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“Tutela costituzionale
anche per gli anziani”
L
a costituzione italiana non contiene alcuna disposizione dedicata
agli anziani. Oggi, questo appare paradossale visto che l’Italia,
come attestato dai rilievi demografici delle Nazioni Unite, è
il paese più longevo al mondo, con la più alta percentuale
di popolazione con più di 65 anni (18%) e la più bassa
percentuale con meno di 15 anni (14,4%)”.
Proprio in virtù di questo dato di fatto,alcuni parlamentari
hanno posto la propria firma al disegno di legge del sen. Sergio
Travaglia per inserire finalmente la tutela degli anziani nella
costituzione italiana.
Nello specifico, il ddl costituzionale prevede la modifica dell’art.
31, comma secondo, della Costituzione come segue: La Repubblica
protegge la maternità, l’infanzia, la gioventù
e gli anziani, favorendo gli istituti necessari a tale scopo.
Sempre più anziani si troveranno di fronte a sempre meno
giovani. La piramide demografica si sta letteralmente capovolgendo:
la nostra società diventa più vecchia di anno in anno
e questo mutamento demografico ci pone di fronte a nuove sfide.
L’invecchiamento demografico non dovrebbe essere considerato
un problema, anzi, la società odierna dovrebbe considerare
questo mutamento come un’opportunità perché
la partecipazione al lavoro e nel sociale delle persone anziane
è molto importante.
Lo Stato dovrebbe promuovere, accanto alla tutela costituzionale,
anche l’effettivo diritto degli anziani alla partecipazione
sociale, culturale, economica e politica.
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Grazie alla
globalizzazione,
MENO
POSTI DI LAVORO E
STIPENDI MOLTO PIÙ BASSI
Anche
in America se ne stanno accorgendo: grazie alla tanto osannata globalizzazione,
ci saranno meno posti di lavoro e salari e stipendi molto più
bassi. Infatti, secondo l’Istituto di ricerca Forrester, nel
2004 l’outsourcing o esportazione di posti
di lavoro ha colpito soprattutto i “colletti bianchi”.
Secondo un altro istituto, il Deloitte, entro cinque anni gli USA
avranno perso 900mila impieghi nel solo settore delle finanze a
causa dell’outsourcing.
D’altro canto, la prestazione di un dipendente costa 1.200
dollari all’anno in India, 40mila in America.
Non c’è che dire: grazie, globalizzazione! •
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BOND ARGENTINI.
Perché si coprono i veri responsabili e si lascia
che a pagare siano i poveri risparmiatori ?
Continua
senza limiti e senza fine la gigantesca ipocrisia delle trattative
fra il governo argentino ed i risparmiatori per il rimborso del
debito derivante dai bond in default,
a causa dei governi nazionali che non hanno il coraggio di affrontare
il problema nella sua essenza, consistente nel coinvolgimento del
Fondo Monetario Internazionale e del sistema bancario.
Oggi addirittura le banche offrono consulenza circa la bontà
o meno delle proposte del governo argentino, perché tutti
quanti hanno dimenticato - e per primi i risparmiatori - che analoghe
consulenze le banche non hanno saputo, o voluto, dare al momento
in cui consigliavano l’acquisto dei bond
argentini, ignorando del tutto i rischi, come del resto ha dimostrato
plasticamente la sentenza di questi giorni del Tribunale Civile
di Venezia che ha condannato Deutsche Bank a restituire ad un risparmiatore
l’importo che egli aveva perduto su sciagurato consiglio dell’istituto
di credito.
È una vergogna il silenzio internazionale e nazionale, ed
è ancor più una vergogna che nessuno voglia quanto
meno provare ad esigere dal Fondo Monetario Internazionale una riduzione
del proprio credito sulla base della par condicio creditorum,
proprio al fine di consentire un cospicuo aumento della percentuale
di restituzione offerta dal governo argentino.
Si tratta, in realtà, di una trattativa-truffa in cui nessuno
(salvo l’inascoltato governo argentino ed il coraggioso ambasciatore
argentino a Roma) osa additare i veri responsabili del massacro
finanziario: Fondo Monetario Internazionale e sistema bancario.
Contro questi due colossi è meglio il silenzio: è
molto meno pericoloso (ma certamente più immorale) far pagare
lo scotto di questo gigantesco crimine finanziario agli innocenti,
e cioè ai risparmiatori. •
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I
diversamente abili
DISCRIMINATI nell'avviamento al lavoro
Non
c'è chiarezza né certezza nell'avviamento al lavoro
dei diversamente abili.
I continui rinvii che ritardano l'applicazione dell'articolo 8 (elenchi
e graduatorie) della legge n. 68 del 1999 rendono gli avviamenti
al lavoro dei diversamente abili attuati e futuri soggetti a facili
manipolazioni da parte di chi è delegato a gestire l'inserimento
nel mondo del lavoro della categoria protetta; inoltre, l'articolo
11 della legge n. 68 del 1999, relativo alle convenzioni, che dovrebbe
agevolare l'inserimento nel mondo del lavoro dei soggetti in questione
tramite corsi di formazione, nella realtà si trasforma in
periodi di formazione estremamente lunghi, con l'effetto di ritardare
le assunzioni. Per di più, l'applicazione impropria di questo
articolo permette di fatto la mancata applicazione delle gravose
sanzioni previste dall'articolo 15 della stessa legge.
Tale strumento è, purtroppo, utilizzato largamente anche
da Enti pubblici, come, ad esempio, il comune di Napoli, la provincia
di Napoli e la regione Campania.
Anche per questo, occorre effettuare un monitoraggio sull'attuazione
della legge n. 68 del 1999, verificando se ed in quale misura siano
stati realizzati gli obiettivi che tale legge si proponeva e, in
particolare, bisogna che il Ministero delle Politiche sociali verifichi:
a) quali e quante convenzioni siano state attuate
fino ad adesso e, soprattutto, con quale criterio; b)
se siano state applicate le sanzioni previste dalla legge e, in
caso affermativo, quali soggetti siano stati sanzionati. •
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