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Negli
ultimi decenni, a causa della forte meccanicizzazione di molti processi
da una parte e la crescente preoccupazione relativa al risparmio energetico
dall’altra, le caratteristiche degli ambienti di vita e di lavoro
sono molto cambiate anche per quanto riguarda le possibili implicazioni
sulla salute degli individui. Tra i fattori di rischio emergenti, quello
dell’inquinamento dell’aria interna è uno dei più
importanti, rivestendo un motivo di preoccupazione per i responsabili
della salute pubblica e un argomento di grande interesse per i ricercatori.
Gli effetti sulla salute degli inquinanti indoor possono essere numerosi
e, del tutto recentemente, si comincia a parlare di malattie derivanti
dalla permanenza in abitazioni civili e, molto più spesso, in moderni
luoghi di lavoro non industriali (uffici, scuole, biblioteche, ospedali…).
Tali manifestazioni morbose sono state definite “malattie correlate
con gli edifici”.
Questi tipi di malattie vengono suddivise
in due categorie:
a) quelle con un quadro clinico uniforme, che si manifesta
allo stesso modo in tutti i soggetti colpiti e per le quali può
essere identificata una precisa causa che, se rimossa, porta in un periodo
più o meno lungo al miglioramento della sintomatologia.
E’ questo il caso delle malattie allergiche (oculorinite1 ed asma
principalmente), di quelle infettive (causate da batteri come la Legionella,
da virus, da funghi) e da contaminanti chimici, da polveri o da alterate
condizioni microambientali di temperatura e umidità.
b) quelle in cui i lavoratori riferiscono sintomi aspecifici
(stanchezza, mal di testa, irritazione degli occhi, della pelle e delle
mucose, tosse, senso di costrizione toracica) ma cronologicamente associati
all’attività lavorativa.
Questi sintomi , riferiti in un elevato numero di soggetti esposti (generalmente
superiore al 20%) sono raramente accompagnati da reperti obiettivi che
il medico può rilevare e si attenuano fino a scomparire dopo l’uscita
dall’ambiente di lavoro.
Di queste manifestazioni sono state descritte , a partire dalla fine degli
anni 70, vere e proprie epidemie comparse in edifici adibiti ad uffici,
chiusi ermeticamente e forniti di aria condizionata e ventilazione meccanica
.
Le stesse sono state definite col termine di Sindrome dell’edificio
malato (SEM).
Attualmente per SEM si intende un insieme di sintomi , di entità
non rilevante, che compaiono in un numero elevato di soggetti che occupano
lo stesso edifico (fino al 50-60%).
I sintomi più frequentemente riportati
sono:
oculari: secchezza della congiuntiva, bruciore, arrossamento,
sensazione di corpo estraneo, prurito
nasali e faringei: naso chiuso con possibile rinorrea
acquosa, prurito, sensazione di gola secca ed irritata
respiratori: senso di peso sul torace, affanno
cutanei: arrossamento, secchezza, prurito
generali: mal di testa, nausea, sonnolenza, vertigini,
difficoltà alla concentrazione.
Queste manifestazioni , abbastanza poco specifiche, compaiono associate
variamente tra loro. Insorgono dopo alcune ore di permanenza nell’edificio
e si risolvono rapidamente una volta usciti dall’ambiente ( fanno
eccezione i disturbi cutanei che possono durare alcuni giorni.
I fattori che più frequentemente sono chiamati in causa nel determinare
questa sintomatologia sono le alterazioni del microclima degli ambienti
e i sistemi di condizionamento d’aria globale, cioè senza
immissione di aria fresca dall’esterno.
Questo tipo di condizionamento, in genere, viene scelto per risparmiare
energia e ridurre i costi di manutenzione dell’edificio.
Un’altra causa è costituita dal cattivo funzionamento dei
meccanismi di regolazione dei flussi d’aria, per cui l’aria
fresca si mescola male con l’aria della zona respiratoria (quella
che avvolge i soggetti). In non pochi casi la responsabilità è
stata attribuita ad inquinamento dell’aria interna per prese di
aria che si affacciano su strade ad elevato traffico autoveicolare .
Alcuni Autori hanno ipotizzato che la causa della sintomatologia possa
essere attribuita anche allo “smog fotochimico” che si sviluppa
dall’azione dei raggi UV delle luci fluorescenti su sostanze tossiche
volatili presenti nell’ambiente (benzene2, stirene3, cloroformio4,
cloruro di metile5).
Studi epidemiologici effettuati su grossi gruppi di lavoratori
hanno inoltre dimostrato come lo stress lavorativo costituisca
un importante fattore di rischio per il manifestarsi dei sintomi
tipici di SEM, soprattutto quando associato a basso confort termico,
rumore eccessivo, scarsa illuminazione, storia pregressa di allergia,
giovane età, sesso femminile. |
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