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La
mostra, allestita nella Loggia degli Abati di Palazzo Ducale, presenta
oltre ottanta opere che documentano l’attività, esemplare
per coerenza poetica e stilistica, di Raimondo Sirotti, da cinquant’anni
protagonista nel panorama della pittura italiana contemporanea.
L’intero suo itinerario intellettuale ed espressivo è qui
cronologicamente ripercorso: l’iniziale richiamo alle architetture
storiche di Sironi, l’avvio di una propria ricerca orientata alla
decifrazione del rapporto paesaggio-luce, la condivisione del momento
più intenso della stagione informale sul finire degli anni Cinquanta
in Milano, la meditazione sulla funzione della luce nella paesaggistica
inglese (Gainsborough, Constable e, per affinità elettiva, Turner)
nel soggiorno in Inghilterra del 1968, l’esaltante approdo a una
sempre più singolare cifra pittorica.
Romanticamente
innamorato dello spettacolo della Natura, ha ricondotto l’esperienza
informale alle tradizioni e ai valori ligustici di tono e di luce, trasferendo
sulla tela, attraverso successivi motivi ispiratori, trascoloranti visioni
naturalistiche, ora solenni e grandiose, ora discrete e intimiste: a metà
degli anni Settanta, dopo una serie di citazioni testuali delle forme
di Sutherland, anch’esse viste durante il soggiorno inglese, si
è orientato, nell’alveo di un impressionismo astratto, verso
una Natura intesa come fatto misterioso, metaforico (le tane); con gli
anni Ottanta, nella volontà di superare il “pericolo”
della visione impressionistica, ha ridato architettura alla composizione
mediante linee che ne costituissero struttura portante, travature, infissi
(le finestre); successivamente, e già con la fine degli anni Ottanta,
pur entro l’ispirazione naturalistica, ha liberato l’immagine
da ogni riferimento oggettuale, stemperandola in una coinvolgente e suggestivamente
evocativa esplosione di luce e di colore (gli eventi naturali).
Negli anni
più recenti la sua pittura, costantemente sorretta da una lirica
ispirazione, si è arricchita di nuovi ricorrenti temi, sovente
affrontati, con incisiva gestualità, in opere di grande dimensione:
i paesaggi interiori, le cave.
Dei suoi preziosi interventi sul patrimonio artistico genovese (tra cui
la copia del dipinto su ardesia Madonna col bambino e Sant’Eligio
di Pellegro Piola nel 1986 per il prospetto di un palazzo di via degli
Orefici, sostitutiva dell’originale per ragioni conservative, e
il restauro del riquadro del San Giorgio e il Drago sul portale d’ingresso
di Palazzo San Giorgio nel 1990) è qui esposta una gigantografia
della reinterpretazione (1995) del dipinto absidale di Giulio Benso L’incontro
dei Santi Gioacchino e Anna nel Presbiterio della Basilica della SS Annunziata
del Vastato, unitamente al bozzetto preparatorio.
La mostra è corredata da un catalogo Linea d’ombra Libri
con testi critici di Emilia Marasco e Marco Goldin, una poesia di Edoardo
Sanguineti dedicata all’artista, un profilo biografico di Antonio
Todde e un’ampia antologia critica.
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