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L'art.
5 della legge n. 683 del 1983 prevede l’obbligo del lavoratore di
rendersi disponibile al controllo fiscale nell’ambito delle c.d.
“fasce orarie” di reperibilità domiciliare collocate
dalle ore 10,00 alle ore 12,00 e dalle ore 17,00 alle ore 19,00 di ogni
giorno compresi quelli festivi.
La giurisprudenza ha precisato, in diverse occasioni, l’ambito della
condotta esigibile dal lavoratore in virtù dell’obbligo di
reperibilità, la quale comprende l’adozione di tutti quegli
accorgimenti che siano necessari per consentire al medico di reperire
il lavoratore e al malato di rispondere positivamente all’accesso.
Occorre pertanto che il lavoratore fornisca al datore di lavoro l’indirizzo
esatto dove può essere reperito per la visita (v. in proposito
Pret. Brindisi, 25-07-1995, secondo cui "Il medico fiscale ha certamente
il dovere, pur di fronte ad indirizzo impreciso da parte dell’assistito,
di acquisire un minimo di informazione e di esperire una rapida attività
di ricerca in loco, ma, tuttavia, egli non ha l’obbligo di spingere
la sua ricerca oltre i limiti di ragionevolezza sì da svolgere
il ruolo di un vero e proprio investigatore") e che il medico possa
agevolmente trovarlo presso il medesimo (v. in tal senso Trib. Milano,
14-10-1992, secondo cui "(...) non può pretendersi che il
medico fiscale debba far ricorso, per verificare la presenza in casa del
malato, a mezzi diversi da quelli usualmente adottati dal visitatore occasionale;
pertanto, poiché nella specie, il dipendente non aveva provveduto
ad indicare il proprio nominativo sulla targhetta del citofono in palazzo
privo di portineria, impedendo il controllo da parte del medico fiscale,
va ritenuto assente dal proprio domicilio nelle fasce orarie di reperibilità
(...)", mentre diversamente Pret. Milano, 15-10-1994, che afferma
che "Qualora il lavoratore abbia esattamente indicato al datore di
lavoro l’indirizzo della propria abitazione, non può farsi
discendere l’irreperibilità alla visita medica di controllo
dalla sola mancanza del suo nominativo sulla pulsantiera del citofono
- per aver ignoti asportato la relativa etichetta adesiva all’insaputa
del lavoratore (...)"); occorre inoltre che il lavoratore sia in
grado di sentire il campanello e, quindi, di poter far entrare il medico
per il controllo (ad esempio, secondo Cass., sez. lav., 01-08-1991, n.
8490 "(...) il lavoratore che, presente in casa al momento del controllo
domiciliare di malattia nelle fasce orarie, non abbia udito il campanello
dell’abitazione suonato dal medico perché impegnato nell’ascolto
di musica con auricolare, non ha diritto al trattamento economico di malattia").
Da tenersi distinta è invece l’ipotesi dell’assenza
del lavoratore alla visita domiciliare. Secondo la giurisprudenza, le
ragioni che possono giustificarla, senza necessariamente integrare una
causa di forza maggiore, devono tuttavia costituire una necessità
determinata da situazioni comportanti adempimenti non effettuabili in
ore diverse da quelle di reperibilità (ad esempio, secondo Cass.,
sez. lav., 26-05-1999, n. 5150, l’impossibilità di effettuare
una visita medica in ore diverse da quelle corrispondenti alle fasce di
reperibilità, in ragione della coincidenza dell’apertura
dell’ambulatorio medico con le stesse), oppure che possono essere
legate ad improvvise ed indifferibili esigenze di salute (quali, secondo
Cass., sez. lav., 10-12-1998, n. 12458, la visita dal medico curante perché
il lavoratore era afflitto da un forte mal di denti).
In conclusione, occorre osservare come la giurisprudenza abbia offerto
una lettura sufficientemente elastica del criterio di reperibilità
del lavoratore, tenendo assai spesso conto delle esigenze di salute di
quest’ultimo; pertanto, con riferimento al caso di specie, è
stata ritenuta lecita la giustificazione del lavoratore di assenza alla
visita per non aver potuto udire il suono del campanello perché
profondamente addormentato in conseguenza delle medicine assunte dietro
prescrizione medica (v. in tal senso Pret. Firenze, 16-05-1985), mentre
con riferimento all’acquisto di medicinali in farmacia, la giurisprudenza
si è espressa sfavorevolmente per il lavoratore (v. Pret. Ascoli
Piceno, 17-04-1990); se dunque la prima segnalazione di “assenza”
da parte del medico di controllo potrebbe trovare un "giustificato
motivo" di esclusione dell’illecito, altrettanto non può
dirsi per la seconda.
ILLEGITTIMITÀ DELLO SPOSTAMENTO
DEL LAVORATORE A MANSIONI DELLO STESSO
INQUADRAMENTO CONTRATTUALE,
MA NON EQUIVALENTI SUL PIANO PROFESSIONALE
CASSAZIONE, sezione lavoro, 11 aprile 2005 n. 7351.
Sussiste la dequalificazione quando l’assegnazione del lavoratore
a nuove mansioni, sebbene corrisponda all’inquadramento contrattuale
posseduto dal medesimo, non consenta allo stesso la piena utilizzazione
o l’arricchimento della professionalità acquisita nella fase
pregressa del rapporto (nella specie il lavoratore, dipendente di Poste
Italiane s.p.a., già responsabile di un’agenzia di coordinamento
era stato spostato a svolgere le mansioni di preposto ad un’agenzia
di base con attribuzione di un’indennità di funzione inferiore
a quella percepita in precedenza).
La vicenda esaminata dalla sentenza in commento, riguarda un dipendente
delle Poste italiane s.p.a. (avente la qualifica di quadro di primo livello)
che, dapprima responsabile di un’agenzia di coordinamento, era stato
in seguito preposto ad un’agenzia di base con attribuzione di un’indennità
di funzione inferiore a quella percepita in precedenza.
Sia il Tribunale che la Corte di Appello di Torino, adite dal lavoratore
per far dichiarare la dequalificazione professionale, avevano rigettato
le richieste del dipendente non ravvisando alcuna differenza fra qualifica
posseduta e mansioni affidate in base all’inquadramento contrattuale.
La Suprema Corte ha invece ribaltato l’impostazione dei due precedenti
gradi di giudizio, affermando il principio di diritto secondo cui il divieto
di variazioni in “peius” opera anche quando al lavoratore,
nella formale equivalenza delle precedenti e delle nuove mansioni, siano
assegnate di fatto mansioni sostanzialmente inferiori, sicché nell’indagine
circa tale equivalenza non è sufficiente il riferimento in astratto
al livello di categoria, ma è necessario accertare che le nuove
mansioni siano aderenti alla specifica competenza del medesimo, salvaguardandone
il livello professionale acquisito e garantendo lo svolgimento e l’accrescimento
delle sue capacità professionali. |
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