di Loris Brizio      
 
CIBO AMATO E ODIATO

Negli ultimi decenni, il nostro rapporto col cibo ha subito profondi cambiamenti; il grande “Amico”, in grado di soddisfare le nostre esigenze nutritive, si è trasformato in acerrimo “Nemico” capace di creare seri disturbi per la salute, sia quando lo utilizziamo in eccesso (problemi di soprappeso – obesità) sia quando lo controlliamo in modo ossessivo (disturbi del comportamento alimentare). In questo articolo ci occuperemo dei disturbi alimentari, malattie caratterizzate da persistenti condotte e/o comportamenti alimentari finalizzati al controllo del peso corporeo, in assenza di altra patologia medica o psichiatrica conosciuta, in grado di incidere sullo stato di salute sia fisica sia psicologica dell’individuo .
La comunità scientifica internazionale riconosce tre principali disturbi del comportamento alimentare: anoressia nervosa, bulimia nervosa e disturbi dell’alimentazione atipici.
I criteri diagnostici elaborati dal DSM IV (manuale di diagnostica e statistica degli psichiatri americani) sono elencati nella Tab 1.
Come si può notare dalla Tab 2 , sono malattie ad elevata diffusione nelle società occidentali ove alla cultura della magrezza e del corpo perfetto e scolpito, si contrappone l’abbondanza e la disponibilità di cibo.
Questa proposta culturale “dicotomica”(consuma molto cibo ma mantieni un fisico da fotomodella) trova terreno fertile in periodi di particolare fragilità emotiva (tipica del periodo adolescenziale) o di particolare impegno sociale-lavorativo (prima giovinezza).
Sono disturbi che colpiscono prevalentemente il sesso femminile (90% dei casi).
Nel loro insieme, i Disturbi Del Comportamento alimentare rappresentano un problema grave, diffuso soprattutto tra le adolescenti e le giovani donne.
Su 100 ragazze, in età a rischio (12-25 anni), 8-10 soffrono di qualche disturbo del comportamento alimentare (Anoressia Nervosa 0,3-0,5%; Bulimia Nervosa 1%; il restante disturbi del comportamento alimentare atipici).
La pubertà inizia mediamente a 10,5 anni nella femmina ed a 11,5 anni nel maschio e dura in genere 3-4 anni; questo periodo è caratterizzato da un brusco aumento della secrezione degli ormoni che determinano importanti cambiamenti fisici e psicologici, riassunti nella Tab.3.
A livello psicologico, diventa prioritaria l’esigenza di affermare la propria individualità; in questa fase si verificano importanti cambiamenti psicologici che si concretizzano nella capacità del pensiero riflessivo (l’adolescente inizia a formulare ipotesi, a ragionare su vari temi, a porsi in modo critico rispetto agli altri, a formulare idee personali. Si passa da una fase infantile (accettazione passiva) ad un periodo adolescenziale caratterizzato da un forte atteggiamento di contrapposizione e contestazione.
Ciò comporta a livello familiare profondi mutamenti nei rapporti interpersonali (le verità assolute delle figure genitoriali vengono messe in discussione e fortemente criticate). Emerge in modo chiaro la necessità di autonomia –indipendenza nei confronti dei genitori, che non va assolutamente ostacolata.
Ciò comporta inevitabilmente un periodo di estrema conflittualità indispensabile per poter affermare la propria identità, cui conseguirà la capacità di assumersi una matura responsabilità. Questo processo di “separazione – individuazione” (allontanamento dalle figure genitoriali e acquisizione di una nuova identità) crea non pochi disagi interiori nell’adolescente . È su questo sfondo di profonda sofferenza psicologica e fisica (sovrappeso fisiologico, localizzato per lo più sui glutei e le gambe) che spesso attecchisce il disturbo del comportamento alimentare.
È facile immaginare come una ragazza, in un periodo di particolare fragilità psicologica e in un quadro di insoddisfazione corporea verso un modello socio-culturale che propone come ideale la magrezza, possa scegliere il controllo del peso come mezzo per migliorarsi dal punto di vista estetico ed aumentare la propria autostima ed il proprio valore.
Adesso descriveremo le varie fasi evolutive della Anoressia Nervosa, non perché sia più importante, rispetto alla Bulimia Nervosa ed ai Disturbi alimentari atipici, ma per mancanza di spazio.
La dieta una volta iniziata, diviene in breve tempo ferrea e si automantiene grazie a una serie di rinforzi positivi (sostegno da parte di genitori, parenti e amici per poter raggiungere la meta tanto agognata); inoltre dieta e magrezza, per i soggetti affetti da Anoressia Nervosa assume connotati positivi.
La fase iniziale della malattia, generalmente definita come “luna di miele”, è contraddistinta da un senso generale di euforia, di autocontrollo e padronanza con un sensibile aumento dell’autostima.
Man mano che passa il tempo lo stato di euforia iniziale cede il passo a una vera e propria ossessione verso il cibo, il peso e le forme corporee; l’ossessione, non è una semplice preoccupazione, ma è un pensiero fisso presente 24 ore su 24, senza mai lasciarti (ti sveglia di mattina, ti accompagna tutto il giorno, ti impedisce di addormentarti la sera e ti sveglia nella notte) .Questi pensieri ossessivi invadono e occupano la mente, impediscono di pensare ad altro e di concentrarsi sul lavoro, sui progetti, sulla vita quotidiana; in altre parole la ragazza non è più in grado di “scegliere” cosa pensare e cosa fare; iniziano cosi i rituali stereotipati (contare le calorie, mangiare lentamente e tagliare il cibo in piccoli pezzi, nasconderlo, cucinare per gli altri, pesarsi diverse volte al giorno, prima e dopo aver mangiato anche piccole quantità di cibo, passare molto tempo a specchiarsi, a guardarsi e a toccarsi le parti del corpo che più non piacciono).
In questa fase compaiono le emozioni negative secondarie alla restrizione alimentare, alla perdita di peso e ai sintomi da digiuno (irritabilità, umore disforico, ansia, diminuzione e perdita del desiderio sessuale).
La depressione ricompare in modo marcato e c’è una chiara tendenza all’isolamento sociale, sia per la paura di perdere il controllo alimentare sia per progressiva perdita di interesse per tutto ciò che sta attorno.
Lo schema di auto-valutazione e auto-controllo (fig 1) poggia quasi esclusivamente su un unico dominio, basato sul controllo del peso, del cibo e delle forme corporee. Questo modo di valutarsi risulta estremamente vulnerabile, rispetto ad uno schema di valutazione basato su tanti aspetti della nostra vita (lavoro, scuola, famiglia, sport, amicizie etc.) (fig 2); sono sufficienti poche calorie in più nella dieta o qualche etto in più sulla bilancia o un minimo gonfiore a determinare la perdita di controllo e un profondo senso di scoramento e fallimento con notevoli ripercussioni sull’autostima.
(vedere fig. 1 e 2)
Nelle fasi finali della malattia può comparire ipereccitazione, irrequietezza, disturbi del sonno, incapacità a concentrarsi, scompare l’ossessione per il cibo, accompagnata da una profonda depressione e stanchezza marcata fino alla morte per inanizione.
Il modello terapeutico applicato dalla nostra equipe si basa sulla “teoria cognitivo-comportamentale”; secondo questa teoria, il nucleo centrale e specifico dei disturbi dell’alimentazione è caratterizzato da uno “schema di valutazione disfunzionale” basato in modo esclusivo o predominante sul controllo dell’alimentazione, del peso e delle forme corporee.
L’obiettivo principale della terapia cognitivo-comportamentale è quello di sviluppare una valutazione di sé meno dipendente dal peso, dalle forme corporee e dal controllo dell’alimentazione interrompendo i fattori di mantenimento cognitivi (pensieri, convinzioni) e comportamentali (dieta ferrea, basso peso,vomito, lassativi, diuretici) dei disturbi dell’alimentazione .
Per realizzare ciò è necessaria la presenza di un’equipe multidisciplinare composta da un medico, una dietista e da uno psicologo che condividano lo stesso modello teorico di trattamento.
L’approccio sviluppato dalla nostra equipe si può definire “transdiagnostico”, in quanto studiato e strutturato per essere applicato, con piccole modifiche, a tutti i disturbi del comportamento alimentare.
Per l’Anoressia Nervosa le modalità di trattamento variano da soggetto a soggetto in base alla gravità del quadro clinico-psichiatrico.
Il trattamento ambulatoriale è indicato nei seguenti casi:
• perdita di peso non severa
• malattia insorta da poco
• complicanze mediche non gravi
• buona motivazione al cambiamento
• ambiente familiare favorevole.
La terapia ambulatoriale intensiva è una valida alternativa al ricovero ed è indicata per i pazienti che non hanno risposto al trattamento ambulatoriale standard e che necessitano di avere un’assistenza durante i pasti.
I vantaggi, rispetto al ricovero sono numerosi:
• possibilità di mantenere i contatti con i familiari e gli amici
• possibilità di poter frequentare la scuola e di lavorare per metà giornata
• favorisce l’autonomia e la responsabilizzazione del paziente
Il ricovero ospedaliero diventa indispensabile nei seguenti casi:
• grave ed inarrestabile perdita di peso (BMI < 16 da molti mesi oppure perdita di 1,5-2,5 kg la settimana da un mese)
• instabilità psichiatrica (disturbo borderline di personalità, abuso di sostanze etc.)
• elevata frequenza di abbuffate e vomito
• ipopotassiemia
• necessità di separare la ragazza dalla famiglia
La terapia della famiglia è indicata nei pazienti minorenni, in aggiunta alla terapia standard ed è finalizzata a:
• aiutare la figlia nella pianificazione dei pasti e nella alimentazione meccanica
• ridurre l’emotività espressa, migliorare la comunicazione familiare.

   
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TABELLE
  Tabella n° 1

Figura n° 1
Tabella n° 2

Figura n° 2
Tabella n° 3

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LA LETTERA DI UNA LETTRICE MILANESE USCITA DAL TUNNEL DELL’ANORESSIA
  Solo ora so la differenza che c’è tra respirare e vivere, perché se non si può vivere senza respirare, farlo senza vivere ti può soffocare. (...)