di Carlo Franchin, Coordinamento nazionale FABIPensionati    
 
Accanto ad un numero sempre più in crescita di anziani fragili, deboli, non auto sufficienti scopriamo un mondo, fortunatamente molto più ampio, di sessantenni, settantenni e anche ultra ottantenni, che godono di una buona salute e sono vitali ed efficienti.
La fascia di questi “anziani vitali” nei prossimi decenni comprenderà la maggioranza relativa degli italiani, perché entreranno a farne parte le generazioni nate negli anni cinquanta e sessanta, numericamente molto consistenti.
Queste persone non accettano l’etichetta di “anziano improduttivo”, ma, anzi, sono alla ricerca di un nuovo ruolo e di una nuova identità, innescando, così, un processo che potrà portare (e questo è auspicabile) ad un vero e proprio salto culturale, del quale oggi si possono intravedere solo le prime avvisaglie.
Il primo segnale che possiamo cogliere è la rivalutazione del ruolo dei nonni, con gran sollievo dei padri e delle madri che lavorano, assillati spesso dalla carenza di asili nido e dai costi onerosi di questi.
Gli anziani, però, non cercano la riconquista di un ruolo solo all’interno della famiglia, anche perché nella società di domani ci saranno più aspiranti nonni di nipotini, conseguenza dello squilibrio prodotto da decenni di denatalità.
Al di fuori del contesto della famiglia, i “nuovi anziani” si impegnano sempre più numerosi in attività di volontariato e di servizio civile, riuscendo a rimettersi in gioco e riscoprendo, così, di avere ancora molto da realizzare e da offrire agli altri, negli anni o decenni di vita che ancora li attendono.
E’ fondamentale, allora, riconoscere fino in fondo che gli “anziani vitali” rappresentano un risorsa e la società, oggi e tanto più domani, non può permettersi di fare a meno del loro apporto.
L’auspicato salto culturale potrà realizzarsi solo se i programmi e i servizi indirizzati a questa categoria di persone saranno sempre più finalizzati a favorire una visione d’insieme.
Non possono esserci ricette precostituite e valide per tutti, perché l’anziano che si rimette in gioco è quasi come un adolescente che cerca di trovare la sua strada, di mettere a fuoco la sua identità ancora imperfetta.
Per sviluppare la consapevolezza delle proprie potenzialità e del possibile ruolo nella società, dovranno esercitare un continuo dialogo e confronto all’interno dei vari Organismi sociali, in modo da recuperare spunti e motivazioni per una maggiore partecipazione e allo stesso tempo dare un contributo alla diffusione di una nuova cultura della terza età.
Questo processo, messo in moto dagli “anziani vitali”, non deve apparire utopistico, anzi deve trovare cittadinanza anche nel nostro Sindacato e sfidare eventuali resistenze e pregiudizi.
Questo processo ricorda gli inizi, negli anni sessanta, della presa di coscienza della potenzialità delle donne.
Anche gli anziani, a ben vedere, possono rappresentarsi come “l’altra metà del cielo” e il diritto, nuovo e antico, che oggi rivendicano è quello di essere presi sul serio.