"Un
contratto è un’intesa fra due o più parti …”
Così recita, brevemente, senza tanti preamboli il Codice Civile
all’articolo 1321.
Dunque - e senza ombra di dubbio! - un contratto, in quanto intesa, non
deve essere stipulato ad ogni costo, ma solo se entrambi i contraenti
sono soddisfatti del risultato finale.
L’ipotesi di accordo del 12 febbraio 2005 (di fatto il futuro contratto)
proposta da ABI e firmata da FIBA-FISAC-UILCA-FALCRI- DIRCREDITO, ha visto
la FABI dire “NO”.
Ci rendiamo conto che si tratta di un fatto nuovo per questo settore,
(invero non per altri comparti, dove la CGIL spesso ha preso posizioni
analoghe alla nostra).
Nuovo e del tutto rilevante.
Infatti, non può passare inosservato, o risultare privo di efficacia,
che il sindacato che rappresenta il maggior numero di lavoratori del credito
si ponga in posizione critica rispetto alle conclusioni di una vertenza
nata, peraltro, sotto una cattiva stella.
La divisione fra i sindacati, sulla quale abbiamo già
più volte espresso il nostro dissenso e da noi non voluta in alcun
modo, ha sicuramente prodotto una minor forza d’urto in
tutta la fase negoziale.
Per avere la riprova di questa nostra affermazione, basta leggere il testo
dell’ipotesi di accordo.
In una situazione di mercato positiva, confermata dalle dichiarazioni
dei manager delle banche e sbandierata sui media, circa i portentosi utili
realizzati dalle imprese di credito, gli incrementi retributivi concordati
il 12 febbraio, non determinano di fatto alcun reale incremento
delle retribuzioni.
Professionalità e formazione, i veri punti di forza delle rivendicazioni
sindacali, trovano solo modesti accenni, per lo più in applicazione
di Leggi dello Stato.
L’arrogante volontà delle aziende di erogare il salario variabile
unilateralmente e senza alcun controllo sindacale, non viene scalfita
di un millimetro.
Eticità dell’impresa e tutela dei dipendenti, che
vendono prodotti finanziari, restano nell’elenco delle buone
intenzioni contenute nel protocollo del giugno 2004, senza trovare definizione
in norme contrattuali certe.
Infine, l’introduzione della Legge Biagi, una legge difesa ad oltranza
ormai solo da pochissimi per la sua indeterminatezza e che le stesse Regioni
tardano ad applicare, consentirà alle banche di assumere
apprendisti, senza limiti percentuali né garanzie sulla loro conferma,
a meno di mille euro mensili.
Un vantaggio solo per le banche ed un colpo mortale per i giovani in cerca
di lavoro!
Pensiamo che il nostro NO, rappresenti non solo un gesto di coraggio,
ma soprattutto un atto di rispetto verso i lavoratori, che ci avevano
affidato un mandato ben preciso nelle assemblee.
Il nostro NO non è venuto certo da una reazione istintiva: la FABI
è un sindacato responsabile, che pondera le sue decisioni. Nessuno
di noi naviga vista, nell’attesa di vedere quello che accadrà.
Quel che ci riguarda, riporteremo ai lavoratori, nelle assemblee, il nostro
pensiero e la nostra posizione, peraltro confermate ampiamente da tutte
le nostre strutture federali e territoriali, che hanno visto la partecipazione
di oltre 2.500 Dirigenti sindacali in tutt’Italia.
I lavoratori hanno il diritto di essere informati in modo chiaro,
trasparente, equilibrato.
Metteremo tutti in condizioni di sapere tutto e di decidere con serenità
e consapevolezza.
Proprio a per questo, abbiamo chiesto, in tempi non sospetti, già
prima del 12 febbraio, alle altre Organizzazioni sindacali, di indire
un referendum come strumento di massima democrazia.
Ci auguriamo che le altre Sigle rispondano prontamente, poiché
lo Statuto dei lavoratori consente l’effettuazione del referendum,
solo se vi è un consenso da parte di tutti sindacati.
Per il futuro, ribadiamo un concetto semplice, che non nasconde bizantinismi.
I problemi che questa categoria ancora dovrà affrontare, sono talmente
rilevanti da non consentire a nessuno sottovalutazioni di sorta: occorre
l’impegno unitario di tutti, senza il quale la Categoria è
destinata a sottostare allo strapotere delle banche.
Da parte nostra, crediamo e ribadiamo che solo un sindacato forte, unito,
con solidi progetti alle spalle, possa gestire le trasformazioni, le fusioni,
le dinamiche occupazionali e gestionali, e realizzare positivi contratti
per la categoria.
Un NO, a volte, può servire più di mille sì, se questo
no, nasce da una ragione forte.
Ci rivolgiamo, più che ad ogni altro, ai nostri Iscritti, ma anche
alle Lavoratrici, ai Lavoratori del settore ed alle altre Organizzazioni
sindacali, invitando tutti ad un ulteriore riflessione: un contratto,
ancor più se lungo e travagliato, deve trovare un punto di equilibrio
fra le esigenze delle aziende e quelle dei lavoratori.
Stavolta non si potrà dire, col senno del poi, che l’insoddisfazione
dei Lavoratori è emersa solo quando non era più possibile
correggere il tiro o quando oramai la tensione della vertenza è
sfumata.
Il piatto della bilancia contrattuale pende dalla parte delle
aziende, ma noi siamo convinti che deve e può tornare al più
presto in equilibrio, dando ai Lavoratori quello che è giusto.
Una inversione di tendenza nelle relazioni fra le Sigle sindacali e fra
Sindacato e Aziende è necessaria e non differibile.
Questo il senso del nostro NO.
Questo il nostro compito ed il nostro dovere di sindacalisti e di uomini
al servizio dei Lavoratori.
Cristina Attuati
Segretario Generale FABI |
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