di Domenico Polimeni avvocato Dirigente ALER Brescia      
L'assemblea di condominio opportunità e limiti per i partecipanti
 
 
 
   
La tutela degli invalidi per quanto riguarda il loro accesso agli edifici è come noto argomento di frequente trattazione sulla stampa, anche non specialistica. Tuttavia permangono molti dubbi operativi, nonostante l'emanazione, neppure molto recente, di leggi speciali, che hanno cercato di porre rimedio alle omissioni sostanziali del Codice Civile. Del resto quest'ultimo è del 1942 e purtroppo la sensibilità in materia è cresciuta solo negli ultimi decenni.
In questa occasione tratteremo solo alcuni dei moltissimi problemi in materia, per ovvie ragioni di spazio, limitandoci a quelli più importanti e che riguardano appunto gli invalidi con difficoltà di deambulazione. Tralasceremo anche gli obblighi progettuali relativi agli edifici di nuova costruzione, in quanto i problemi relativi sono naturalmente anteriori alla costituzione del condominio, essendo quindi essi di stretta rilevanza per architetti e progettisti in genere: si presume infatti che un professionista diligente tenga conto degli obblighi derivanti dalla normativa tecnica, per cui quando la normale vita condominiale si avvierà non potranno certo presentarsi necessità di intervento a spese dei condòmini.
Diversa è invece la situazione dei fabbricati meno recenti, che normalmente presentano le seguenti situazioni di fatto: assenza di ascensori o ristrettezza degli accessi relativi, assenza di dispositivi alternativi agli ascensori, assenza di rampe per il transito di sedie a rotelle, assenza di sanitari polifunzionali e di porte in genere sufficientemente larghe, anche internamente agli alloggi.
Iniziando dagli ultimi aspetti, diremo che naturalmente ogni intervento interno agli appartamenti o comunque su parti esclusive è di stretta e libera competenza del singolo proprietario. E naturalmente i vicini non potranno lamentare molestie di fatto o altro per i lavori relativi se eseguiti a regola d'arte. L'unico limite può riguardare il caso di incidenza sui muri portanti o perimetrali in genere, nonché sulle facciate, con effetti sul decoro del fabbricato. Circa i muri portanti resta naturalmente fermo il limite costituito dalla tutela della statica del fabbricato, ma sul punto possiamo dire che difficilmente l'allargamento di porte interne, anche se interessante non le così dette tramezze ma appunto muri portanti, può compromettere la sicurezza delle strutture (si tratta come noto di non molti centimetri).
Molto più complessa si fa invece la questione quando vengono interessate parti condominiali dell'edificio. In questo ambito devono essere infatti contemperati i diritti all'integrità e fruizione delle parti comuni con quelli di natura personale e solidaristica dei portatori di handicap, ormai riconosciuti chiaramente da molte leggi speciali oltre che in via generale dalla stessa Costituzione della Repubblica.
Ad esempio, se in un condominio vi è una tromba delle scale sufficientemente ampia e quindi uno spazio corrispondente nell'androne d'ingresso, sarà possibile deliberare in assemblea l'installazione di un ascensore? E se sì con quale maggioranza? E con quali obblighi di spesa? E laddove il condominio omettesse di deliberare quale strada alternativa potrebbe aprirsi per il condòmino invalido?


Pervasi da un'antica mentalità civilistica e condizionati dai sacri istituti del diritto romano (lo siamo tutti, anche inconsapevolmente ed anche se non giuristi!) saremmo portati a pensare che anche la tromba delle scale, in quanto bene comune, non possa essere sottratta alla sua destinazione (magari alla base sono collocate le altrettanto sacre cassette della posta!).
Ebbene, le cose non stanno affatto così, perché in un caso semplice e chiaro come quello ora delineato, che non mette di solito a rischio il decoro del fabbricato, né la sicurezza e la piena fruibilità dei singoli appartamenti, per l'appunto sarà senz'altro possibile l'installazione, anche in assenza dell'unanimità normalmente necessaria per le innovazioni così dette voluttuarie e dispendiose. Anzi si potrà procedere perfino contro la volontà della maggioranza. Tuttavia i condòmini interessati dovranno in questa ipotesi accollarsi tutte le spese, nonché adottare tutti gli accorgimenti utili ad evitare danni al fabbricato.
Per contro essi non dovranno affatto indennizzare gli altri condòmini per l'occupazione pur definitiva del vano comune, giacché si ritiene che questo tipo di opera valorizzi comunque l'intero condominio. Infatti in applicazione dell'art. 1121 del Codice Civile i condòmini in un primo tempo non partecipanti alla spesa potranno farlo anche dopo qualche anno per fruire anch'essi dell'impianto, naturalmente contribuendo pro quota e con le dovute rivalutazioni monetarie.
Anzi, il condòmino portatore di handicap potrà procedere contro la volontà di tutti, in applicazione di una delle leggi speciali richiamate, la n.13 del 1989, che nell'art. 2 così recita (con formula invero poco felice per ragioni che a scopo di brevità dobbiamo qui omettere): "1. Le deliberazioni che hanno per oggetto le innovazioni da attuare negli edifici privati dirette ad eliminare le barriere architettoniche di cui all'articolo 27, primo comma, della legge 30 marzo 1971, n. 118, ed all'articolo 1, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1978, n. 384, nonché la realizzazione di percorsi attrezzati e la installazione di dispositivi di segnalazione atti a favorire la mobilità dei ciechi all'interno degli edifici privati, sono approvate dall'assemblea del condominio, in prima o in seconda convocazione, con le maggioranze previste dall'articolo 1136, secondo e terzo comma, del codice civile.
2. Nel caso in cui il condominio rifiuti di assumere, o non assuma entro tre mesi dalla richiesta fatta per iscritto, le deliberazioni di cui al comma 1, i portatori di handicap , ovvero chi ne esercita la tutela o la potestà di cui al titolo IX del libro primo del codice civile, possono installare, a proprie spese, servoscala nonché strutture mobili e facilmente rimovibili e possono anche modificare l'ampiezza delle porte d'accesso, al fine di rendere più agevole l'accesso agli edifici, agli ascensori e alle rampe dei garages.
3. Resta fermo quanto disposto dagli articoli 1120, secondo comma, e 1121, terzo comma, del codice civile".
Ma cosa potrà fare il nostro condòmino svantaggiato se l'installazione dell'ascensore sarà impossibile per l'incidenza negativa su singoli inderogabili diritti di altri condòmini o sul decoro e l'estetica del fabbricato? Si tratta ad esempio dei casi in cui manchi un vano scale sufficiente o sia impossibile ricavare un'adeguata fossa del vano ascensore, ovvero ancora il tutto determini detrimento per luci e vedute dei singoli alloggi.
In questi casi il condòmino invalido potrà in alternativa installare altri impianti meno invasivi, come i così detti servo-scala o monta-scale, consistenti in piattaforme elettriche con seduta, impiantati parallelamente ai corrimano ed ai gradini delle scale comuni. Anche a
questi dispositivi non potrà opporsi l'assemblea e men che meno i singoli condòmini,
a meno che il manufatto
renda irragionevolmente difficoltosa la salita pedonale della scala.