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«Se
vi dicessi che non sono leggermente emozionata, vi direi una bugia….
Questa Conferenza per la nostra organizzazione è stata veramente
una scommessa e ancora una volta questa scommessa noi l’abbiamo
vinta tutti insieme.
Qualcuno l’ha detto: la Fabi ha fatto un bagno di umiltà.
Ma la Fabi ha fatto anche un grande bagno di consapevolezza.
Chi ha seguito i nostri lavori, i delegati, chi ha partecipato alla tavola
rotonda non ha certo pensato che la nostra è una organizzazione
in agonia, come qualcuno, anche magari al nostro interno, dice.
Siamo vivi e vegeti, e lo dimostrano i quasi 2000 iscritti che abbiamo
fatto dal Congresso Nazionale ad oggi.
Lo dimostra, cari amici, l’entusiasmo con cui i relatori hanno partecipato
alla tavola rotonda, nonostante quella lettera delirante e vergognosa
che un anonimo o degli anonimi imbecilli, consapevoli che ormai qui si
è voltato pagina e non si torna più indietro, hanno inviato
loro.
La tavola rotonda è stato un punto d’incontro, un’occasione
tra sensibilità diverse.
Lo sapevamo, lo abbiamo detto anche in relazione: c’è gente
che la pensa come noi e gente che ha posizioni anche lontane dalle nostre.
Ma non è stata fatta per polemizzare: è stata fatta per
capire, perché un sindacato grande e importante come il nostro
ha bisogno di capire, non deve rimanere alla superficie delle cose, deve
comprendere la realtà e deve comprendere gli scenari.
Perché noi vogliamo svolgere il nostro ruolo, vogliamo comprendere
gli scenari e lavorare insieme per cambiarli, per renderli migliori, per
dare delle certezze, delle sicurezze a tutti i lavoratori che ci onoriamo
di rappresentare.
Diciamo no alla confutazione intesa come esercizio di retorica scontata.
Bene chi ha detto: il Segretario generale non vuole demagogia.
Il Segretario Generale vuole i fatti, la Fabi vuole i fatti!
La demagogia, la retorica sono arti fine a se stesse. Vogliamo passione
nelle cose che facciamo, vogliamo coraggio, il coraggio di svolgere appieno
il nostro ruolo. Il coraggio di assumerci fino in fondo le nostre responsabilità.
Qualcuno lo ha detto, è vero: manca l’establishment. È
una situazione che coinvolge tutto il paese.
La politica prevale sulla finanza, la finanza prevale sulla politica…
Beh, francamente, scusate, secondo me questi sono giochi di parole che
poco ci interessano.
Lo abbiamo detto anche nella relazione introduttiva: noi non facciamo
gli alchimisti con parole e idee.
Noi facciamo i fatti; noi abbiamo idee da portare avanti e le vogliamo
portare avanti con determinazione e con coraggio.
In questo paese troppo spesso una stupidità cieca e strumentale
prevale sul buon senso, prevale sulla ricerca del bene comune.
Voltare pagina significa anche questo: agire con coerenza, agire con del
buon senso, abbandonare la strumentalità e svolgere appieno, per
quanto ci compete, il nostro ruolo.
Nessuno, in una situazione che investe tutti, in una situazione nell’ambito
della quale ognuno di noi si sente coinvolto, nessuno, la politica, le
istituzioni, le aziende, ha il coraggio di assumersi le proprie responsabilità.
Noi, francamente, non vogliamo svolgere o ricoprire ruoli di altri. Ci
basta il nostro.
Vogliamo svolgere il nostro fino in fondo.
Vogliamo fare sindacato perché siamo un sindacato e perché
siamo convinti che in questo paese i lavoratori abbiano bisogno di un
sindacato.
Quindi, ognuno faccia la sua parte o vada a casa!
Vado velocemente sui temi perché già tanto è stato
detto nel dibattito.
Ciò che sto per dire, lo dico veramente con il cuore: è
stato un dibattito profondo, competente, sentito, con tanti interventi
che, veramente, sono entrati nei problemi, li hanno sviscerati, hanno
aiutato questa organizzazione ad analizzarli, a portare delle soluzioni
percorribili e soprattutto hanno tracciato una strada che - lo abbiamo
detto in apertura e lo diciamo ora con forza - si concluderà nel
nostro prossimo Congresso Nazionale.
La legge Biagi, lo ha detto anche l’onorevole, l’amico Franco
Marini, crea instabilità, crea incertezza e oltre a questo non
crea occupazione.
È vero: nel paese si stanno creando veramente due categorie.
Una, più tutelata, che va disperatamente, inesorabilmente e progressivamente
assottigliandosi; e l’altra, fatta di giovani che non hanno certezze,
che non possono pianificare la loro vita, che vivono l’impatto di
questa incertezza non solo da un punto di vista esclusivamente lavorativo,
ma da un punto di vista psicologico, da un punto di vista di relazioni
sociali, da un punto di vista di vita vera, di vita quotidiana.
Però, scusate, non tocca a noi riscriverla.
Abbiamo parlato di ruoli, abbiamo detto che vogliamo svolgere pienamente
il nostro ruolo. E allora, siccome noi siamo persone coerenti (non siamo
dei demagoghi e non siamo nemmeno dei politici) diciamo che le leggi le
fa e le riscrive il Parlamento.
Abbiamo sentito, con piacere, che c’è una parte che si presenterà
alle elezioni con un programma che, tra tanti punti, contempla anche un
miglioramento, una rivisitazione in modo migliorativo della legge Biagi.
Beh, auspichiamo che questo avvenga. Auspichiamo che le promesse non rimangano
come sempre nel cielo delle idee, ma diventino fatti concreti.
Quale è allora il nostro ruolo? Quello di studiarla, di capirla
a fondo, di non parlarne tanto per parlarne, di non pensare a chi l’ha
scritta o a chi non l’ha scritta, di vagliarne fino in fondo quelli
che sono i contenuti, per fare delle proposte intelligenti.
Dove? Subito già nella contrattazione integrativa aziendale e poi
nel prossimo rinnovo di contratto nazionale.
E quali sono queste proposte?
Entriamo nel merito.
La formazione: una formazione, ce lo ha detto la dott.ssa Maria Pia Camusi,
che non solo i nostri iscritti, ma che i bancari vogliono.
Una formazione che non deve essere un fatto rituale, ma che va condivisa
con le organizzazioni sindacali, che deve dare ai bancari una professionalità
e, quindi, necessariamente anche la possibilità di riciclarsi,
di giocare un ruolo non solo all’interno delle aziende, ma anche
nell’ambito più vasto del sistema paese.
E poi che fare con queste persone di cui tanto si parla, ma che di fatto
non sono presenti in questa sala perché non sono iscritte al sindacato.
Di queste persone a cui noi diamo, qualche volta anche peccando probabilmente
di superbia, una voce.
Queste persone dobbiamo sentirle, dobbiamo ascoltarle, dobbiamo confrontarci
con loro. Dobbiamo capire veramente cosa vogliono. Perché un conto
è conoscere un problema, un conto è viverlo, viverlo quotidianamente.
E a questo proposito, come Segreteria Nazionale, abbiamo già pensato
di costituire un gruppo dove cercheremo in ogni modo di coinvolgere delle
persone, che forse non saranno gli apprendisti, che sicuramente avranno
una certa difficoltà ad approcciarsi ad organizzazioni sindacali,
ma abbiamo tante persone giovani, in gamba, valide che lavorano nei call
center, che lavorano nelle società di vendita prodotti, che sono
stufe, che non hanno riferimenti e li cercano, che cercano non solo un
sindacato forte che li sappia tutelare, ma cercano soprattutto un sindacato
che li ascolti, che dia voce a quelle che veramente sono le loro esigenze.
E allora, già da domani, noi ci muoveremo su questa strada.
L’Europa. Beh, Oliver ce l’ha detto direi in maniera molto
chiara. L’Europa è un dato di fatto. Non ci preoccupa perché
noi della Fabi che l’Europa ci fosse e che si dovesse necessariamente
tenerne conto, lo abbiamo capito molto tempo fa.
Ci preoccupa piuttosto che forse alcune organizzazioni sindacali italiane
non l’hanno ancora capito.
E allora che cosa fare?
Differenziarsi, ma in maniera propositiva; continuare a lavorare con gli
stranieri. Non peccare del solito elitarismo sterile di cui pecca sempre
il sindacalismo italiano: noi siamo bravi, noi siamo più intelligenti,
noi abbiamo le tutele…
Perché questo ci separa dagli altri, ci rende sempre più
soli e sempre più deboli.
Quindi, una strada che non dobbiamo percorrere questa!
Dobbiamo agire con competenza, confrontarci, mediare le nostre esigenze
con quelle di colleghi e sindacati che lavorano e operano in altri paesi.
Dobbiamo lavorare con loro, per trovare delle strategie e delle soluzioni
condivise e comuni da portare avanti tutti insieme. Con la forza di tutti,
perché altrimenti rischiamo veramente prima di essere rinchiusi
in una riserva e poi, progressivamente, di sparire.
Il sistema del credito.
Penso che sia emerso ancora una volta, non solo dal nostro dibattito,
ma anche da alcuni interventi autorevoli che ci sono stati nell’ambito
della tavola rotonda, che è un sistema che vive una profonda crisi
di identità, che è tanto più grave perché
non si è ancora completamente palesata.
È il fuoco che cova sotto la cenere.
Perché voi pensate veramente che il settore del credito nel suo
complesso, il fare banca in Italia, sia completamente separato dalle vicende
che hanno investito la Banca d’Italia?
Pensate che sia completamente indifferente rispetto a quelli che saranno
gli equilibri presenti e futuri dei grandi gruppi, ma non solo, quello
che succederà al Governatore della Banca d’Italia?
Beh, francamente è assolutamente superficiale pensare, come forse
qualche banchiere crede o tenta di farci credere che il problema sia solo
lì. Sia solo nell’Istituto di vigilanza e non sia nel sistema,
non sia in un modo di fare banca, non sia in un modo di fare paese.
Dobbiamo avere il coraggio di dire questo.
Si parla molto di etica, se l’etica è un valore, se non ha
valore…..
L’etica deve avere valore per un paese.
L’etica deve avere valore per un sindacato. L’etica deve avere
valore per i cittadini, perché se noi non riusciamo a cambiare
la mentalità che è trasversale in questo paese – una
mentalità dove l’individualismo e gli interessi personali
a tutti i livelli prevalgono sugli interessi collettivi – siamo
destinati a fare una brutta fine.
E noi una brutta fine non la vogliamo fare!
Per cui iniziamo a dimostrarlo.
Come si fa in questi casi?
Si inizia dando l’esempio e mostrando che noi siamo un sindacato
aperto al confronto, dimostrando che noi siamo un sindacato trasparente,
dimostrando non solo ai colleghi e ai lavoratori, ma anche alle altre
sigle sindacali, che noi siamo un sindacato affidabile che porta avanti
delle idee non strumentali, che non si schiera da una parte o dall’altra
a seconda delle necessità o delle convenienze contingenti, ma che
ha un progetto e lo porta avanti condividendolo con gli altri.
Il sindacato nel suo complesso ha un ruolo importante da svolgere.
Come giocheremo questa partita?
La giocheremo a tutto campo impegnandoci con competenza e con forza su
temi importanti come il tema della responsabilità sociale.
Alcuni di voi nei loro interventi hanno parlato del famigerato protocollo
di “responsabilità sociale” che noi fin dall’inizio
abbiamo ritenuto insufficiente e che, nella sua totale insufficienza,
non ha ancora trovato nessuna forma di completamento, non è ancora
stato riempito di contenuti.
E allora noi dobbiamo far sentire alta la nostra voce, dobbiamo fare proposte,
dobbiamo fare in modo che la responsabilità sociale non diventi
uno slogan politico - guai a noi! - che ci venga soffiato da una parte
o dall’altra e venga utilizzato per una campagna elettorale, rimanendo
sospeso, però, solo nel cielo delle idee e delle buone intenzioni.
Dobbiamo lavorare perché la legge sul risparmio vada avanti.
Dobbiamo parlare della legge sul risparmio. Dobbiamo fare in modo che
venga approvata al più presto.
Non possiamo consentire ai nostri politici di maggioranza e di opposizione
di palleggiarsela da una parte all’altra, perché è
una legge scomoda, è una legge che limita gli interessi dei grandi
gruppi e che limita gli interessi dei potenti.
E allora i politici, se sono al servizio della collettività, sia
una parte sia l’altra, ce lo dimostrino in maniera concreta approvando
la legge tutti insieme.
La rappresentanza e la rappresentatività.
Già quasi tutto è stato detto. Voglio solo aggiungere un
contributo.
Chiediamo delle regole certe, delle regole che necessariamente devono
essere propedeutiche al nostro rientro. Non vogliamo, lo abbiamo detto,
lo avete detto soprattutto voi ed io vi sto ad ascoltare e convengo con
voi: no ad un rientro senza regole.
L’autonomia per me, l’autonomia per il vostro Segretario Generale,
è semplicemente – forse perché non sono capace di
pensieri molto complessi – la capacità di darsi delle proprie
regole, le regole che ci siamo dati con lo Statuto.
Però, attenzione! L’autonomia non impedisce di fare delle
scelte, perché chi non fa delle scelte rimane fermo, rimane immobile
e noi non siamo un’organizzazione che vuole rimanere ferma.
Il punto qualificante della nostra autonomia, che è sintetizzata
in maniera magistrale - lo ha detto qualcuno nel proprio intervento –
nel nostro Statuto, è che le scelte sono nostre, saranno nostre
ed unicamente nostre e non potranno essere condizionate da nessuno, da
politici o da altre sigle.
E adesso parliamo di questa platea, parliamo
di voi.
Devo dire mi avete veramente galvanizzato. Ho avuto una sensazione estremamente
positiva che, tra l’altro, mi hanno confermato altre persone che
sono intervenute come ospiti, che vi hanno visti così attenti,
così presenti.
Ci sono molti giovani. È la prima volta che vedo tanti giovani.
Tanti giovani che sono stati attenti, interessati, coinvolti, non solo
a parole.
Qui non si è parlato dei giovani o delle donne come categoria ghettizzata,
come riserva indiana.
Qui si è parlato di noi, del nostro progetto, del nostro futuro.
Mai c’è stata una partecipazione così intensa, mai
ne sono convinta, c’è stata una partecipazione così
costruttiva.
E devo spendere anche una parola - scusatemi ma lo devo – per i
componenti del Comitato Direttivo Centrale.
È una cosa che qualcuno ha già sentito, perché è
una cosa che ho avuto il piacere e l’occasione di dire in alcune
delle importanti riunioni che ci sono state in giro per l’Italia
per dibattere i temi della Conferenza.
Nel corso di un anno il Comitato Centrale della Fabi ha subito una vera
e propria rivoluzione copernicana.
È diventato laboratorio di idee, è diventato sede di confronto.
È diventato momento di analisi e di proposta.
Due sono gli elementi a sostegno di questa mia tesi:
Il fatto che oggi in questa Conferenza, probabilmente a differenza del
passato, i componenti del Comitato Centrale non sono intervenuti in massa.
È intervenuto chi voleva portare qualcosa e gli altri sono stati
ad ascoltare. Perché una grande organizzazione e il Comitato Direttivo
Centrale rappresenta il massimo vertice di questa organizzazione, il Segretario
Generale e la Segreteria Nazionale che altro non sono che una emanazione
del Congresso e del Direttivo Centrale, stanno ad ascoltare, devono stare
ad ascoltare!
Perché altrimenti su che cosa basa le proprie decisioni, su che
cosa basa le proprie proposte?
Grazie, quindi, a tutti i componenti del Comitato Centrale che con la
loro forza, con le loro idee, con la loro fantasia e in alcuni casi anche
con i loro dubbi, con il loro dissenso espresso nelle sedi opportune -
perché il Comitato Centrale è la sede opportuna, l’ho
sempre detto e non mi stancherò mai di ripeterlo – hanno
reso grande questa organizzazione, hanno dato nuova linfa e nuova vita
allo stesso Comitato Centrale.
Siamo solo all’inizio, continueremo a stupirvi, diventeremo sempre
più bravi, sempre più capaci di ascoltare, sempre più
capaci di fare camminare le vostre idee, le vostre esigenze, i vostri
desideri, le vostre speranze sulle nostre gambe.
E questo, signori, non l’hanno fatto i componenti giovani del C.D.C.,
anche perché (non me ne vogliano) francamente non ce ne sono molti.
Lo hanno fatto tutti, tutti insieme, confrontandosi, mettendosi in gioco.
Beh, scusate. Se gente di esperienza che sta nella nostra organizzazione
da tanto tempo, che ha dato una vita al sindacato come Tommaso Brindisi,
lo cito perché è qua di fronte a me, oppure l’amico
Gianni Venier - alcuni fra i tanti, li dovrei citare tutti per essere
veramente giusta - vi dicono che questa è una Fabi forte, una Fabi
vitale, una Fabi unita, una Fabi che non deve avere paura, allora non
è proprio il caso di preoccuparsi.
Tutto questo grande fermento, tutto questo entusiasmo mi dà un
forte senso di consapevolezza e mi carica di una grande responsabilità,
mi porta a fare sempre di più, a fare di più di quello che
ho fatto fino ad oggi, ad impegnarmi insieme alla Segreteria Nazionale
fino in fondo, perché ve lo devo, ve lo dobbiamo, perché
ve lo meritate.
E adesso entriamo veramente al cuore del problema; e parliamo di quello
che abbiamo fatto e soprattutto di quello che faremo.
Siamo passati nel giro di un anno da una situazione di verticismo allucinato
ad una situazione di distribuzione delle deleghe costruttiva e proficua.
Le deleghe non sono state date così, sulla base del premio alla
carriera, ma sulla base delle competenze, a chi vive direttamente le problematiche.
Ne sono un esempio concreto i colleghi della BNL, i colleghi della Banca
d’Italia, i colleghi della Banca Popolare di Lodi, i colleghi della
Banca Antonveneta che per la prima volta nella storia di questa organizzazione,
chiaramente in piena sintonia col Segretario Generale, sono diventati
i protagonisti, non solo tra i lavoratori ma anche sulla stampa, sui mezzi
di comunicazione di massa, di quelle vicende che li coinvolgono e che
nessuno meglio di loro conosce.
Questa non è stata una svista, è stata una scelta politica
forte, voluta e consapevole.
La nostra forza, lo dico soprattutto ai dirigenti centrali e lo dico ai
miei colleghi di Segreteria Nazionale, la nostra forza, signori, non è
al vertice.
Questo veramente ci differenzia dalle altre organizzazioni sindacali.
La nostra forza sono le R.S.A., sono i coordinamenti, sono i SAB, il C.D.C.,
siete voi, tutti voi la nostra forza, siamo veramente orgogliosi, sono
veramente orgogliosa di essere il vostro Segretario Generale, sono orgogliosa
di rappresentarvi, sono orgogliosa di portare in giro insieme ai colleghi
della Segreteria, insieme al colleghi del Comitato Centrale, la storia,
le idee, i progetti, i sogni di questa grande organizzazione che è
veramente grande grazie a voi.
E adesso parliamo del rinnovamento, del nuovo
corso.
Questa specie di fantasma che aleggia ogni volta che ci incontriamo, al
quale si danno varie valenze che qualcuno, probabilmente un male informato,
considera un contenitore vuoto da riempire.
Perché in realtà il rinnovamento è già incominciato
e non si ferma più.
Perché siete stati voi a chiedere di rinnovare e noi vogliamo rinnovare
fino in fondo.
E, guardate, non è come qualcuno dice strumentalmente, una questione
anagrafica, è una questione di testa.
Non contano gli anni, è semplicemente una questione di testa e
di cuore.
Il rinnovamento che cosa è? È premiare le persone capaci,
come ha detto il mio amico Gianni Debiasi, le persone preparate che, oltre
a saper comunicare – perché vedete è importante saper
comunicare, ma se non si ha nulla da dire, saper comunicare bene è
proprio fine a se stesso – devono dimostrare l’impegno, lo
spirito di gruppo, perché noi siamo una squadra e siamo tanto più
grandi quanto più siamo capaci di fare squadra tra di noi.
Questa non può e non deve essere la Fabi dell’individualismo.
Questa Fabi non è di nessuno, non è del Segretario Generale,
non è del Comitato Centrale, non è della Segreteria Nazionale.
Questa Fabi è la nostra Fabi, è la Fabi di tutti noi!
E adesso, visto che ci siamo detti che dobbiamo rinnovare e che dobbiamo
essere chiari e trasparenti fino in fondo, entriamo un po’ più
nel merito.
E diciamo qualche cosa che il Comitato Centrale ben conosce, che forse
conoscete anche voi perché se ne parla nei corridoi, ma che in
realtà una grande organizzazione come noi siamo, deve avere il
coraggio di dire nelle sedi opportune e io ritengo che questa sia la sede
opportuna.
Ma perché pensate che non si fidino di questa Segreteria Nazionale?
Questa diffidenza, questo cercare di capire “ce la faranno, non
ce la faranno?” Siamo continuamente sotto la lente, siamo continuamente
sotto rodaggio, un rodaggio che dura da più di un anno.
Guardate, beh lo sa chi mi lavora a fianco: il tavolo sarebbe già
stato riunito da un pezzo, se in quest’ultimo anno non ci fossero
state le continue calunnie e i delatori che dal nostro interno portano
notizie false.
Quali sono queste notizie? Che cosa dicono di noi i nostri amici, qualcuno
che forse è seduto anche in questa sala, qualcuno che magari ha
partecipato alla nostra festa, magari con il desiderio più o meno
recondito di rovinarcela.
Che cosa dicono? Dicono che siamo inaffidabili, dicono che siamo politicizzati,
che ci spaccheremo.
E allora che cosa stiamo facendo?
Di certo non perdiamo tempo a ragionare sulle condizioni che gli altri
ci potrebbero porre per il rientro o che noi potremmo porre agli altri.
Perché francamente ci sembra un’ipotesi di scuola ed un esercizio
che poco produce.
Stiamo costruendo un percorso, ve lo dico ufficialmente, non lo dico nei
corridoi, per arrivare ad un riavvicinamento con gli altri.
Ci saranno dei risultati e questi risultati, ve lo dice il Segretario
Generale della Fabi, saranno visibili molto presto a tutti in totale trasparenza,
come deve essere in una organizzazione come la nostra.
E per essere trasparente fino in fondo vi dico, cosa che penso non sia
mai successa, vi dico che intendo proporre alla Segreteria Nazionale di
portare al prossimo Comitato Direttivo Centrale la proposta di integrare
l’attuale Segreteria con una persona , una persona capace, una persona
collaudata ed esperta, una persona che ha fatto un bagno di umiltà
anche lui, come tutti noi, che ha deciso di lavorare insieme a noi per
portare avanti questo progetto che è già iniziato.
E poi, visto che siamo in tema di novità, non smentiamoci.
È possibile che tra non molto al Comitato Centrale il Segretario
Generale proponga una nuova linea politica, niente di nuovo, tutto nei
termini e nelle regole fissate dallo Statuto.
Questa linea politica verrà spiegata, ci si confronterà,
ma non rimarrà chiusa, dentro le mura del Comitato Centrale, verrà
portata all’esterno perché noi non abbiamo paura dei nostri
progetti, non abbiamo paura delle nostre idee e vedrà il coinvolgimento
non solo del C.D.C. ma anche del Consiglio Nazionale.
Quindi preparatevi perché presto, non so esattamente quando, ci
sarà un Consiglio Nazionale dove parleremo di noi, dove tutta l’Organizzazione
verrà coinvolta.
E poi, perché i cerchi che si aprono vanno sempre chiusi, per avere
il coraggio di andare fino in fondo, perché un cambiamento non
è tale se non è totale, non escluderei nemmeno la possibilità
di un Congresso Straordinario.
Non deve farci paura, perché un Congresso Straordinario è
l’unico e solo strumento che ci permette di coinvolgere democraticamente
tutta l’organizzazione sulle scelte che andremo a fare.
E adesso chiudo veramente ritornando sul nostro slogan che non definirei
geniale.
Noi non vogliamo, non possiamo, non ci sentiamo dei geni.
Noi non stiamo seduti sull’Olimpo autocompiacendoci della nostra
cultura e della nostra intelligenza.
Noi ci rimbocchiamo le maniche, scendiamo tra la gente, ascoltiamo, lavoriamo
con loro.
Questa è la nostra forza.
L’organizzazione, i quadri, i lavoratori (lo sa bene chi parla con
loro, chi li ascolta) non ci chiedono tranquillità.
La tranquillità, come forma di vile immobilismo, non ce la chiedono
nemmeno i pensionati: li avete sentiti, che esprimono nei loro interventi
dinamismo, voglia di guardare avanti.
Se il nostro amico Carcano fosse qui, oggi concluderebbe il suo intervento
con un “Evviva! Evviva la Fabi, andiamo avanti”.
Siamo sempre più forti, siamo sempre più dinamici.
Che cosa chiedono i lavoratori, che cosa ci chiedono?
Ci chiedono la ricerca di ciò che non è dubbio e quindi
di ciò che non è ambiguo.
Quindi no ad un comodo e vile immobilismo.
Dobbiamo invece avere una giusta tensione emotiva per realizzare insieme
ai lavoratori di questo settore, insieme ai nostri iscritti, ma non solo
insieme a loro e per loro un futuro che sia veramente migliore.
Questo è il nostro ruolo, e questo è il ruolo che vogliamo
giocare fino in fondo». |
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