AVANTI CON CORAGGIO SINO IN FONDO
       

Lutto in tutta la Fabi: è morto Francesco Cerutti
 
   

 

 
   
Le conclusioni del Segretario Generale della Fabi Cristina Attuati
(trascrizione dalla registrazione audio)
     
     
 

Fazio«Se vi dicessi che non sono leggermente emozionata, vi direi una bugia….
Questa Conferenza per la nostra organizzazione è stata veramente una scommessa e ancora una volta questa scommessa noi l’abbiamo vinta tutti insieme.
Qualcuno l’ha detto: la Fabi ha fatto un bagno di umiltà. Ma la Fabi ha fatto anche un grande bagno di consapevolezza.
Chi ha seguito i nostri lavori, i delegati, chi ha partecipato alla tavola rotonda non ha certo pensato che la nostra è una organizzazione in agonia, come qualcuno, anche magari al nostro interno, dice.
Siamo vivi e vegeti, e lo dimostrano i quasi 2000 iscritti che abbiamo fatto dal Congresso Nazionale ad oggi.
Lo dimostra, cari amici, l’entusiasmo con cui i relatori hanno partecipato alla tavola rotonda, nonostante quella lettera delirante e vergognosa che un anonimo o degli anonimi imbecilli, consapevoli che ormai qui si è voltato pagina e non si torna più indietro, hanno inviato loro.
La tavola rotonda è stato un punto d’incontro, un’occasione tra sensibilità diverse.
Lo sapevamo, lo abbiamo detto anche in relazione: c’è gente che la pensa come noi e gente che ha posizioni anche lontane dalle nostre.
Ma non è stata fatta per polemizzare: è stata fatta per capire, perché un sindacato grande e importante come il nostro ha bisogno di capire, non deve rimanere alla superficie delle cose, deve comprendere la realtà e deve comprendere gli scenari.
Perché noi vogliamo svolgere il nostro ruolo, vogliamo comprendere gli scenari e lavorare insieme per cambiarli, per renderli migliori, per dare delle certezze, delle sicurezze a tutti i lavoratori che ci onoriamo di rappresentare.
Diciamo no alla confutazione intesa come esercizio di retorica scontata.
Bene chi ha detto: il Segretario generale non vuole demagogia.
Il Segretario Generale vuole i fatti, la Fabi vuole i fatti!
La demagogia, la retorica sono arti fine a se stesse. Vogliamo passione nelle cose che facciamo, vogliamo coraggio, il coraggio di svolgere appieno il nostro ruolo. Il coraggio di assumerci fino in fondo le nostre responsabilità.
Qualcuno lo ha detto, è vero: manca l’establishment. È una situazione che coinvolge tutto il paese.
La politica prevale sulla finanza, la finanza prevale sulla politica… Beh, francamente, scusate, secondo me questi sono giochi di parole che poco ci interessano.
Lo abbiamo detto anche nella relazione introduttiva: noi non facciamo gli alchimisti con parole e idee.
Noi facciamo i fatti; noi abbiamo idee da portare avanti e le vogliamo portare avanti con determinazione e con coraggio.
In questo paese troppo spesso una stupidità cieca e strumentale prevale sul buon senso, prevale sulla ricerca del bene comune.
Voltare pagina significa anche questo: agire con coerenza, agire con del buon senso, abbandonare la strumentalità e svolgere appieno, per quanto ci compete, il nostro ruolo.
Nessuno, in una situazione che investe tutti, in una situazione nell’ambito della quale ognuno di noi si sente coinvolto, nessuno, la politica, le istituzioni, le aziende, ha il coraggio di assumersi le proprie responsabilità.
Noi, francamente, non vogliamo svolgere o ricoprire ruoli di altri. Ci basta il nostro.
Vogliamo svolgere il nostro fino in fondo.
Vogliamo fare sindacato perché siamo un sindacato e perché siamo convinti che in questo paese i lavoratori abbiano bisogno di un sindacato.
Quindi, ognuno faccia la sua parte o vada a casa!
Vado velocemente sui temi perché già tanto è stato detto nel dibattito.
Ciò che sto per dire, lo dico veramente con il cuore: è stato un dibattito profondo, competente, sentito, con tanti interventi che, veramente, sono entrati nei problemi, li hanno sviscerati, hanno aiutato questa organizzazione ad analizzarli, a portare delle soluzioni percorribili e soprattutto hanno tracciato una strada che - lo abbiamo detto in apertura e lo diciamo ora con forza - si concluderà nel nostro prossimo Congresso Nazionale.
La legge Biagi, lo ha detto anche l’onorevole, l’amico Franco Marini, crea instabilità, crea incertezza e oltre a questo non crea occupazione.
È vero: nel paese si stanno creando veramente due categorie.
Una, più tutelata, che va disperatamente, inesorabilmente e progressivamente assottigliandosi; e l’altra, fatta di giovani che non hanno certezze, che non possono pianificare la loro vita, che vivono l’impatto di questa incertezza non solo da un punto di vista esclusivamente lavorativo, ma da un punto di vista psicologico, da un punto di vista di relazioni sociali, da un punto di vista di vita vera, di vita quotidiana.
Però, scusate, non tocca a noi riscriverla.
Abbiamo parlato di ruoli, abbiamo detto che vogliamo svolgere pienamente il nostro ruolo. E allora, siccome noi siamo persone coerenti (non siamo dei demagoghi e non siamo nemmeno dei politici) diciamo che le leggi le fa e le riscrive il Parlamento.
Abbiamo sentito, con piacere, che c’è una parte che si presenterà alle elezioni con un programma che, tra tanti punti, contempla anche un miglioramento, una rivisitazione in modo migliorativo della legge Biagi.
Beh, auspichiamo che questo avvenga. Auspichiamo che le promesse non rimangano come sempre nel cielo delle idee, ma diventino fatti concreti.
Quale è allora il nostro ruolo? Quello di studiarla, di capirla a fondo, di non parlarne tanto per parlarne, di non pensare a chi l’ha scritta o a chi non l’ha scritta, di vagliarne fino in fondo quelli che sono i contenuti, per fare delle proposte intelligenti.
Dove? Subito già nella contrattazione integrativa aziendale e poi nel prossimo rinnovo di contratto nazionale.
E quali sono queste proposte?
Entriamo nel merito.
La formazione: una formazione, ce lo ha detto la dott.ssa Maria Pia Camusi, che non solo i nostri iscritti, ma che i bancari vogliono.
Una formazione che non deve essere un fatto rituale, ma che va condivisa con le organizzazioni sindacali, che deve dare ai bancari una professionalità e, quindi, necessariamente anche la possibilità di riciclarsi, di giocare un ruolo non solo all’interno delle aziende, ma anche nell’ambito più vasto del sistema paese.
E poi che fare con queste persone di cui tanto si parla, ma che di fatto non sono presenti in questa sala perché non sono iscritte al sindacato. Di queste persone a cui noi diamo, qualche volta anche peccando probabilmente di superbia, una voce.
Queste persone dobbiamo sentirle, dobbiamo ascoltarle, dobbiamo confrontarci con loro. Dobbiamo capire veramente cosa vogliono. Perché un conto è conoscere un problema, un conto è viverlo, viverlo quotidianamente.
E a questo proposito, come Segreteria Nazionale, abbiamo già pensato di costituire un gruppo dove cercheremo in ogni modo di coinvolgere delle persone, che forse non saranno gli apprendisti, che sicuramente avranno una certa difficoltà ad approcciarsi ad organizzazioni sindacali, ma abbiamo tante persone giovani, in gamba, valide che lavorano nei call center, che lavorano nelle società di vendita prodotti, che sono stufe, che non hanno riferimenti e li cercano, che cercano non solo un sindacato forte che li sappia tutelare, ma cercano soprattutto un sindacato che li ascolti, che dia voce a quelle che veramente sono le loro esigenze.
E allora, già da domani, noi ci muoveremo su questa strada.
L’Europa. Beh, Oliver ce l’ha detto direi in maniera molto chiara. L’Europa è un dato di fatto. Non ci preoccupa perché noi della Fabi che l’Europa ci fosse e che si dovesse necessariamente tenerne conto, lo abbiamo capito molto tempo fa.
Ci preoccupa piuttosto che forse alcune organizzazioni sindacali italiane non l’hanno ancora capito.
E allora che cosa fare?
Differenziarsi, ma in maniera propositiva; continuare a lavorare con gli stranieri. Non peccare del solito elitarismo sterile di cui pecca sempre il sindacalismo italiano: noi siamo bravi, noi siamo più intelligenti, noi abbiamo le tutele…
Perché questo ci separa dagli altri, ci rende sempre più soli e sempre più deboli.
Quindi, una strada che non dobbiamo percorrere questa!
Dobbiamo agire con competenza, confrontarci, mediare le nostre esigenze con quelle di colleghi e sindacati che lavorano e operano in altri paesi.
Dobbiamo lavorare con loro, per trovare delle strategie e delle soluzioni condivise e comuni da portare avanti tutti insieme. Con la forza di tutti, perché altrimenti rischiamo veramente prima di essere rinchiusi in una riserva e poi, progressivamente, di sparire.

Il sistema del credito.
Penso che sia emerso ancora una volta, non solo dal nostro dibattito, ma anche da alcuni interventi autorevoli che ci sono stati nell’ambito della tavola rotonda, che è un sistema che vive una profonda crisi di identità, che è tanto più grave perché non si è ancora completamente palesata.
È il fuoco che cova sotto la cenere.
Perché voi pensate veramente che il settore del credito nel suo complesso, il fare banca in Italia, sia completamente separato dalle vicende che hanno investito la Banca d’Italia?
Pensate che sia completamente indifferente rispetto a quelli che saranno gli equilibri presenti e futuri dei grandi gruppi, ma non solo, quello che succederà al Governatore della Banca d’Italia?
Beh, francamente è assolutamente superficiale pensare, come forse qualche banchiere crede o tenta di farci credere che il problema sia solo lì. Sia solo nell’Istituto di vigilanza e non sia nel sistema, non sia in un modo di fare banca, non sia in un modo di fare paese.
Dobbiamo avere il coraggio di dire questo.
Si parla molto di etica, se l’etica è un valore, se non ha valore…..
L’etica deve avere valore per un paese.
L’etica deve avere valore per un sindacato. L’etica deve avere valore per i cittadini, perché se noi non riusciamo a cambiare la mentalità che è trasversale in questo paese – una mentalità dove l’individualismo e gli interessi personali a tutti i livelli prevalgono sugli interessi collettivi – siamo destinati a fare una brutta fine.
E noi una brutta fine non la vogliamo fare!
Per cui iniziamo a dimostrarlo.
Come si fa in questi casi?
Si inizia dando l’esempio e mostrando che noi siamo un sindacato aperto al confronto, dimostrando che noi siamo un sindacato trasparente, dimostrando non solo ai colleghi e ai lavoratori, ma anche alle altre sigle sindacali, che noi siamo un sindacato affidabile che porta avanti delle idee non strumentali, che non si schiera da una parte o dall’altra a seconda delle necessità o delle convenienze contingenti, ma che ha un progetto e lo porta avanti condividendolo con gli altri.
Il sindacato nel suo complesso ha un ruolo importante da svolgere.
Come giocheremo questa partita?
La giocheremo a tutto campo impegnandoci con competenza e con forza su temi importanti come il tema della responsabilità sociale.
Alcuni di voi nei loro interventi hanno parlato del famigerato protocollo di “responsabilità sociale” che noi fin dall’inizio abbiamo ritenuto insufficiente e che, nella sua totale insufficienza, non ha ancora trovato nessuna forma di completamento, non è ancora stato riempito di contenuti.
E allora noi dobbiamo far sentire alta la nostra voce, dobbiamo fare proposte, dobbiamo fare in modo che la responsabilità sociale non diventi uno slogan politico - guai a noi! - che ci venga soffiato da una parte o dall’altra e venga utilizzato per una campagna elettorale, rimanendo sospeso, però, solo nel cielo delle idee e delle buone intenzioni.
Dobbiamo lavorare perché la legge sul risparmio vada avanti.
Dobbiamo parlare della legge sul risparmio. Dobbiamo fare in modo che venga approvata al più presto.
Non possiamo consentire ai nostri politici di maggioranza e di opposizione di palleggiarsela da una parte all’altra, perché è una legge scomoda, è una legge che limita gli interessi dei grandi gruppi e che limita gli interessi dei potenti.
E allora i politici, se sono al servizio della collettività, sia una parte sia l’altra, ce lo dimostrino in maniera concreta approvando la legge tutti insieme.

La rappresentanza e la rappresentatività.
Già quasi tutto è stato detto. Voglio solo aggiungere un contributo.
Chiediamo delle regole certe, delle regole che necessariamente devono essere propedeutiche al nostro rientro. Non vogliamo, lo abbiamo detto, lo avete detto soprattutto voi ed io vi sto ad ascoltare e convengo con voi: no ad un rientro senza regole.
L’autonomia per me, l’autonomia per il vostro Segretario Generale, è semplicemente – forse perché non sono capace di pensieri molto complessi – la capacità di darsi delle proprie regole, le regole che ci siamo dati con lo Statuto.
Però, attenzione! L’autonomia non impedisce di fare delle scelte, perché chi non fa delle scelte rimane fermo, rimane immobile e noi non siamo un’organizzazione che vuole rimanere ferma.
Il punto qualificante della nostra autonomia, che è sintetizzata in maniera magistrale - lo ha detto qualcuno nel proprio intervento – nel nostro Statuto, è che le scelte sono nostre, saranno nostre ed unicamente nostre e non potranno essere condizionate da nessuno, da politici o da altre sigle.

E adesso parliamo di questa platea, parliamo di voi.
Devo dire mi avete veramente galvanizzato. Ho avuto una sensazione estremamente positiva che, tra l’altro, mi hanno confermato altre persone che sono intervenute come ospiti, che vi hanno visti così attenti, così presenti.
Ci sono molti giovani. È la prima volta che vedo tanti giovani. Tanti giovani che sono stati attenti, interessati, coinvolti, non solo a parole.
Qui non si è parlato dei giovani o delle donne come categoria ghettizzata, come riserva indiana.
Qui si è parlato di noi, del nostro progetto, del nostro futuro.
Mai c’è stata una partecipazione così intensa, mai ne sono convinta, c’è stata una partecipazione così costruttiva.
E devo spendere anche una parola - scusatemi ma lo devo – per i componenti del Comitato Direttivo Centrale.
È una cosa che qualcuno ha già sentito, perché è una cosa che ho avuto il piacere e l’occasione di dire in alcune delle importanti riunioni che ci sono state in giro per l’Italia per dibattere i temi della Conferenza.
Nel corso di un anno il Comitato Centrale della Fabi ha subito una vera e propria rivoluzione copernicana.
È diventato laboratorio di idee, è diventato sede di confronto. È diventato momento di analisi e di proposta.
Due sono gli elementi a sostegno di questa mia tesi:
Il fatto che oggi in questa Conferenza, probabilmente a differenza del passato, i componenti del Comitato Centrale non sono intervenuti in massa. È intervenuto chi voleva portare qualcosa e gli altri sono stati ad ascoltare. Perché una grande organizzazione e il Comitato Direttivo Centrale rappresenta il massimo vertice di questa organizzazione, il Segretario Generale e la Segreteria Nazionale che altro non sono che una emanazione del Congresso e del Direttivo Centrale, stanno ad ascoltare, devono stare ad ascoltare!
Perché altrimenti su che cosa basa le proprie decisioni, su che cosa basa le proprie proposte?
Grazie, quindi, a tutti i componenti del Comitato Centrale che con la loro forza, con le loro idee, con la loro fantasia e in alcuni casi anche con i loro dubbi, con il loro dissenso espresso nelle sedi opportune - perché il Comitato Centrale è la sede opportuna, l’ho sempre detto e non mi stancherò mai di ripeterlo – hanno reso grande questa organizzazione, hanno dato nuova linfa e nuova vita allo stesso Comitato Centrale.
Siamo solo all’inizio, continueremo a stupirvi, diventeremo sempre più bravi, sempre più capaci di ascoltare, sempre più capaci di fare camminare le vostre idee, le vostre esigenze, i vostri desideri, le vostre speranze sulle nostre gambe.
E questo, signori, non l’hanno fatto i componenti giovani del C.D.C., anche perché (non me ne vogliano) francamente non ce ne sono molti. Lo hanno fatto tutti, tutti insieme, confrontandosi, mettendosi in gioco.
Beh, scusate. Se gente di esperienza che sta nella nostra organizzazione da tanto tempo, che ha dato una vita al sindacato come Tommaso Brindisi, lo cito perché è qua di fronte a me, oppure l’amico Gianni Venier - alcuni fra i tanti, li dovrei citare tutti per essere veramente giusta - vi dicono che questa è una Fabi forte, una Fabi vitale, una Fabi unita, una Fabi che non deve avere paura, allora non è proprio il caso di preoccuparsi.
Tutto questo grande fermento, tutto questo entusiasmo mi dà un forte senso di consapevolezza e mi carica di una grande responsabilità, mi porta a fare sempre di più, a fare di più di quello che ho fatto fino ad oggi, ad impegnarmi insieme alla Segreteria Nazionale fino in fondo, perché ve lo devo, ve lo dobbiamo, perché ve lo meritate.
E adesso entriamo veramente al cuore del problema; e parliamo di quello che abbiamo fatto e soprattutto di quello che faremo.
Siamo passati nel giro di un anno da una situazione di verticismo allucinato ad una situazione di distribuzione delle deleghe costruttiva e proficua.
Le deleghe non sono state date così, sulla base del premio alla carriera, ma sulla base delle competenze, a chi vive direttamente le problematiche.
Ne sono un esempio concreto i colleghi della BNL, i colleghi della Banca d’Italia, i colleghi della Banca Popolare di Lodi, i colleghi della Banca Antonveneta che per la prima volta nella storia di questa organizzazione, chiaramente in piena sintonia col Segretario Generale, sono diventati i protagonisti, non solo tra i lavoratori ma anche sulla stampa, sui mezzi di comunicazione di massa, di quelle vicende che li coinvolgono e che nessuno meglio di loro conosce.
Questa non è stata una svista, è stata una scelta politica forte, voluta e consapevole.
La nostra forza, lo dico soprattutto ai dirigenti centrali e lo dico ai miei colleghi di Segreteria Nazionale, la nostra forza, signori, non è al vertice.
Questo veramente ci differenzia dalle altre organizzazioni sindacali.
La nostra forza sono le R.S.A., sono i coordinamenti, sono i SAB, il C.D.C., siete voi, tutti voi la nostra forza, siamo veramente orgogliosi, sono veramente orgogliosa di essere il vostro Segretario Generale, sono orgogliosa di rappresentarvi, sono orgogliosa di portare in giro insieme ai colleghi della Segreteria, insieme al colleghi del Comitato Centrale, la storia, le idee, i progetti, i sogni di questa grande organizzazione che è veramente grande grazie a voi.

E adesso parliamo del rinnovamento, del nuovo corso.
Questa specie di fantasma che aleggia ogni volta che ci incontriamo, al quale si danno varie valenze che qualcuno, probabilmente un male informato, considera un contenitore vuoto da riempire.
Perché in realtà il rinnovamento è già incominciato e non si ferma più.
Perché siete stati voi a chiedere di rinnovare e noi vogliamo rinnovare fino in fondo.
E, guardate, non è come qualcuno dice strumentalmente, una questione anagrafica, è una questione di testa.
Non contano gli anni, è semplicemente una questione di testa e di cuore.
Il rinnovamento che cosa è? È premiare le persone capaci, come ha detto il mio amico Gianni Debiasi, le persone preparate che, oltre a saper comunicare – perché vedete è importante saper comunicare, ma se non si ha nulla da dire, saper comunicare bene è proprio fine a se stesso – devono dimostrare l’impegno, lo spirito di gruppo, perché noi siamo una squadra e siamo tanto più grandi quanto più siamo capaci di fare squadra tra di noi.
Questa non può e non deve essere la Fabi dell’individualismo.
Questa Fabi non è di nessuno, non è del Segretario Generale, non è del Comitato Centrale, non è della Segreteria Nazionale.
Questa Fabi è la nostra Fabi, è la Fabi di tutti noi!
E adesso, visto che ci siamo detti che dobbiamo rinnovare e che dobbiamo essere chiari e trasparenti fino in fondo, entriamo un po’ più nel merito.
E diciamo qualche cosa che il Comitato Centrale ben conosce, che forse conoscete anche voi perché se ne parla nei corridoi, ma che in realtà una grande organizzazione come noi siamo, deve avere il coraggio di dire nelle sedi opportune e io ritengo che questa sia la sede opportuna.
Ma perché pensate che non si fidino di questa Segreteria Nazionale?
Questa diffidenza, questo cercare di capire “ce la faranno, non ce la faranno?” Siamo continuamente sotto la lente, siamo continuamente sotto rodaggio, un rodaggio che dura da più di un anno.
Guardate, beh lo sa chi mi lavora a fianco: il tavolo sarebbe già stato riunito da un pezzo, se in quest’ultimo anno non ci fossero state le continue calunnie e i delatori che dal nostro interno portano notizie false.
Quali sono queste notizie? Che cosa dicono di noi i nostri amici, qualcuno che forse è seduto anche in questa sala, qualcuno che magari ha partecipato alla nostra festa, magari con il desiderio più o meno recondito di rovinarcela.
Che cosa dicono? Dicono che siamo inaffidabili, dicono che siamo politicizzati, che ci spaccheremo.
E allora che cosa stiamo facendo?
Di certo non perdiamo tempo a ragionare sulle condizioni che gli altri ci potrebbero porre per il rientro o che noi potremmo porre agli altri.
Perché francamente ci sembra un’ipotesi di scuola ed un esercizio che poco produce.
Stiamo costruendo un percorso, ve lo dico ufficialmente, non lo dico nei corridoi, per arrivare ad un riavvicinamento con gli altri.
Ci saranno dei risultati e questi risultati, ve lo dice il Segretario Generale della Fabi, saranno visibili molto presto a tutti in totale trasparenza, come deve essere in una organizzazione come la nostra.
E per essere trasparente fino in fondo vi dico, cosa che penso non sia mai successa, vi dico che intendo proporre alla Segreteria Nazionale di portare al prossimo Comitato Direttivo Centrale la proposta di integrare l’attuale Segreteria con una persona , una persona capace, una persona collaudata ed esperta, una persona che ha fatto un bagno di umiltà anche lui, come tutti noi, che ha deciso di lavorare insieme a noi per portare avanti questo progetto che è già iniziato.
E poi, visto che siamo in tema di novità, non smentiamoci.
È possibile che tra non molto al Comitato Centrale il Segretario Generale proponga una nuova linea politica, niente di nuovo, tutto nei termini e nelle regole fissate dallo Statuto.
Questa linea politica verrà spiegata, ci si confronterà, ma non rimarrà chiusa, dentro le mura del Comitato Centrale, verrà portata all’esterno perché noi non abbiamo paura dei nostri progetti, non abbiamo paura delle nostre idee e vedrà il coinvolgimento non solo del C.D.C. ma anche del Consiglio Nazionale.
Quindi preparatevi perché presto, non so esattamente quando, ci sarà un Consiglio Nazionale dove parleremo di noi, dove tutta l’Organizzazione verrà coinvolta.
E poi, perché i cerchi che si aprono vanno sempre chiusi, per avere il coraggio di andare fino in fondo, perché un cambiamento non è tale se non è totale, non escluderei nemmeno la possibilità di un Congresso Straordinario.
Non deve farci paura, perché un Congresso Straordinario è l’unico e solo strumento che ci permette di coinvolgere democraticamente tutta l’organizzazione sulle scelte che andremo a fare.
E adesso chiudo veramente ritornando sul nostro slogan che non definirei geniale.
Noi non vogliamo, non possiamo, non ci sentiamo dei geni.
Noi non stiamo seduti sull’Olimpo autocompiacendoci della nostra cultura e della nostra intelligenza.
Noi ci rimbocchiamo le maniche, scendiamo tra la gente, ascoltiamo, lavoriamo con loro.
Questa è la nostra forza.
L’organizzazione, i quadri, i lavoratori (lo sa bene chi parla con loro, chi li ascolta) non ci chiedono tranquillità.
La tranquillità, come forma di vile immobilismo, non ce la chiedono nemmeno i pensionati: li avete sentiti, che esprimono nei loro interventi dinamismo, voglia di guardare avanti.
Se il nostro amico Carcano fosse qui, oggi concluderebbe il suo intervento con un “Evviva! Evviva la Fabi, andiamo avanti”.
Siamo sempre più forti, siamo sempre più dinamici.
Che cosa chiedono i lavoratori, che cosa ci chiedono?
Ci chiedono la ricerca di ciò che non è dubbio e quindi di ciò che non è ambiguo.
Quindi no ad un comodo e vile immobilismo.
Dobbiamo invece avere una giusta tensione emotiva per realizzare insieme ai lavoratori di questo settore, insieme ai nostri iscritti, ma non solo insieme a loro e per loro un futuro che sia veramente migliore.
Questo è il nostro ruolo, e questo è il ruolo che vogliamo giocare fino in fondo».

       
 
 
   
   
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