a cura dell’Esecutivo Nazionale FABIPensionati      
 
Sono sempre più gli anziani e le famiglie
monoreddito afflitte dal bisogno
   
   
Con i conti, alla fine del mese, non ci si sta dentro: a scoprirsi poveri, oggigiorno, sono tante famiglie e tanti anziani monoreddito da lavoro dipendente.
Per varcare la soglia della povertà non è detto che debba succedere qualcosa di negativo, basta una malattia improvvisa in famiglia, un anziano in casa non più autosufficiente, dei figli che trovano solo lavori precari e che gravano sui genitori e il rischio indigenza diventa realtà.
I più colpiti sono gli anziani, coloro che vivono con un reddito di pensione il cui potere d’acquisto è sempre più basso rispetto all’aumento del costo della vita sempre più alto.
I sociologi li chiamano “i nuovi poveri”, non sempre facilmente individuabili sia per la riservatezza, che induce chi si trova in difficoltà a non far trapelare la propria condizione, sia per la difficoltà di misurare con strumenti scientifici l’incidenza del problema.
A rivelare uno stato di precarietà, più esteso di quanto non rivelino alcune statistiche, è l’osservazione di alcuni fenomeni:
• nonostante campagne promozionali e prezzi scontati i dati ISTAT stimano un calo del 3% nei consumi della grande distribuzione;
• il ricorso al credito al consumo, la formula in base alla quale prendi adesso e paghi fra un anno, è cresciuto dell’8% in soli sei mesi;
• l’indebitamento delle famiglie con le banche è cresciuto del 14,42% nel 2004, con picchi che raggiungono il 20,78% nel Meridione (la cifra media che i nuclei familiari devono corrispondere alle banche è di _ 11.837,81 e arrivano a toccare _ 17.842,89 a Bolzano, 17.791,02 a Milano, secondo i dati della CGIA di Mestre).È il risultato della supina adesione, ormai diffusa, alle leggi, meglio ai dogmi del mercato, che ha invaso in maniera epidemica il pensare di molti: è il mercato che dà i riferimenti.
Ciò è culturalmente aberrante, perché non è più l’uomo, la persona il punto di riferimento decisivo su cui misurare lo spessore e i valori etici dell’agire.
Se questa è la diagnosi, bisogna trovare la cura, ovvero una rete di interventi sociali efficaci.
La prima cosa da fare dovrebbe essere il trasferimento alle Regioni di un sistema di rilevazioni capace di fotografare questi fenomeni con dati precisi e condivisi, in modo da attuare un adeguato piano di intervento.
Ma questo non succede!
La voce degli anziani, malgrado questi rappresentino 12 milioni di persone e il 30% della popolazione votante, rimane inascoltata.
Ci vorrebbe un Ministero per le politiche della Terza Età, un Dipartimento presso la Presidenza del Consiglio, un fondo per i non autosufficienti, l’inserimento di un rappresentante degli anziani nel Consiglio di Amministrazione dell’Agenzia per il farmaco, il potenziamento delle risorse per i programmi di prevenzione, la destinazione del 30% dei fondi Ministeriali e Regionali per il volontariato.
Tutto questo potrebbe non essere un sogno, se gli anziani fossero considerati la grande risorsa del Paese.
Dobbiamo, allora, crescere più in fretta, altrimenti è inutile pensare ai fondi
per la solidarietà e l’autosufficienza.