Lutto in tutta la Fabi: è morto Francesco Cerutti
 
 
 
 
 
   
 

Cristina AttuatiCristina Attuati

Sino ad oggi, nell’esperienza della FABI, le conferenze di organizzazione hanno sempre avuto alcuni obiettivi precisi:
• Sviluppare un’analisi sullo stato dell’Organizzazione;
• guardarsi dentro con attenzione cercando le ragioni del successo, oppure correggere qualche eventuale errore di rotta;
• analizzare la resistenza dello Statuto ai tempi, o l’efficacia della struttura nel suo complesso;
• misurare la tensione politica della categoria rispetto alle agende sul tappeto
Il primo limite, se avessimo voluto raggiungere gli stessi obiettivi, è la possibile sovrapposizione dei temi della Conferenza, con quelli che poi il Congresso Nazionale definirà, traducendoli autorevolmente, in programmi ed impegni che vincoleranno tutta la Federazione per il quadriennio successivo; il secondo è quello del rischio di una radicalizzazione delle nostre posizioni; parlare fra noi, solo e sempre di noi, può risultare insomma un po’ autocelebrativo, e può limitare le nostre possibilità di ulteriore crescita.. oi viviamo in una società che fonda le sue dinamiche più forti, sulle relazioni e non sull’isolamento. A maggior ragione i soggetti sociali, non riescono a crescere nell’isolamento, poiché il presente che noi viviamo, è già costruito come un microuniverso dove proliferano contatti e collegamenti sempre più stretti.
Non a caso questa viene definita la società della comunicazione, che non significa solo e necessariamente la società dell’apparire o peggio dell’apparenza. Comunicazione è in primis farsi comprendere e comprendere.
Società della comunicazione, per certi versi globale, ossia della globalizzazione, un termine quest’ultimo, spesso usato impropriamente, e con valenza negativa, ma che significa in realtà, mettere in comune esperienze,idealità,progetti.
Dobbiamo rifiutare ,come habitat naturale ed immutabile. lo stretto territorio dell’isola di appartenenza, scegliendo invece l’idea dell’arcipelago, dove numerosi sono i ponti che consentono scambi costruttivi di esperienze, di sensazioni, di conoscenze, di elementi diversi, tendenti tutti a favorire la risoluzioni dei numerosi problemi che assillano la società nel suo complesso.
Quella in cui viviamo, sarebbe assolutamente antistorico e quindi irresponsabile non rilevarlo, è senza dubbio una società naturalmente orientata verso una più ampia globalizzazione.
Non accorgersi degli eventi, o peggio rifiutarli è contrario al buon senso e spesso alla ragione.
Come non pensare infatti ai colleghi del nostro stesso settore, che in altri paesi della UE, solo a pochi chilometri da noi, vivono situazioni di gravi difficoltà e disagio?
Come isolarci, rifiutando di ascoltare le loro ragioni e non tendere, invece, insieme, alla realizzazione di un futuro, comune, migliore?
Questa è la faccia buona della globalizzazione.
Ma oltre che di aspetti culturali, sociali, certo a noi più cari, occorre anche trattare inevitabilmente di commerci e di finanza, che sono poi quelli che dettano i ritmi della nostra esistenza.
Vi è infatti una evidente interdipendenza nei commerci, ed una interdipendenza finanziaria; fatti questi che non possiamo non considerare come reali o lontani dai nostri interessi e dall’area di nostra competenza.
Alcuni dati a supporto delle parole potranno risultare utili.
Il valore dei depositi presso le banche dei residenti stranieri, è aumentato in media del 15% l’anno negli ultimi 25 anni, ed il valore delle transazioni internazionali in obbligazioni e azioni, è aumentato di circa il 30% l’anno nello stesso periodo.Cristina Attuati
Indicatori incontrovertibili di un dinamismo verso l’esterno, che investe il nostro paese, come tutti gli altri paesi, indistintamente.
Una volta si diceva utilizzando un motto scherzoso, che: “se l’America starnutisce, il mondo si prende il raffreddore”.
Il fatto è che oggi, virus di questa natura, attaccano ciclicamente l’economia mondiale e non tutte le epidemie partono ormai dagli USA.
Sullo scacchiere dell’economia, uguale rilievo hanno i paesi dell’Asia, dell’America latina, del mondo arabo, oltre ovviamente a quelli dell’Europa, unita, ma ancora così diversa al proprio interno.
Le crisi economiche, assomigliano ormai davvero alle epidemie influenzali. Solo la conoscenza e la prevenzione, consentono di evitarne gli effetti, e forse, in questo senso, la UE potrà rispondere con maggiore prontezza per il futuro; un’aviaria delle economie non è poi così impossibile da immaginare, con eventi sicuramente rilevanti per la gente del vecchio continente.

Dopo la diagnosi, la possibile cura
Per superare la ciclicità delle crisi finanziarie, ormai non solo locali, occorrerebbe, secondo molti economisti, un’armonizzazione delle politiche economiche dei vari paesi.
Ecco perché l’obiettivo di questa conferenza è quello di collocare le prospettive ed i cambiamenti in atto nel sistema bancario italiano, all’interno di questi scenari economici e sociali in forte trasformazione, provocando una discussione che per questo potrà spaziare dai temi legati alla globalizzazione a quelli giocati sul piano locale ed interno.
Qualcuno potrebbe ritenere questa impresa fuori misura per noi della FABI, e per questa nostra assise.
È vero, il tema è difficile, ma non ci deve spaventare. Non è presunzione, la nostra.
Ogni componente vitale della società può rappresentare una tessera, piccolo o grande che sia, per rendere il puzzle complessivo più accettabile.
Forse il nostro DNA è anche pieno di utopie, ma è attraverso le utopie buone che si costruisce il futuro, ed è innegabile, che ciascuno di noi, ed anche la FABI può fare la sua parte, a patto di non restare aggrappati all’idea della bellezza di uno splendido isolamento, o peggio alla tendenza a rifiutare di affrontare i grandi problemi per paura. Non deve albergare in noi la voglia di essere gli inventori delle strategie economiche del futuro, ma neppure il rifiuto a fornire, come cittadini, come parte sociale, un contributo.

Basta particolarismi, sì all’armonizzazione
Se i particolarismi hanno creato tanti danni all’umanità, proviamo con la strategia dell’armonizzazione a voltare pagina.
Insieme. Senza rinunce precostituite.
E per armonizzare, occorre anche primariamente comprendere e comprendersi
Comprendere è un bene, e nel contempo un dovere al quale non possiamo sottrarci invocando solo la compiutezza del nostro dibattito interno.
Ma in questo mondo globalizzato, devono restare alcuni punti fermi, che sono poi concetti elementari, utili per evitare che davvero, ed in negativo questa volta, la globalizzazione, finisca per omogeneizzare tutto e tutti verso il basso. Ciò produrrebbe una pericolosa perdita dell’identità individuale e collettiva. Una incresciosa, quanto deprecabile svolta, verso un futuro peggiore.

Valori fondanti del fare sindacato
Per evitare questa situazione, parliamo allora di ancore.
Una fra tutte queste ancore, ci è cara più di altre: la solidarietà, e poi l’etica del lavoro del proprio lavoro, di una dimensione del fare, non tanto intesa in chiave individuale ed egoistica, ma proiettata verso più alti ideali..
Sono, in fondo, questi i principi base del fare sindacato. Che non è solo il rappresentare richieste alla controparte, ma costruire una società più giusta, momento dopo momento.
Questi obiettivi etici, per essere raggiunti, hanno però bisogno della condivisione e del coinvolgimento di altri attori della società civile.

Condivisione degli obiettivi
Ecco perché, idee diverse, diverse opinioni , risultano ugualmente utili, se l’obiettivo finale è poi lo stesso: quello di costruire una società migliore. Un obiettivo , ne sono certa, che ci accomuna.
La società, questa nostra società, non è un magma indistinto, ma è articolata, composita, simile ad un arcobaleno di emozioni, di colori, di pensieri.
Questa nostra società, è pure in perenne e rapida evoluzione, e spesso, ciò che è rapido, mostra quasi inevitabilmente i segni di un passaggio troppo veloce. I resti del passaggio si chiamano problemi irrisolti.
Se la società viaggia a mille chilometri all’ora, molti sono dunque i problemi che aspettano di trovare risposte. Uno fra tutti: come riuscire a far sposare le esigenze del mercato, e delle aziende, con quelle dei singoli interpreti, che sono poi i lavoratori.
Il mercato del lavoro è perennemente in stato di criticità.

Sul filo del rasoio
L’occupazione giovanile resta un grande nodo da sciogliere.
Così come lo è l’occupazione per coloro che vengono espulsi dal mercato e che hanno un’età che li colloca in un limbo senza uscita, secondo le ferree logiche del sistema.
I diversi interventi legislativi tendenti a favorire l’occupazione giovanile; hanno finito per generare una nuova tipologia di lavoratore ed anche di cittadino.
È un fatto certo, che questi nuovi lavoratori, godono di tutele, inferiori, rispetto a coloro li hanno preceduti, e come di fatto si sia creato all’interno delle aziende un doppio livello di contrattazione disomogeneo.
È ben noto, come le posizioni sulla precarizzazione del lavoro, siano. diverse fra aziende e sindacato.
Vi è però da dire, che la flessibilità invocata dalle aziende, porta alla precarietà, e il precariato induce una sorta di gap sociale, un handicap per i lavoratori soprattutto per la loro permanenza nel mondo del lavoro; una situazione, che può provocare distorsioni, problemi di identità, e senza ombra di dubbio grande incertezza sul futuro, per chi la vive.

Il fattore umano
Anche in questo caso, occorrerà ricercare un giusto equilibrio, fra costi e benefici, fra esigenze delle aziende e diritti dei lavoratori. La persona è al centro dell’interesse…non solo nostro…speriamo, ma delle stesse imprese, delle parti sociali, dei partiti, degli studiosi e degli economisti.
È risputo che un mercato del lavoro, rigidamente rivolto alla realizzazione di risparmi, produce sì un utile immediato per gli azionisti, ma provoca poi dissesti nella società, stemperando quella sicurezza che è fondamentale affinché un paese consolidi sé stesso. Dalle persone, al paese. Non vi è alternativa. Né il paese, o le aziende, possono reggersi senza considerare nel dovuto modo il fattore umano.
Occorrono dunque correttivi.
La formazione, il concorso con la scuola, l’identificarsi in una società meno conflittuale, e più tesa a privilegiare le reali capacità della persona, rappresentano i canali da percorrere con pazienza, ma con tenacia.
Questi sono alcuni dei problemi, che affronteremo nella Conferenza, e non in modo velleitario, ma con consapevolezza e pragmatismo.

Cambia il mondo, Cambia il sindacato
Siamo certi che è in atto un profondo cambiamento.
Cambiano i lavoratori, cambia la loro tipologia di rapporto contrattuale, e per forza di cose, deve cambiare il sindacato che li rappresenta.
La FABI è da sempre un sindacato che pondera i suoi cambiamenti, ma che non rifiuta, di per sé, il concetto di cambiamento.
Quando il sistema del credito è cambiato in Italia, i primi a farsene carico responsabilmente, siamo stati proprio noi della FABI, sostenendo con coraggio fra i lavoratori modifiche epocali.

C’è un tempo per dare e un tempo per ricevere
In quell’occasione, abbiamo interpretato il nostro ruolo consapevolmente, perché credevamo che la ristrutturazione del settore fosse utile. I fatti ci hanno dato ragione. Le ristrutturazioni hanno prodotto benefici risultati…ma ci sia consentito oggi, esprimere un concetto:
non riteniamo la politica dei sacrifici di per sé sbagliata, ma crediamo anche che vi debba essere corrispondenza, e se i tempi sono mutati, i lavoratori, devono in qualche modo beneficiare del favorevole andamento delle aziende per le quali lavorano.
Non dimentichi nessuno, il recente passato.
Perché ogni passaggio, nella storia, merita attenzione e va dato il giusto peso alle azioni di ciascun interprete.

Aprirsi al nuovo
È dunque, in virtù delle esperienze passate, e della nostra stessa identità, che abbiamo scelto, come Segreteria Nazionale, in uno con il CDC, di percorrere una strada diversa, per questa Conferenza, una strada che come tutti i processi innovativi, non sarà perfetta, ma che offre rispetto alle precedenti, almeno un punto di vantaggio: quello di consentirci attraverso un dibattito aperto, non stereotipato e non usuale., una maggiore apertura all’esterno.
Un cambiamento dunque operato con razionalità e non già sulla spinta dell’emotività, o dal desiderio di seguire le mode.
E per aprirsi all’esterno, occorre scendere sul piano dell’analisi dei temi che vive il paese e che tutto il mondo sindacale sta dibattendo.
Non pretendiamo di scoprire la pietra filosofale, siamo pragmatici e realisti, non alchimisti né della parola né di progetti, ma riteniamo di appartenere appieno al movimento sindacale di questo paese, per storia, cultura,e tradizione , e ci addentriamo consapevoli nell’analisi dei temi, con pieno diritto.
Ed addentriamoci, allora, almeno un poco, nei meccanismi del nostro settore.

Centralità del settore credito e centralità della FABI
In un mondo tanto caotico, in un paese che si dibatte fra polemiche con una economia fragile, il sistema del credito rappresenta un settore centrale per la vita del paese, ed in questo settore riteniamo di poter svolgere come FABI, a pieno titolo, un ruolo propositivo.
Il settore della finanza, del terziario avanzato è un cardine. Sui cardini poggia il sistema. Ed Il sistema va decisamente migliorato, partendo proprio da un miglioramento delle sue basi.
Se così non fosse, si correrebbe il rischio di una crescita senza fondamenta, di accontentare artificiosamente una parte, che ha interessi in gioco, ma nel contempo di mortificare il paese.
La società civile, non è estranea a questo tema.
Vi è un grande interesse esterno.
Non sono estranei al tema i risparmiatori, non lo sono le persone comuni che chiedono certezze., certezze per i così detti stakeholder: i risparmiatori, gli azionisti e per noi, inevitabilmente, primi fra tutti: i lavoratori,
Stake significa scommessa. Scommettiamo volentieri la nostra quota, ma altri devono scommettere la loro, con uguale disponibilità.
La FABI è un portentoso contenitore di idee. 4500 quadri sindacali rappresentano un patrimonio unico ed originale..
Originale, perché siamo un sindacato, che vive nel pluralismo e che fa del suo pluralismo la sua stessa ragione di esistere. Unico per la compattezza con cui questi valori sono condivisi.
Al nostro interno tutte le sensibilità politiche e di pensiero, hanno uguale dignità. Questa è la nostra forza.
Questa è la ricchezza che vogliamo non tenere solo per noi, ma mettere a disposizione del paese.

Più capacità di ascolto
Abbiamo detto che questo è il tempo dei cambiamenti ed allora facciamo un salto di qualità, imparando ad ascoltare.
Ascoltandoci maggiormente fra noi, ed ascoltando le posizioni di persone , esterne alla FABI, amplieremo la nostra capacità di analisi e la nostra ottica.
Vedere il mondo da angolazioni diverse è non solo utile, ma doveroso.
Ecco il perché di un avvio di conferenza, con una tavola rotonda sul tema dell’economia, delle banche, delle assicurazioni della società stessa in cui viviamo ed operiamo noi lavoratrici e lavoratori del credito.

Metamorfosi di un sindacato “nuovo”
Non vorremmo che questa metamorfosi diventasse simile ad alcune delle metamorfosi raccontate da Ovidio.
Occorre conoscere, come dicevamo e reagire nei modi giusti. Studiando le strategie idonee. Non idee scritte sulla sabbia, ma idee e progetti che ci accompagneranno sino al prossimo Congresso Nazionale.
Abbiamo trascorso insieme, in questi ultimi tempi, momenti non difficili, ma certo complessi.
L’Organizzazione ha saputo rispondere ad ogni sollecitazione, non con il pianto greco, ma con la saggezza di chi sa di avere grandi responsabilità sulle proprie spalle.