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È
vietato l’uso generalizzato delle impronte digitali dei dipendenti
per controllare le presenze sul luogo di lavoro. Tale sistema è
troppo invasivo della sfera personale e della libertà individuale.
Per raggiungere lo stesso scopo si possono adottare altre tecniche più
proporzionate ed ugualmente efficaci.
Con questa motivazione il Garante privacy con un proprio provvedimento
(relatore Mauro Paissan) ha vietato il trattamento dei dati biometrici
ad una industria del settore costruzioni con circa trecento dipendenti,
che intendeva utilizzare le impronte per controllare gli orari di ingresso
e uscita dei propri dipendenti dai luoghi di lavoro. L’impresa intendeva
con questo metodo prevenire alcune condotte abusive (scambio dei badge)
e ovviare allo smarrimento delle tessere magnetiche
in uso.
“Il provvedimento del Garante – commenta il relatore Mauro
Paissan – chiarisce ancora una volta che non è lecito l’uso
generalizzato e incontrollato dei dati biometrici. Nel caso specifico,
esistono molti altri sistemi altrettanto rigorosi per controllare gli
ingressi nei luoghi di lavoro, senza mettere a rischio la dignità
stessa dei lavoratori interessati”. L’azienda, secondo quanto
previsto dal Codice sulla privacy per questo delicato tipo di trattamento
di dati, aveva presentato all’Autorità una richiesta di verifica
preliminare di conformità alle norme della tecnologia proposta.
Il sistema prevedeva la raccolta dell’impronta di ciascun dipendente
e la sua trasformazione in un codice numerico poi memorizzato, senza cifratura,
nella banca dati aziendale. A ciascun ingresso in azienda
i lettori elettronici avrebbero rilevato l’impronta e “letto”
il codice da questa ricavato.
Nel corso dell’istruttoria svolta dal Garante non sono emersi elementi
che potessero giustificare la richiesta di introdurre la rilevazione di
dati biometrici, come ad esempio accessi ad aree dell’azienda che
richiedono standard di sicurezza particolarmente elevati in ragione di
specifiche circostanze o attività svolte. Il trattamento è
risultato, in altri termini, sproporzionato e non necessario rispetto
agli scopi perseguiti.
Forti perplessità sono state sollevate dal Garante
anche per quanto riguarda lo stesso funzionamento del sistema che non
assicurava una rigorosa garanzia di affidabilità ed integrità
dei dati, né adeguate misure di sicurezza a protezione della rete
di comunicazione elettronica sulla quale i dati sono trasmessi, non criptati,
dai singoli lettori al sistema centrale.
Trattamento sproporzionato anche per quanto riguarda le modalità
tecniche prefigurate. Alla centralizzazione nella banca dati dei codici
identificativi generati dall’esame dell’impronta, si sarebbe
potuto ovviare, infatti, con la memorizzazione su un supporto digitale
da assegnare al lavoratore e tale da rimanere nella sua esclusiva disponibilità.
Ciò per evitare gravi ripercussioni per i diritti individuali in
caso di violazione delle misure di sicurezza, di accessi di persone non
autorizzate o comunque di abuso delle informazioni memorizzate.
Inoltre, contrariamente a quanto dichiarato dalla società, i lavoratori
non sarebbero stati liberi di aderire o meno a tale sistema di rilevazione
delle presenze.
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