Art. 65 - Trattamento di fine rapporto 1. La retribuzione annua di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto è costituita dai seguenti emolumenti. 2. Per le aree professionali dalla 1ª alla 3ª e per i quadri direttivi di 1° e 2° livello:
e, ove spettino, da
3. Per i quadri direttivi di 3° e 4° livello:
4. Da tale computo restano esclusi soltanto gli emolumenti di carattere eccezionale, quanto corrisposto a titolo di effettivo rimborso, anche parziale, di spese sostenute ed i trattamenti corrisposti ai sensi degli artt. 52 e 72 del presente contratto o, comunque, corrisposti con finalità similari al quadro direttivo di 3° e 4° livello retributivo trasferito o in missione. 5. Nei confronti del personale già destinatario del contratto collettivo ACRI del 19 dicembre 1994 appartenente alle aree professionali ed al 1° e 2° livello retributivo dei quadri direttivi in servizio alla data del 1° novembre 1999, continua ad applicarsi, in luogo del presente articolo, l’art. 45 del predetto ccnl.
NOTE L’articolo
rappresenta, almeno sul piano formale, l’esatta fotografia della
situazione precedente, tenuto conto, ovviamente, delle modifiche
introdotte con la riforma della retribuzione. Il 2° comma, applicabile
alle aree professionali e ai quadri di 1° e 2° livello del comparto ex
ASSICREDITO, richiama analiticamente gli emolumenti che entrano nel
computo del TFR; il 3° e il 4° comma si applicano ai quadri direttivi di
3° e 4° livello sia ASSICREDITO che ACRI, che già erano parificati da
normative sostanzialmente simili; l’ultimo comma si rivolge al personale
ACRI appartenente alle aree professionali e ai quadri di 1° e 2°
livello. Pare
dunque che con l’articolo si siano mantenute le diversità esistenti fra
queste tre platee di lavoratori come se si trattasse di differenze che
comportino diverse modalità di calcolo del TFR, mentre siamo di fronte
solo a formulazioni che conducono tutte allo stesso risultato pratico.
Vediamo perché, cominciando dalla normativa ACRI applicabile alle aree e
ai QD1 e QD2 fatta salva dall’ultimo comma, con il palese intento di
mantenere in vita una disciplina apparentemente più favorevole al
lavoratore rispetto alle altre. L’art.
45 del CCNL 19 novembre 1994 ivi richiamato dà innanzi tutto la
definizione di retribuzione comprendendovi anche, alla lettera f),
“ogni…indennità di carattere continuativo e di ammontare determinato
che non abbia natura di rimborso spese”, dizione nella sostanza identica
a quella utilizzata dall’art. 2120, cosi come modificato dalla legge 29
maggio 1982, n. 297, che per definire la retribuzione utile ai fini del
calcolo del TFR parla di “tutte le somme.….corrisposte a titolo non
occasionale e con esclusione di quanto è corrisposto a titolo di rimborso
spese”. Vengono fatte salve le diverse previsioni contenute nei
contratti collettivi, possibilità che parrebbe sfruttata dal 3° comma
dell’art. 45 del contratto ACRI che precisa che il concorso spese
tranviarie e le indennità di rischio entrano nel computo. E’,
quest’ultima, un’estensione superflua, evidenziata per compensare
l’esclusione di queste due voci dalla definizione di retribuzione di cui
alla precedente lettera f). In realtà, la scelta esercitata dal settore
ACRI aderisce perfettamente alla disciplina di legge, che, applicata,
automaticamente ricomprende il concorso spese tranviarie e le indennità
di rischio in quanto emolumenti non occasionali e che non hanno carattere
di rimborso spese, così come sono ricomprese tutte le eventuali voci
aziendali che non abbiano il carattere dell’occasionalità. La
disciplina ASSICREDITO, sempre riferita alle medesime categorie, è
all’apparenza più restrittiva e quindi meno favorevole per il
lavoratore, dal momento che l’elenco delle voci ritenute utili è da
considerarsi tassativo. Ma a ben vedere, se si confronta l’elenco di
voci contenuto nel 2° comma con quello degli emolumenti che discendono da
norme nazionali ci si accorge che rimangono escluse le diarie, e più in
generale i trattamenti di missione o di trasferimento, lo straordinario,
l’indennità di turno notturno, l’indennità per il lavoro al sabato
(33.800), le indennità di vigilanza e di pernottamento per le prime due
aree professionali, le indennità di preavviso, in altre parole tutte
quelle voci che non hanno carattere continuativo, bensì in un qualche
modo dipendenti da fattori occasionali e non predeterminabili, e come tali
già esclusi dalla legge. Rimangono le eventuali voci aziendali, che la
formulazione usata in ACRI senz’altro ricomprende mentre quella
ASSICREDITO pare non richiamare. Cosa che non è. Non bisogna dimenticare
che la disciplina contrattuale va sempre armonizzata con quella di legge.
Questa, nel già citato art. 2120 c.c., stabilisce il criterio generale
cui commisurare la retribuzione differita rappresentata dal TFR, facendo
salve le eventuali previsioni dei contratti collettivi, nei quali vanno
considerati ovviamente anche gli accordi aziendali. Ora, è senza dubbio
vero che la deroga operabile dalla contrattazione collettiva può essere
sia in meglio che in peggio, ma è anche vero che tale deroga deve essere esplicita,
per cui in assenza di una previsione in tal senso si deve necessariamente
applicare il criterio generale della “non occasionalità” che il 2120
enuncia. Si pensi, a titolo di esempio, al premio aziendale: il 7° comma
dell’art. 40, che ripete quanto già previsto dalla vecchia normativa,
lascia alla contrattazione aziendale la scelta della sua computabilità o
meno nel TFR. Discorso
ancora diverso per le voci ad personam in senso stretto, cioè derivanti
dalla contrattazione intuitu personae, che non possono essere mai
escluse dal computo del TFR se presentano il carattere della continuità e
della non occasionalità: l’unica deroga ammessa dalla legge è quella
che deriva, lo ripetiamo, dalla contrattazione collettiva. [ INDICE ]
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