo/formativo, una percentuale
certa di inserimento con contratto di lavoro a tempo indeterminato
(così come a suo tempo previsto dai CFL: 60%). Poi bisogna
inserire tutele sulla disciplina del trasferimento di ramo d’azienda,
che deve essere preesistente, e avere una propria identità
autonoma rispetto al complesso dell’azienda; infine bisogna
stabilire la necessità del consenso del lavoratore in caso
di distacco e mantenimento del livello delle mansioni preesistenti
allo stesso”
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