di Domenico Secondulfo
Docente di Sociologia Generale e di Sociologia
dei Processi Culturali Università di Verona
   
Questioni di stile
   
   
 
 
 

I recenti eventi che hanno coinvolto la Fiat italiana, particolarmente per quanto riguarda la produzione di automobili, mi hanno fatto pensare a come questa azienda sia un patrimonio di tutti gli italiani, nel senso letterale del termine, poiché a partire dal nonno amico del fascismo, per arrivare all'avvocato ed ai suoi discendenti, la quantità di denaro pubblico che i vari governi hanno regalato alla Fiat, sia sotto forma di sovvenzioni dirette, sia sotto forma di scelte infrastrutturali che rendevano quasi obbligatorio l'acquisto di un'automobile, sia sotto l'aspetto degli ammortizzatori sociali necessari a sostenere i licenziamenti, con cui questa azienda ha sempre cercato di risolvere i propri problemi, lo flusso di denaro pubblico che questa azienda ha assorbito è stato talmente grande, continuo e generoso che possiamo considerare a buon titolo che essa sia un patrimonio di tutti noi. Qualcuno, con facile ironia, sostiene che la Fiat le automobili dovrebbe regalarcele, visto che si è sempre mantenuta con i soldi pubblici, cioè di tutti noi. Invece, ogni occasione è buona per cercare di trasformare i problemi, dalla mobilità all'inquinamento, in occasioni per permettere alle case automobilistiche, ed in particolare alla Fiat, di piazzare i propri prodotti su un mercato ormai più che satiro, che non può sperare altro che nelle sostituzioni, volontarie o forzate. Qualche anno, fa è stata la volta delle cosiddette rottamazioni, un'occasione d'oro per svuotare i magazzini da macchine obsolete tecnologicamente e preparare il mercato a nuovi modelli meno inquinanti e con una diversa concezione tecnologica. Per quanto riguarda il problema dell'inquinamento, l'altra occasione di affari che si sta profilando all'orizzonte, basti ricordare che nella famosa rottamazione, non venne imposta alcuna regola a riguardo della capacità di inquinamento delle autovetture che venivano acquistate con il contributo statale. Ma sorvolando sul fatto che la nostra penisola è stata strutturata in modo tale che sia praticamente impossibile spostarsi senza dover ricorrere all’automobile, con assoluta noncuranza rispetto ad altre forme di trasporto molto meno inquinanti, come quelle su ferro o su acqua, può essere carino soffermarsi un attimo su quest'ultima occasione di affari: quella legata, appunto, all'inquinamento. Si tratta di un esempio particolarmente interessante sotto il profilo socio-economico, poiché siamo di fronte ad una sorta di perfezione: un business che nasce da problemi provocati esattamente da chi sta cercando di guadagnare sulla loro soluzione. L'inquinamento, infatti, è prodotto in larghissima parte della circolazione delle autovetture, e sono proprio le case automobilistiche che stanno cercando di trasformare questo problema, che loro hanno creato, in una nuova fonte di guadagno. Il primo passo furono le marmitte catalitiche, ottima soluzione per situazioni di traffico scorrevole e veloce, pessima soluzione per situazioni traffico che, come da noi, è invece lento, intasato e a singhiozzo. È dimostrato, venne detto anche all'epoca ma senza che nessuno ci facesse caso, che le marmitte catalitiche per poter sviluppare la loro capacità anti inquinante, devono entrare a regime di temperatura, il che accade, mediamente, dopo circa 10 o 15 minuti. Le statistiche ci dicono che il 50% degli spostamenti urbani è inferiore 3 km, e che la sua durata si aggira proprio intorno ai 15 minuti, il che significa che per tutti questi spostamenti avere meno le marmitte catalitiche non fa grande differenza, e le auto inquinano come se non fossero catalizzate. Ma anche per quegli spostamenti che durano più di 15 minuti, abbiamo sempre i primi 15 minuti ad inquinamento massimo, e se lo moltiplichiamo per il numero di auto, la tortuosità dei percorsi urbani, e la densità delle nostre città, si disegna uno scenario in cui non è difficile immaginare quanto benzene si riversi nei nostri polmoni ogni volta che usciamo in strada. E questo per quanto riguarda la marmitta catalitica.

È stato molto carino che, risolto in vario modo il problema del benzene - benché ognun sappia che l'unico modo per risolverlo alla radice sarebbe quello di cambiare carburanti, passare cioè dalla benzina al GPL o al metano - si è affacciato all'orizzonte il problema delle polveri sottili, evidentemente in precedenza sommerso dal più grave e visibile problema del benzene, poiché non credo che calato il benzene le auto, nella loro perfidia, abbiamo iniziato a spargere polveri sottili. In qualche modo quella delle polveri sottili pare essere una sorta di vendetta contro automobile, infatti mentre per quanto riguarda il benzene era possibile intervenire sul processo di combustione per abbassarne in maniera significativa l'emissione, per quanto riguarda le polveri sottili l'intervento sui sistemi di combustione, efficienza o tipo di combustibile usato, risolverebbe soltanto una piccola parte del problema, poiché le polveri sottili sono prodotte in larga parte proprio ed essenzialmente dalla mera circolazione delle auto. Infatti, risulta che se il 40% delle polveri sottili può essere in effetti generato dai processi di combustione, il 30% è prodotto dall'uso dei freni, ed un altro 30% è prodotto dagli pneumatici. Questo significa che un intervento, anche eccezionale, sui sistemi di combustione lascerebbe intatto il 60% delle emissioni di polveri sottili, ed inoltre che qualsiasi sia il tipo di combustione(GPL, metano, idrogeno, benzina, gasolio, elettricità) per il solo fatto di circolare le auto produrranno comunque il 60% delle polveri sottili che producono attualmente. Pare quindi che il problema non sia facilmente risolvibile, neppure con la tanto sbandierata auto Euro4, o con la ancora più sbandierata auto ad idrogeno o elettrica; per quanto riguarda il traffico urbano, ci sono semplicemente troppe auto in circolazione. Pare quindi che, volendo impedire che i problemi prodotti dalle automobili continuino a trasformarsi in danni per i consumatori ed occasioni di guadagno per le case automobilistiche da qui all'eternità, l'unica soluzione credibile sia quella di adottare sistemi che rendano non più necessario l'uso dell’auto almeno città. Metropolitane di vario tipo, trasporto pubblico, possibilmente non su gomma, ma soprattutto l'incoraggiamento assoluto dell'uso di mezzi completamente diversi, come le biciclette tanto per fare un esempio, e questo con interventi a più livelli: innanzitutto garantendo nelle città percorsi protetti per i ciclisti, e questo significa restringere in maniera fisicamente certa gli spazi invasi dalle macchine, anche i marciapiedi molto spesso - soprattutto grazie al diffondersi dei cosiddetti gipponi, che possono finalmente parcheggiare anche sui marciapiedi rialzati, allargando in questo modo gli orizzonti degli automobilisti - e in secondo luogo lanciando forme di comunicazione che valutino positivamente lo spostarsi in bicicletta per la città, oppure linee di abbigliamento pensate per la bicicletta. Senza una svolta di questo tipo, non si uscirà mai dalla spirale viziosa di restare incatenati ad un mezzo di trasporto inquinante e costoso, in termini economici e di salute, capace, nella sua perfezione, di trasformare i problemi che egli stesso crea in nuove occasioni di guadagno per chi lo produce. Sotto questo, aspetto può essere interessante vedere come varia l’esposizione agli inquinanti che saturano l'aria delle città, a seconda del mezzo di spostamento utilizzato. Uno studio della Comunità Europea, sostiene che l'inquinamento all'interno dell'automobile sia molto maggiore che non all'esterno dell'automobile, questo per la posizione delle prese d'aria dell'impianto di aerazione, per la presenza di tessuti sintetici, ed infine per la scarsissima cubatura dell'abitacolo, in cui è anche molto difficile favorire la circolazione dell'aria. Questo fa sì che un automobilista respiri, sempre secondo questo studio, il doppio di anidride carbonica ed il 50% in più di ossidi vari e, supponiamo, anche una bella percentuale in più di benzene e polveri sottili.

Nonostante quel che si pensi, sembra che andare in bicicletta ed a piedi esponga meno alle concentrazioni di inquinanti che non girare dentro un’automobile, naturalmente è sui mezzi pubblici che l'esposizione ai vari inquinanti arriva al minimo. Scusate la pignoleria di queste puntualizzazioni, ma è insopportabile vedere i mezzi di comunicazione e le case automobilistiche indirizzare i timori, giustificati o meno, che i consumatori hanno per la loro salute verso falsi obiettivi, obiettivi che non faranno altro che spostare in avanti la questione, favorendo il sorgere di nuovi problemi per risolvere i quali saranno necessarie nuove, sofisticate e costose, tecnologie. Tutti concordiamo, almeno credo, che per combattere l'inquinamento e le migliaia di morti che esso provoca ogni anno nelle nostre città, siano necessarie strategie ben integrate e, in prospettiva, strategie che limitino in assoluto la circolazione automobilistica, come l'andamento delle polveri sottili ampiamente dimostra, ma poi le uniche soluzioni che vengono perseguite, finanziate e pubblicizzate, sono quelle che intervengono limitando i danni provocati dalle automobili. Sarebbe il caso di chiedersi se il gioco vale la candela, visto che anche automobili ad inquinamento zero dal punto di vista delle emissioni, continueranno a spargere per le città inquinanti, magari diversi del benzene, ma non certo più salutari per i nostri polmoni.