a cura dell' Esecutivo Nazionale FABIPensionati    
 
La celebrazione della Conferenza di Organizzazione ha visto la partecipazione propositiva del Coordinamento Pensionati, risultato di un percorso di studio e approfondimento delle tesi proposte e di un serrato confronto tra i suoi quadri.
Dai lavori è emerso, anche, come siano sfumati i rigidi confini della classificazione lavoratore e pensionato e di come si sia modificato il concetto d’identità; tra lavoratore e pensionato vi sono almeno tre elementi che li riportano alla stessa matrice:
• il sindacato
• la passione
• la “traditio” (la capacità di trasmettere valori e comportamenti)
Sono queste tre parole chiave che permettono alla Fabi la realizzazione, al proprio interno, di un’armoniosa integrazione, che è la risposta ad un bene primario e che contribuisce alla diffusione dei valori e dei principi attinenti al suo essere, al logos della sua esistenza come sindacato autonomo.
E’, anche, da questa unicità che la FABI trova la forza per affrontare le nuove sfide con spirito d’innovazione e col desiderio di scoprire nuovi orizzonti.
Oggi assistiamo all’imposizione di una globalizzazione, che distrugge le tradizioni culturali, annichilisce gli individui, considerandoli solo individui e non persone appartenenti ad una comunità, e impoverisce le economie locali con la conseguente perdita di posti di lavoro, dovuta sia alle ristrutturazioni, sia alla delocalizzazione delle Aziende.
Rotti gli equilibri, che sono non solo economici, ma anche sociali e ambientali, se ne pagano le conseguenze: disoccupazione per i lavoratori, difficoltà nelle politiche sociali per i pensionati.
E’ urgente, allora, riportare la dimensione umana all’interno di quella economica e il profitto ad una valenza positiva, come fonte di benessere giusto.
Se per i lavoratori il punto di partenza per un cambiamento sono le Aziende, che devono riconoscere la loro funzione non solo economica, ma soprattutto sociale, con particolare attenzione alla gestione delle risorse umane, per i pensionati vi è la necessità di una riforma delle protezioni sociali, per impedire nuove miserie.
E' evidente come le esigenze dei pensionati e dei lavoratori siano solo apparentemente diverse, mentre sono singolarmente coincidenti nella precarietà:
• precarietà per i pensionati è anche l’insufficienza tutela del potere d’acquisto della pensione, erosa da un’inflazione non ufficiale e dal mancato recupero del fiscal-drag;
• precarietà per i lavoratori è anche il lavoro atipico per milioni di giovani e non più giovani con redditi aleatori nel tempo, scarse tutele e nessuna certezza.
La collaborazione tra pensionati e lavoratori favorisce il raggiungimento del benessere comune, perché si regge su una salda base ideologica e valoriale comune e condivisa, respingendo la cultura dell’avere e dell’apparire.
Questa collaborazione pensionati - lavoratori, fondata su un’armoniosa integrazione interna, rafforza l’azione della FABI, tesa ad incidere sempre più realmente e positivamente sull’evoluzione sociale, culturale e politica del nostro Paese per il raggiungimento di un ideale di democrazia liberale, realizzazione ultima della libertà, dove il vero patrimonio è il benessere sociale collettivo.
Da qui nasce la necessità di costruire un laboratorio sulle politiche sociali e del lavoro, di individuare un gruppo di persone con esperienze in settori specifici, per dare risposte alle domande di concretezza poste dagli iscritti.
I pensionati si inseriscono proprio qui e alla domanda di concretezza indicano tre punti, da considerare come bussola di orientamento:
• la fiducia, la confidenza nella forza innovativa della famiglia, anche se qui ci scontriamo con la realtà del nostro Paese con il tasso di natalità più basso in Europa;
• la scuola, l’università, la formazione, cercando di favorire l’incontro fra docenti appassionati e giovani che hanno aspettative forti, perché questo dell’incontro, dentro il processo educativo, è uno degli elementi fondamentali, uno degli elementi più concreti;
• il rapporto fra società e politica, dove c’è bisogno di un ethos sempre più condiviso, che ricongiunga gli anelli della catena intergenerazionale, capace di spronare la politica, capace di far superare la stagnazione di parti contrapposte fra loro e che perseguono solo un interesse frazionale, capace di riportare alla sua importanza fondamentale e concreta la vita.
Inevitabile è la comunicazione, perché comunicando le persone si confrontano, dialogano, integrano le loro forze, possono apprendere che l’immagine che avevano dell’altro era distorta; con la comunicazione si crea cultura e unione e da qui scaturisce la forza per affrontare qualsiasi sfida ci riserverà il futuro; comunicare è sentirsi liberi, che significa poter esprimere la propria identità in un contesto che ne esalti le caratteristiche; comunicare ci fa scoprire il piacere di stare bene insieme, la somma di tanti piccoli piaceri, qualcosa di simile alla felicità desiderata da ogni uomo.
Comunicare, allora, è vivere, perché una comunicazione chiara e trasparente svolge una missione, crea un ponte tra sindacato e iscritti, è capace di consigliare, di incoraggiare, ma soprattutto di ascoltare.
Strumento fondamentale per il confronto tra le persone è il dialogo, una struttura che prevede un interlocutore, un altro da sé rispetto all’emittente, una persona che non svolga, però, il ruolo del ricettore passivo, del muto interprete, ma uno che percepisce attivamente il messaggio e lo sa elaborare.
Con questi presupposti i pensionati sono pronti ad offrire il loro contributo per la costruzione del nuovo Progetto della FABI, perché sia un progetto mobilizzatore, capace di attirare non solo gli scritti, pensionati e lavoratori, ma tutti quelli che credono in un’etica propensa al bene come guida dei comportamenti umani, un progetto capace di proporre soluzioni pratiche sui temi del lavoro, dell’economia, della sanità, della famiglia, sull’integrazione e sul rispetto tra tutti gli individui.
Pensionati e lavoratori andranno assieme tra la gente, per osservare e capire gli atteggiamenti e i comportamenti, gli stili di vita, per ascoltare le richieste di Leggi democratiche, di moralità e trasparenza, soprattutto da parte di chi gestisce la “res publica”, senza distinzione tra uomo pubblico e uomo privato.
Pensionati e lavoratori dovranno impegnarsi per coordinare il capitalismo con le esigenze incontestabili della solidarietà sociale e dar corpo alle richieste di vita pacifica per tutto il genere umano, che vuol dire solidarietà sociale responsabile, commercio equo, sviluppo duraturo e per tutti, in sintesi realizzare la giustizia sociale.
Si sente dire che il 19° secolo voleva essere il secolo della libertà: è stato invece quello della grande ingiustizia.
Il 20° secolo ha voluto essere quello dell’uguaglianza: è stato invece quello del totalitarismo.
Il 21° secolo potrà essere il secolo della fraternità, ma per esserlo dovranno essere bloccati coloro che vogliono usare la libertà contro l’uguaglianza, perché, se il comunismo è morto, il capitalismo resta un problema.
Bergson diceva: ”La libertà e l’uguaglianza sono delle sorelle nemiche, che possono riconciliarsi solo nella fraternità”.
I pensionati mettono a disposizione il loro bagaglio di esperienza accumulata nel tempo e si propongono come il continuum di un tutto, che può essere considerato tale solo in simbiosi con i lavoratori.