|
“Il
mio capo è un idiota. Si è comportato in modo arrogante
tutta la settimana”: bastano queste parole negli Stati Uniti per
giustificare un licenziamento, dopo la normale lettura delle e-mail personali
di una lavoratrice da parte del suo datore di lavoro; lettura autorizzata
da una legislazione molto più permissiva in tema di trattamento
dati personali (e giustificata dalle più importanti e pressanti
esigenze di lotta al terrorismo).
Negli Stati Uniti il controllo globale esiste...
Ma in Italia un datore di lavoro può licenziare un suo dipendente
perchè ha inviato una e-mail "poco corretta" ad un amico?
Un licenziamento potrebbe trovare una sua possibile giustificazione nella
violazione dell'obbligo di fedeltà contenuto dell'art. 2105 cod.
civ., ma ciò che dovrebbe fare più discutere è certamente
la possibilità del datore di lavoro di leggere il contenuto della
corrispondenza telematica privata di un proprio dipendente...
Nel nostro ordinamento la violazione della riservatezza
di una e-mail corrisponde sostanzialmente alla violazione della corrispondenza,
in generale, come contenuta nella Carta costituzionale all'art. 15 (la
libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma
di comunicazione sono inviolabili). Inoltre, la riservatezza della corrispondenza
è tutelata anche dal codice penale, nel quale, all'art. 616 c.p.,
si è operata una parificazione tra corrispondenza "epistolare,
telegrafica o telefonica, informatica o telematica" (Sezione V -
Dei delitti contro la inviolabilità dei segreti - art. 616 c.p.
Violazione, sottrazione e soppressione di corrispondenza - Chiunque prende
cognizione del contenuto di una corrispondenza chiusa, a lui non diretta,
ovvero sottrae o distrae, al fine di prenderne o di farne da altri prender
cognizione, una corrispondenza chiusa o aperta, a lui non diretta, ovvero,
in tutto o in parte, la distrugge o sopprime, è punito, se il fatto
non è preveduto come reato da altra disposizione di legge, con
la reclusione fino a un anno o con la multa da trenta euro a cinquecentosedici
euro. Se il colpevole, senza giusta causa, rivela, in tutto o in parte,
il contenuto della corrispondenza, è punito, se dal fatto deriva
nocumento ed il fatto medesimo non costituisce un più grave reato,
con la reclusione fino a tre anni. Il delitto è punibile a querela
della persona offesa. Agli effetti delle disposizioni di questa sezione,
per "corrispondenza" s'intende quella epistolare, telegrafica
o telefonica, informatica o telematica ovvero effettuata con ogni altra
forma di comunicazione a distanza).
Non
esiste, pertanto, nel nostro ordinamento una apprezzabile differenziazione
tra riservatezza epistolare e telematica (pur ricordando che una certa
dottrina e giurisprudenza della common law americana l'e-mail viene paragonata
ad una cartolina...ma dalle nostre parti, dal punto di vista giuridico,
si tende ad evitare questo paragone, pur ammissibile tecnicamente).
In Italia si ricorderà l'ordinanza emessa per un caso simile dal
Tribunale di Milano il 10 maggio 2002: in quel caso il Giudice adito ritenne
non punibile la lettura da parte del datore di lavoro di alcune e-mail
che avevano portato al licenziamento della lavoratrice. Secondo quell'ordinanza
la casella aziendale di posta elettronica andrebbe considerata come un
qualsiasi strumento di lavoro e come tale potrebbe essere soggetta al
legittimo controllo dell'azienda (si trattava, quindi, della lettura di
un account aziendale, non di un account privato).
Ma quando il controllo da parte del datore di lavoro potrebbe
essere giustificato da ragioni aziendali?
Al caso è applicabile l'art.114 del Codice della privacy (D. Lgs.
196/2003). Questo articolo regolamenta il controllo a distanza dei lavoratori
rimandando a quanto disposto dall'art. 4 della legge 20 maggio 1970 n.
300 (il cd. Statuto dei Lavoratori).
Secondo
tale ultimo articolo, "è vietato l'uso di impianti audiovisivi
e di altre apparecchiature per finalità di controllo a distanza
dell'attività dei lavoratori. Gli impianti e le apparecchiature
di controllo che siano richiesti da esigenze organizzative e produttive
ovvero alla sicurezza del lavoro, ma dai quali derivi anche la possibilità
di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori, possono essere
installati soltanto previo accordo con le rappresentanze sindacali aziendali,
oppure, in mancanza di queste, con la commissione interna".
Quindi, il controllo della posta elettronica del dipendente (così
come dei file di log di un PC aziendale) si rende possibile quando non
è esclusivamente finalizzato al controllo della attività
lavorativa, ma è giustificato da "esigenze organizzative e
produttive ovvero dalla sicurezza del lavoro", previo accordo o regolamento
aziendale.
Insomma, il lavoratore deve essere sempre previamente informato
e rimane buona abitudine dell'impresa redigere un regolamento/policy aziendale
che illustri con precisione i limiti di utilizzo degli strumenti aziendali
e individui i possibili controlli di e-mail aziendali e file di log nei
PC in uso da parte dei dipendenti.
In Italia gli incubi orwelliani sembrerebbero ancora
sotto controllo ...o quanto meno qualche limite continua ancora
a resistere nell'evoluzione della società dell'informazione che
tende a cancellare inesorabilmente il nostro diritto alla riservatezza!
|
|
|
|